Napoli, i giudici si difendono di Giuseppe Zaccaria

Napoli, i giudici si difendono Napoli, i giudici si difendono NAPOLI — L'ufficio di Francesco Cedrangole il magistrato più discusso degli ultimi tre anni, adesso è vuoto. Il procuratore capo non c'è, non c'è il segretario, non c'è neppure una scrivania: solo operai, incastellature, polvere di gesso. La procura di Napoli comincia a ristrutturarsi: nel clima plumbeo della sconfitta quelle grandi stanze vuote si tramutano quasi in simbolo di una storia conclusa. Si volta pagina, i gruppi si assottigliano, antiche solidarietà cominciano a stemperarsi: in nome di una sentenza che -ha fatto giustizia-, adesso il Palazzo chiede le dimissioni dei persecutori. Nell'ufficio di Lucio Di Pietro un gruppo di sostituti è riunito da ore. Si affaccia Diego Marmo, pubblico ministero al primo processo Tortora, autore del memorabile: -Zitto lei, che è stato eletto coi voti della camorra!.. Si dimetterà? -Avevo chiesto già da un po' il trasferimento, adesso spero che mi accontentino. Vorrei lasciare Napoli...., risponde in fretta, prima di infilarsi in un altro ufficio. E lei, dottor Di Pietro, cosa farà? Prima dell'estate, sostenendo Cedrangole una ventina di sostituti aveva minacciato di andarsene... •£' vero, ma allora l'attacco veniva dall'Antimafia, e secondo noi era strumentale. Adesso sarebbe folle polemizzare sulla decisione di alcuni colleghi. Se qualcuno chiede di andarsene è solo perché il lavoro, in procura, è duro, difficile: soprattutto a Napoli.. Il dopoCedrangolo, è chiaro, si aprirà con un esodo, nella misura almeno in cui sarà possibile accogliere le richieste di trasferimento. Ma non c'è proprio nessu. 'Ho",'òggi"à'Napoll. disposto'# difendere' %'1 lavoro di tre anni? A spiegare, senza arroccarsi sulle questioni di principio, su constatazioni di ordine generale, com'è stato possibile condannare a 10 anni un imputato poi assolto con formula piena, dispensare qualche secolo di reclusione a una folla di presunti — o probabili — camorristi che adesso, uno ad uno, lasciano Poggioreale attesi da folle vocianti di donne, cognati, bambini? Di Pietro, per ovvi motivi, non lo vuol fare. Non lo fa Cedrangolo, che si appresta a trascorrere in Cassazione i due mesi che mancano alla pensione. Il presidente Sansone, che guidò il processo di primo grado, si è rifugiato, irraggiungibile, a Palinuro. Felice Di Persia ormai fa parte del Csm: qualsiasi dichiarazione sarebbe impolitica. Olivares, p.g. sconfitto, si limita polemicamente a dichiarare: -Ha vinto la camorra-. Sorprendentemente, non ha invece difficoltà a difendere l'istruttoria e il primo processo l'uomo che viene ritenuto inventore dell'immagine che ad Enzo Tortora è rimasta attaccata per più di un anno. «Cinico mercante di morte-, scrisse nella motivazione della sentenza di condanna il dottor Gherardo Fiore, giudice a latere. -Pur di distruggermi, di annientarmi — ha detto Tortora, alla vigilia di quest'assoluzione , attaccarono anche dei miei congiunti...: Oggi, forse, quelle definizioni il dottor Fiore non le userebbe più: -E' passato un anno — dice —, molte cose sono cambiate... ma non mi pare che il vero problema consista in quelle frasi. Erano argomenti incidentali, dedicati non alle prove quanto al modo in cui Tortora si era difeso. Ad un certo atteggiamento... ecco, direi pure a una certa boria manifestata dal personaggio, a un modo di porsi dinanzi al giudice con l'aria di chi dice: "Come vi permettete? Non sapete chi sono?'.. L'impressione sarà stata questa: ma se non di boria si fosse trattato, quanto della sicurezza di chi si sente innocente? • Adesso rispondere è facile. ■ Provate a riportarvi al clima "di allora: al clima giuridico; intènda dire.!. In quel momento ai "pentiti" si attribuiva un ruolo decisivo, e non solo nei processi celebrati a Napoli. In quella chiave, con quella giurisprudenza, i criteri di quel momento, abbiamo valutato gli indizi come la coscienza ci imponeva. Quel che abbiamo fatto era quel che pensavamo. I metri di giudizio sono cambiati dopo-. Parla della famosa sentenza della Cassazione sul caso Chinnici? «Si, anche di quella. Ormai sembra che nel processo penale le chiamate in correità valgano nulla. Per dar loro valore si pretende siano sorrette da una prova: ma allora, scusate, se la prova esiste già, quale sarebbe il bisogno di basarsi sulle dichiarazioni di un pentito?.. A spiegare due sentenze cosi contrastanti, questo curioso assioma forse è già sufficiente. Il dottor Fiore resta comunque della sua opinione: • Un'istruttoria troppo sommaria? Niente affatto: solo un'indagine misurata ai criteri del momento. Una persecuzione? Adesso si può affermare di tutto. Mi creda, fra le due sentenze è cambiata solo una cosa: l'orientamento della Cassazione. E mi rendo conto che la gente comune continui a chiedersi com'è possibile che una persona condannata a dieci anni poi venga ritenuta innocente, ma non posso farci nulla E, invece, a mutare non sono stati solo gli orientamenti della Cassazione. Antonio Rocco, presidente della corte d'appello che ha dispensato questa clamorosa serie di assoluzioni, ieri l'ha spiegato: -E' stato un processo lungo, faticoso, abbiamo valutato le posizioni una ad una. Ma non ci siamo basati solo sulla sentenza Chinnici: nel frattempo, ce n'erano state anche molte altre. Nessuno adesso afferma che al "pentito" non si debba credere per principio: bisogna valutare, verificare... Ed a un "pentito" come Melluso non abbiamo creduto. Mentre, rispetto a Pandico, decisive sono state alcune valutazioni rispetto al suo vero ruolo nella "camorra organizzata", ai suoi periodi di permanenza in questo o quel carcere. Non si può parlare, dunque, di un'istruttoria superficiale: tutti, in questa vicenda, hanno agito in perfetta buona fede.. Carmine Riccio, giudice a latere, lancia ai colleghi che la sua sentenza ha sconfessato un'altra ciambella di salvataggio, e assieme offre un'interessante chiave di interpretazione: -L'equivoco — dice — probabilmente è nato da quella famosa agenda di Puca: c'era scritto Enzo Tortona, qualcuno lesse Enzo Tortora..... E' la tesi che in una lunga, appassionata arringa Raffaele Della Valle, uno degli avvocati dello showman, aveva prospettato ai giudici d'appello. A Roma salta un'auto, muore il braccio destro di Cutolo, Vincenzo Casillo. con in tasca una tessera del Sismi. Pochi giorni dopo, a Lecce, viene ritrovata un'agenda con quel nome. Parte una segnalazione che ai giudici napoletani giunge distorta, nessuno controlla se i numeri di telefono siano davvero quelli del presentatore. Quando si apre la stagione del «pentitismo» quel nome, in qualche modo, è già nelle menti dei giudici. Non c'è malafede, ma a testimoni pronti ad accusare chiunque, basta forse chiedere della presenza nella .Nco. di un personaggio di spettacolo per ottenere non semplici indicazioni, ma intere enciclopedie. Il resto arriva a valanga: criminali, mitomani, venduti. Una corsa ad accusare il personaggio noto, per acquisire vantaggi, sperare in qualche premio, conquistare intanto spazi di vita... In motivazione, forse, l'istruttoria sarà spiegata cosi. Tutti in buona fede, questo è certo: ma basta questo a tranquillizzare? Giuseppe Zaccaria

Luoghi citati: Lecce, Napoli, Roma