ll restauro alla riscossa

li restauro cilici riscossa Roma, l'istituto è in rovina, due ordini di sgombero, ma la scuola non si ferma li restauro cilici riscossa Allievi e tecnici sono tornati al lavoro (anche nei due palazzi pericolanti) dopo la manifestazione della settimana scorsa - «Ogni ora è preziosa per salvare il patrimonio artistico del Paese» ROMA — Sono tornati al lavoro: tutti a scuola di restauro, al San Michele, sul lungotevere, a San Pietro in Vincoli, nel palazzo dei Borgia, e nel convento del frati minimi di Francesco di Paola. Si riprende: bisturi e solventi, analisi al dlffrattometro e allo spettrografo ad emissione. Sul cavalletto, pezzi uniol: c'è un Tiziano e, più avanti, un Lorenzo Lotto. Sono in sei attorno all'annunciazione del duomo di Treviso, In quattro dinnanzi alla Santa Lucia di Jesi, L'Istituto centrale di restauro, vanto e prestigio della cultura artistica italiana, cade a pezzi. C'è l'ordine di evacuare dall'antico palazzo dei Borgia e dal convento dei Frati, ma la scuola va avanti. La settimana passata, allievi tecnici, storici dell'arte ed architetti sono scesi in piazza. Un'assemblea pubblica ed animata per gli edifici in pericolo. Adesso si riprende e Michele Cordare direttore del servizio beni storici e artistici dell'Istituto, dichiara in fretta: «Non c'è un momento da perdere: ogni ora è preziosa.* Il patrimonio artistico del Paese è In rovina. I marmi sfarinano In gesso, olii e affreschi prestigiosi sono attaccati dai sali. Dice Cordaro: •Interveniamo dove ci è possibile: ma, nel Bel Paese di Giotto e Cimabue, non esiste ancora una politica di programmazione. Tutto è lasciato al caso, le scelte sono delle singole soprintendenze, il ministro dei Beni culturali non indica nei restauri alcun criterio di priorità*. Non si conosce il patrimonio, non c'è ancora una schedatura centralizzata. Cordaro. oggi è in contatto con Verona. Parte, a San Zeno, un cantiere sulla pietra. Si corre ai ripari sul pròtiro con le sculture in facciata. Un'operazione delicata e difficile su uno dei primi esempi del romanico italiano. Otto allievi del perfezionamento, due restauratori pronti a raggiungere Verona per operare su pietre del dodicesimo secolo: marmo bianco e pietra rossa di Verona. Un lavoro affascinante e complesso. Cento giornate, per arrestare 1 procedimenti di decoesione sulle strutture della pietra e la tendenza al distacco delle superfici dipinte. «Adesso — dice Cordaro — la policromia è visibile in parte: si spera di recuperarne quantità maggiori sotto le incrostazioni nere e i residui dei vecchi restauri. Si corre ai ripari, si scelgono le tecniche d'intervento: resine acriliche o siliconiche. Sostanze inorganiche come i silicati. «Getti d'aria con ossidi d'alluminio in polvere microscopica. Un getto limitato — dice Cordaro — regolabile nell'intensità: sempre pronti a fermarci nel momento in cui si riconosce la superficie originaria: troppo spesso, in Italia, si è affidato l'incarico di pulire i paramenti lapidei di un edificio ai muratori di un'impresa di costruzioni*. Quello della pietra e delle sua conservazione è 11 tema che oggi più Impegna l'Istituto centrale del Restauro, nato nel '39, per volontà di Cesare Brandi. Sono stati raggiuntigli questi anni, risultati strabilianti sui dipinti. Restauratori di gran nome sono usciti dal palazzo di San Francesco di Paola. Sono stati gli allievi dell'Istituto a restaurare Oiotto e Cimabue ad Assisi. Sono i Mora che oggi riprendono ad intervenire a Mantova, nella camera degli sposi, del Man te gn a, e sempre gli allievi hanno ope¬ rato a Roma, sulla facciata di San Lorenzo fuori le mura, Un istituto unico al mondo, rigorosissimo nel selezionare i 18 studenti che ogni anno vi sono ammessi. Tre anni di corso, un quarto di specializzazione. Ed è proprio il problema delle pietre che ha indotto, da sei anni a questa parte, a puntare 1 dodici mesi di specializzazione sui materiali lapidei. Grandi sono le difficoltà per le arenarie, per i tufi di Lecce, per il rosso di Verona. Molte le tecniche per i materiali «siverslssimU del patrimonio italiano. «Si conserva bene — dice Cordaro — la pietra d'Istria: per il resto, tutto è sempre complesso.* Sale nel Paese la febbre del restauro. L'allarme per le sostanze aggressive, che con l'acido, solforico dello smog dello, la replica fiorentina, presso l'Opificio delle pietre dure, nel '76, e, in anni più recenti, a Madrid e a Parigi, ancora sulle indicazioni della scuola romana creata da Cesare Brandi. Nel laboratorio del convento dei frati minimi, ecco Giuseppina Fazio. Restauratrice, imposta il corso di perfezionamento per gli allievi già diplomati. Il fregio di coronamento del palazzo pubblico di Todi è ultimato. L'aquila con il drappo tra gli artigli è pronta a ritornare al suo posto. «Si sono fatte scoperte interessanti — spiega la Fazio — ma. adesso, torniamo tutti alla pietra: è qui che il fabbisogno è più urgente e troppo pochi ancora sono i restauratori esperti.* Si ferma, al piano superiore, il tavolo ottico per il laser. Il dissesto dell'Istituto è a livello di guardia, ma con l'ordine di sgombero già agli atti, tutti continuano il proprio lavoro. Dice la Fazio: «£', questo, un lavoro troppo affascinante: le punte di volontarismo suppliscono le carenze centrali. Si va avanti lo stesFrancesco Santini combinano in solfato di calcio il marmo per ridurlo in •comunissimo gesso solubile», moltiplica, con gli appelli alla salvezza, le scuole di restauro. 'Negli ultimi dieci anni — dice Cordaro — si è assistito ad un fenomeno di moltiplicazione». Regioni, Comuni, Province, tutti lanciati negli istituti. E' nata una scuola a Spoleto e la dirige, «con ottimi risultati*, il professor Toscano. Altra istituzione di nome, la scuola di Passarlano. ad Udine. A Brescia, la scuola di Botticino, mentre a Roma si fa strada l'istituto di formazione di Colalucci, il restauratore uscito dall'Istituto impegnato, in questi anni, con Michelangelo nella Sistina. Ogni primato, rimane al «disastratissimo» Istituto centrale di Roma. Al suo mo¬