La chimica dell'ansia di Renato Rizzo

La chimica dell'ansia Torino, convegno internazionale di psicofarmacologia La chimica dell'ansia sa, \ Il prof. Costa: «Questa malattìa nasce da uno squilibrio biochimico che, in futuro, potrà essere controllato» Le pillole non sono un toccasana contro gli stress ma riflettono la scarsa educazione sanitaria di certi medici TORINO — L'ansia, nei suoi aspetti più terribili e devastanti, è frutto d'uno squilibrio di sostanze chimiche presenti nel nostro cervello: un rischio congenito, una malattia che nasce da una predisposizione fisica. Il prof. Erminio Costa, scienziato italiano che dal '56 lavora negli Stati Uniti e che, attualmente, è direttore del • Fidia-Georgetown Institute for the Neuroscienze» di Washington, illustrerà questa tesi, frutto di oltre 10 anni di studi, all'Incontro internazionale di psicofarmacologia in programma nella sala congressi del Museo dell'Automobile. «Duecento anni fa si mettevano in prigione gli schizofrenici, oggi questi inalati sono ricoverati in casa di cura; oggi si mettono in galera o. addirittura, si uccidono certi delinquenti, domani anche alcuni di questi uomini potranno probabilmente essere curati se apparirà chiaro die hanno agito spinti da una malattia<.. La scoperta del prof. Costa si appoggia a questa base: l'ansia ha una concreta base chimica oggi misurabile e. domani, sicuramente controllabile. «Pensi ad un lavandino — dice tentando di volgarizzare al massimo i concetti scientifici — in cui un rubinetto immetta acqua e uno scarico la tolga, ma in cui il livello del liquido sia sempre costante. L'immagine potrebbe riflettere quella d'un normale equilibrio psichico. E, adesso, immagini che in questo lavandino lo scarico non funsioni a dovere: l'equilibrio salta. Esattamente come accade in una mente colpita dall'ansia. Noi, oggi, siamo in grado di appurare i motivi che determina¬ no questo squilibrio'. Alla radice della scoperta c'è una sostanza endogena, il Diazepam Binding Inhibitor (Dbi), che comprende un centinaio di aminoacidi e per cui il prof. Costa, coadiuvato da un altro ricercatore d'ori gine italiana, il prof.- Ales sandro Ouidotti. ha ottenuto un anticorpo: «Grazie al quale si prospetta d'avere un misuratore biochimico del¬ l'ansia: non più racconti soggettivi del paziente, ma un punto di partenza obiettivo». Il ricercatore prosegue: Una dimostrazione, seppur limitata a pochi casi, gii è stata raggiunta: abbiamo iniettato questo anticorpo ad alcuni detenuti e s'è riscontrata una diminuzione dell'aggressività». Si è ancora ai primi, anche se importantissimi passi: la terapia per curare certe depressioni ristabilendo l'equilibrio chimico nel nostro cervello non è ancora stata approntata. «E questo avverrà, probabilmente, quando, finalmente, si smetterà di indagare solo sulle malattie cerebrali e si approfondirà, invece, lo studio del cervello in sè: di questo chilo e mezzo di materia che ci ha fatto scoprire l'atomo, comporre sinfonie straordinarie, realizzare immense opere d'arte, ma che, sinora, non ci ha fatto mai conoscere sino in fondo se stesso... L'ansia non è, perù, soltanto malattia che s'accompagna a paure annullanti o a follie esplodenti. E' la de pressione e l'angoscia che si diffondono, sottili, in sempre più larghi settori della popolazione e portano ad un esagerato consumo di psicofarmaci ansiolitici. Ancora il prof. Costa: «Siamo davanti al fallimento terapeutico di queste medicine che, specie se assunte troppo e male, creano problemi di tolleranza e di dipendenza. Ma questo è un nodo che lega almeno due carenze: la scarsa educazione sanitaria di certi medici e la poca intransigenza di certi farmacisti». Oggi le «pillole» sono considerate toccasana per superare indenni ogni piccolo stress. Al punto che è. ormai, consuetudine etichettare questo secolo come «quello dell'ansia». Il prof. Costa non condivide il giudizio: «Ogni epoca ha la sua "specialità" sotto il profilo dell'ansietà. Fermiamoci un momento a pensare a quali dovevano essere i problemi di questo tipo in tempi in cui la vita media, ad esempio, era la metà di quella odierna e si campava sotto l'incubo di epidemie o ci si dibatteva in povertà senza possibilità di riscatto». Ma certa ansietà, se incanalata, non ha solo risvolti negativi; per il prof. Erminio Costa è stata, anzi, «motore di progresso e di civiltà». Potrebbe, forse, citare l'ansia di conoscenza che ha portato l'Ulisse dantesco oltre le colonne d'Ercole o quella che ha spinto gli astronauti sulla luna, ma lo scienziato si limi ta a qualche esempio quoti diano e sorridente: «L'ansia dovuta al timore d'una brutta pagella ha quasi sempre indotto a studiare di più quella per un rimprovero del capoufficio, sovente ci ha spronati a lavorare meglio». Questi paragoni, professore, hanno qualcosa a che vedere con la sua scelta di trasferirsi negli Stati Uniti? L'Università italiana non le consentiva di sedare la sua •ansia di ricerca»'? «Mi sono laureato a Padova nel 1947 e, pochi anni dopo, ero aiuto all'Università di Cagliari. Avevo 28 anni e mi.sano.detto che, se volevo migliorare professionalmente, la scelta obbligata era andare negli Usa. Sono partito nel 1956 e, da allora, non sono più tornato se non per congressi. Ma i contatti con il mondo della ricerca italiano non li ho mai interrotti: almeno 48 scienziati che operano nei maggiori centri di questo Paese sono stati miei allievi durante stages di 3-5 anni in America». Renato Rizzo Torino. Krminio Costa, direttore del «Fidia-Georgetown Institute for the Neuroscicnce» di Washington (Poto La Stampa)

Persone citate: Erminio Costa

Luoghi citati: Padova, Stati Uniti, Torino, Usa, Washington