Si rigioca a pallone contro Mei-Argentin

Si rigioca a pallone con tro Mei-Argen tin Finalmente il torneo che eccita e calma Si rigioca a pallone con tro Mei-Argen tin Ritorna il campionato che deve fare da tranquillante e da eccitante, deve dare da mangiare calcio vero e deve fare digerire calcio nero. Si discute sul tifoso: se non capisca niente, o se capisca tutto. Non appena si è finito di decidere che magari capisce tutto, ma del tutto non gliene importa niente (calcio corrotto? va bene, pazienza, amen, adesso andiamo allo stadio e ci portiamo la solita fede, il solito entusiasmo), il tifoso dà segni diversi: ha capito qualcosa e gliene importa moltissimo, tanto è vero che sta a casa. Cosi dicono le cifre della Coppa Italia. Ma stasera arrivano le altre cifre con magari altre smentite, altre ipotesi, altre prospettive. Chissà. Nel football (italiano) tutto è possibile, anche rimettere la pasta dentifricia dentro il tubetto dal quale è uscita (è la definizione dell'impossibile, per taluni scienziati allegri e chiarì). Ci sono senz'altro grosse domande oltre a quella cosmica, che chiede «chi vincerà?», e a quelle logicamente successive e conseguenti legate alle Coppe e alle retrocessioni. Assumere soltanto il sollievo relativo del calcio ette -comunque, comincia, del campionato che filialmente propone il vero calcio giocato (alla faccia della Coppa Italia), assumere soltanto questo sollievo è atteggiamento colpevole. Ma al tempo stesso, se questa sera ci sì trova a fare i conti con partite belle, pubblici sportivamente accesi, interessi nati o rinati, è peccato mortale pensare al calcio come ad un assoluto naturale, almeno per le nostre genti, e pensarlo immortale, trascendente, imprescindibile, inossidabile, indistruttibile? Eppure mai come quest'anno, come questa volta, bisognerebbe fare un certo sfor¬ zo per sfuggire al fascino dell'attuale, dell'evento, e tenere invece presenti i fantasmi del calcio, che poi sono fantasmi bene inamidati, visto come continuano a stare in piedi, a riproporsi. Non diciamo, no, che ogni partita vada vista attraverso la lente speciale dello scetticismo, della riserva (ma non sarà poi già stata decisa a tavolino?), cosi come non è obbligatorio rinviare gli entusiasmi per una corsa ciclistica agli esiti del controllo antidoping, ma insomma potremmo e forse dovremmo essere più parchi di noi stessi, essere leggermente meno generosi del solito. Fra l'altro il calcio ha altri buchi da colmare, oltre a questo della diffidenza. Si è scavato ad esempio, in questa estate 1986, un grosso buco fra il calcio e il resto del nostro sport, quanto a conseguimento di successi. Nel 1982, anno del Mundial, il calcio vinse e sembrò trascinare tanto altro nostro sport all'imitazione, parziale o completa. Si parlò di anno memorabile: Saronni campione mondiale di ciclismo, Uncini di motociclismo, gli Abbagliale rematori super, Dorina Vaccaroni e le altre schermitrici mondialissime, Mas ala e il suo pentathlon. Cova e i 10.000 metri europei di Atene, Coppa dei Campioni e Coppa Intercontintentale al basket di Canta. Giovannetti e C. tiratori d'oro, il pugile Damiani vittorioso sul «mito. Stevenson, e 48 titoli mondiali, per tacere dei successi europei. Quest'anno il resto del nostro sport sta benone, basta fare dei nomi alla rinfusa: Mei, Argentili, Bordin, Pescialli e Belgeri, Canins, la pallanuoto, Battistelli, Mineryini, Cova, Pizzolato, Fogli, Vicino, Panetta, Arese e Romano, Mas ala e Massullo e Toraldo del pentathlon, Antibo, Gentili, Bercila e i fiorettisti. Evangelisti, gli altri canottieri pesi leggeri, veliste e giocatrici di tennis da tavolo, e se si vuole a inizio d'anno anche un bel po' di sci, alpino e specie nordico, pur se sembra roba di un secolo fa. E l'elenco potrebbe continuare e ingrandirsi, in questi giorni. n calcio deve ancora ringraziare la Juventus, per la Coppa Intercontinentale (dicembre 1985, ma mettiamolo pure nella stagione conclusa a giugno), e un po' la Under 21, altro non ha, il Mundial 1986 sembra avere cancellato anche quello 1982, in uno sport dove tutti sono sempre troppo buoni o troppo cattivi. Le sfide insomma sono innumeri, di natura psicologica e anche statistica. Il tutto poi, come appunto tutto, si traduce in termini economici, n calcio non possiede, probabilmente, in se stesso gli strumenti per rifarsi la faccia, il corpo, il bilancio, però possiede gli strumenti per convincere altri — lo Stato, tanto per far nomi, anzi il Nome — ad aluta-\o. Però deve dare o ridare le garanzie, di credibilità, che lo hanno fatto gròsso, se-non anche grande: tornare a riproporsi come qualcosa che comunque «funziona», rioffrire l'esempio della sua organizzazione, della sua monoliticità però non mafiosa, della sua sbrigatività però non camorristica. Per fare questo, la via è semplicissima: basta giocare belle oneste partite. L'ingresso del business, dello spettacolo, con tutte le sue esigenze, è stato prospettato come qualcosa di inevitabile: siamo perfettamente d'accordo. Ma proprio Io spettacolo che si è dato leggi precise è il migliore, il più sano e il più bello. Insomma è possibile essere efficienti ed onesti, questo vogliamo dire. g. p. o. Stefano Mei, uno degli azzurri che hanno riscattato la brutta estate del calcio

Luoghi citati: Atene, Italia