Come un feuilleton la grande truffa di Mosca di Emanuele Novazio

Come un feuilleton la grande truffa di Mosca A puntate sui giornali sovietici lo «scandalo del Gastronom»: un indizio che la lotta nel pcus della capitale non è finita Come un feuilleton la grande truffa di Mosca DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA — Sembra una storia come tante; una delle solite ricostruzioni — fornite a fatti compiuti e a condanne decise — di una vicenda contorta e un po' banale, una truffa ai danni dello Stato. Invece, la rievocazione dello scandalo Sokolov (quello che sfiorò la famiglia Breznev e turbò i sonni di altri potenti, e si concluse con la fucilazione del suo principale imputato, due anni fa), la descrizione delle sue tortuose ramificazioni e delle sue ripercussioni su alti funzionari della città di Mosca sembra andare al di là della cronaca nera (sia pure in versione sovietica, di racconto moralizzatore). Troppa enfasi, troppa dovizia, troppo rilievo: una puntata al giorno, e su più giornali insieme. Troppa suspense: il feuiletton continua, come anche ieri e stato annunciato. E troppe allusioni. Tanta insistenza, piuttosto. pare voler suggerire dell'altro, lanciere un segnale: la lotta per il potere, nel partito della capitale, non si è conclusa con la cacciata del primo segretario Viktor Grishin (brezneviano di ferro, escluso anche dal Politbjuro, lo scorso febbraio) e con quella del sindaco Vladimir Promislov, suo grande protetto. Entrambi legati ai personaggi di questo romanzo a puntate. Anche dopo la nomina di Boris Yeltsin a capo del partito di Mosca, e quella del nuovo sindaco Saikin, lo scontro prosegue, non tutte le resistenze si sono smorzate. Come si poteva immaginare, del resto: in un territorio grande e popolato come la Svizzera, la scoperta di un grosso bubbone non poteva portare, in tempi così brevi, a un nuovo, definitivo equili¬ brio. Come in ogni romanzo a puntate ben congegnato, si è cominciato dal basso. Facendo intendere presto, però, che era soltanto un inìzio; che altri protagonisti — nomi più ghiotti — sarebbero stati offerti ai lettori; che altre vicende gustose sarebbero venute di seguito. Così è stato. La scena, intanto; lo sfondo sul quale si muovono i personaggi. Il riferimento costante di questa vicenda è il più ricco negozio di alimentari di Mosca, il «Gastronom numero uno-, sulla via Gorki: un salone di straordinaria bellezza, dai soffitti decorati di stucchi, le pareti coperte da legni pregiati, i banconi contornati di vetri e ottoni lucenti. Tra i negozi di alimentari è certo il meglio fornito. Fu questo, probabilmente, a scatenare le ingordigie, a stimolare desideri proibiti; a innescare la truffa. Yuri Sokolov era direttore di quel «Gastronom-, noto a Mosca anche come «Eliseevski- (dal nome del suo ricchissimo ex proprietario del tempi prerivoluzionari). Spingeva ì commessi a truffare sui pesi e sui costi, obbligava i responsabili dei vari reparti a pagargli tangenti in cambio del suo silenzio e della sua protezione. Un giro di centinaia di migliaia di rubli. Era soltanto l'avvio, il primo anello di una lunga catena della quale, per ora, non si intravede una fine sicura. Sokolov, a sua volta, aveva bisogno di venire protetto, e distribuiva succose tangenti: perché chi doveva fare i controlli se ne scordasse; per avere la maggior quantità possibile di merci preziose (caviale, storione affumicato, carni) sulle quali rubare di più; per riuscire a correggere i piani di vendita a proprio favore, ricevere premi senza averne diritto. Gli articoli fin qui pubblicati spiegano in ogni dettaglio il meccanismo perverso escogitato da Sokolov; con particolari prima mai rivelati, descrizioni inedite delle complicità sbocciate e fiorite nel grande negozio della pia Gorki; e un rendiconto puntuale delle bustarelle in entrata e in uscita. Ma, appunto, non si fermano qui. Rievocano, ancora una volta con dettagli finora mai resi noti, i legami di Sokolov con il capo del Glavtorg, il responsabile supremo del commercio nella capitale, Nikolai Tregubov (condannato a quindici anni con la confisca dei beni); e con i suoi subordinati diretti: il primo vice Petrikov (dodici anni), e i capisettore Khokhlov e Kireev (dieci anni ciascuno). Furono loro a proteggere Sokolov, a imporre il silenzio, a spartirsi con lui la ricchissima torta. Ma, lascia intendere il romanzo a puntate, Tregubov non era il vertice di questa corrotta piramide. Accanto a lui, sopra di lui, c'erano altri: •Tregubov godeva dell'attenzione di persone note. Cosi si era convinto di non poter essere punito, di essere intoccabile», scrive Sovietskaja Rossija. Al punto che «nemmeno in tribunale ha rinunciato alle proprie abitudini», alla consueta arroganza. Al punto che «è stato cacciato dal partito soltanto dopo l'intervento del comitato di controllo del Comitato Centrale. Perché il comitato di Mosca, due anni fa, tirava per le lunghe nel dare una valutazione di quello che ancora definiva un "buon dirigente"-. Un'allusione fin troppo chiara: due anni fa, il «comitato del partito di Mosca- erano Grishin e il suo gruppo. Riassume la rivista Ogoniok, al termine della puntata: «Qui si potrebbe finire l'autopsia della casta commerciale; dire che il male è stato estirpato, che la giustizia ha trionfato. Ma sarebbe come fermarsi a metà strada, e finire con una mezza verità». L'articolo del settimanale (che annuncia un seguito alla sua inchiesta, per domenica prossima) si chiude con un'accusa pesante: «Ecco quali domande non ci hanno permesso di mettere la parola fine alla storia: il Glavtorg (e dunque Tregubov) era subordinato, in tutta la sua attività, al comitato esecutivo del Soviet di Mosca e al ministero del Commercio dell'Urss. Possibile che di tutta la truffa, nota a quasi ogni commesso, le istanze superiori non sapessero nulla? E se lo sapevano, perché non hanno mal preso misure adeguate? Di chi è la colpa? Chi ha protetto gli sporchi traffici degli ex dirigenti del commercio moscovita? Uno degli imputati, quando passò una tangente a Tregubov, ha pensato: "Quest'uomo ha davvero dei buoni legami nelle alte sfere. Bisogna mantenere con lui dei buoni rapporti"-. Non aveva torto, commenta il giornale: «Gli amici c'erano veramente. E lui ci ha sempre contato». La suspense non è ancora finita. Emanuele Novazio

Luoghi citati: Mosca, Svizzera, Urss