Shultz-Shevardnadze di fronte di Ennio Caretto

Shultz-Shevardnadze di fronte In un clima di tensione oggi rincontro per il vertice Shultz-Shevardnadze di fronte Il segretario di Stato: «Se Mosca non sarà flessibile sul caso DanilotT me ne andrò subito» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON — Alle 10 di stamane, le 16 ore italiane, incomincia l'incontro tra il segretario di Stato americano Shultz e il ministro degli Esteri sovietico Shevardnadze, rinviato lo scorso aprile in seguito al bombardamento di Tripoli e Bengasi. Arrivando ieri a mezzogiorno a Washington dall'Onu a New York. Shevardnadze ha fugato i timori che i colloqui saltassero a causa dell'espulsione dei 25 diplomatici della missione dell'Urss al Palazzo di Vetro, decretata dal presidente Reagan, e del braccio di ferro sul giornalista Usa Daniloff arrestato a Mosca. Il ministro degli Esteri sovietico, anzi, ha dichiarato che dalle sue discussioni con Shultz potrebbe scaturire la data del vertice: -Tutto dipende dagli Stati Uniti — ha detto — noi siamo pronti. La faccenda è definita al 50 per cento-. Non è sicuro tuttavia che l'incontro, in programma anche domani, sarà coronato da successo. Attraverso uno stretto collaboratore, infatti, Shultz ha fatto sapere che metterà subito sul tavolo il caso Daniloff, «e se Shevardnadze non si mostrerà flessibile, troncherò i colloqui dopo cinque minuti-. Al segretario di Stato, che significativamente non si è recato ad attendere il collega all'aeroporto, ha fatto eco Reagan, ieri in viaggio nell'Alabama per due comizi elettorali, dicendosi pronto a un confronto col Cremlino. Neppure il ministro degli Esteri sovietico è riuscito a nascondere la tensione esistente con le sue abili dichiarazioni distensive. Dopo aver proclamato due volte di -credere in una soluzione del caso Daniloff-, Shevardnadze si è irrigidito sull'espulsione dei 25 diplomatici russi alle Nazioni Unite: «£' un'iniziativa illegale-, ha affermato, -Potrei dire di peggio, può darsi che lo faccia dopo le nostre discussioni-. Il dato più inquietante emerso dalla accesa vigilia è che, oggi e domani, quello tra le superpotenze potrebbe risultare un dialogo tra sordi. Gli Stati Uniti condizionano tutto al caso Daniloff, che l'Urss Invece minimizza; l'Urss al caso dei 25 diplomatici, che gli Stati Uniti considerano invece chiuso. Reagan, per di più, è spronato alla intransigenza dalla maggioranza dei parlamentari che nell'antisovietismo vedono uno strumento utile per ottenere voti alle elezioni di novembre. Shevardnadze, che si è presentato ai giornalisti con lo stile Gorbaciov, fatto di eleganza e simpatia, ha denunciato il pericolo di un fallimento. -Nei momenti di crisi — ha sottolineato — i leader politici devono dimostrarsi saggi e lungimiranti... Se nei prossimi due giorni non riuscissimo a compiere progressi, per molti anni i nostri due Paesi rimarrebbero in insanabile contrasto-. Tra i fattori negativi, il principale è l'espulsione dei 25 sovietici. Lo stesso segretario dell'Onu De Cuéllar, sempre molto prudente, ha preso posizione contro il Presidente. Il decreto, ha detto De Cuéllar tramite un portavoce, viola l'accordo del '47 tra gli Stati Uniti e l'Orni : •L'espulsione è un provvedimento selettivo, applicabile solo per motivi precisi — ad esempio lo spionaggio — contro una o più persone-, e non in massa ai membri di una rappresentanza per questioni opinabili come il loro numero. Il segretario dell'Onu ha offerto la propria mediazione a Mosca e Washington «per aiutarle a uscire dall'impasse in forma privata-. L'intervento di De Cuéllar poggia anche su una realtà di fatto: che la missione sovietica ha già ridotto il personale di 25 unità, come richiesto da Reagan lo scorso marzo. Non si tratta tuttavia dei 25 che gli Stati Uniti sospettano siano agenti del Kgb e che vogliono allontare a tutti i costi. Ieri è comunque apparso chiaro che, in vista di quello che tutti sperano sia un incontro chiarificatore tra Shultz e Shevardnadze, il Cremlino ha compiuto uno sforzo per evitare una rottura. Anche la conferenza stampa dell'ambasciatore sovietico all'Onu Belegonov è stata un modello di moderazione, pur nell'aspra denuncia dell'operato reaganiano. Belegonov infatti non ha prospettato nessuna ritorsione, e ha auspicato che «la situazione possa essere raddrizzata-. La verifica di un'analoga disponibilità da parte degli Stati Uniti si avrà subito. Se le discussioni si svolgono secondo il programma, e Reagan riceverà Shevardnadze alla Casa Bianca o a Camp David, vorrà dire che procedono in maniera costruttiva. In caso contrario, anche senza rotture clamorose, l'incontro rimarrebbe interlocutorio, come quelli a diversi livelli che lo hanno preceduto. Ennio Caretto