Sullo sfondo c'è la guerra dei tassi
Sullo sfondo c'è la guerra dei tassi Sullo sfondo c'è la guerra dei tassi WASHINGTON — Il bilancio dei due giorni che hanno scosso le Borse di tutto il mondo è desolante: tra giovedì e venerdì, Wall Street ha perso quasi 140 punti, il 7% circa, il massimo dal 13% del giorno nero dell'ottobre del 1929. Quel che 6 peggio, nell'opinione degli esperti la caduta non è terminata, anche se non viene esclusa una temporanea ripresa a brevissima scadenza. Secondo le comuni previsioni, la Borsa dovrebbe assestarsi sui 1700 punti, oltre 200 in meno del primato del principio di settembre, o anche più in basso se le prospettive dell'economia non miglioreranno. In parte, il crollo di giovedì e venerdì è attribuito alla complessità, delle moderne operazioni finanziarie, e agli effetti perversi dei computer, programmati per vendere automaticamente al di sotto di certe quotazioni. Ma al di là di questi fattori tecnici, la causa della crisi di Wall Street è lo spettro dell'inflazione e del rialzo dei tassi d'interesse. In particolare, la possibilità che salgano i prezzi del petrolio e che la Riserva federale debba trarre più capitali stranieri per finanziare il disavanzo pubblico fanno temere una progressiva restrizione del credito a danno della produzione Paragonando la giornata dì venerdì a un «ottovolante» — l'indice Dow Jones è sceso prima di 50 punti, poi li ha recuperati tutti, per ridiscendere di 34 — Gene Seagle, il presidente dell'agenzia Gnuital, ha lamentato che «Wall Street sia oggi nelle mani dei robot». Ma Walter Heller, l'ex consigliere di Kennedy e di Johnson, ha asserito che la Borsa risente delle incertezze sui deficit del bilancio dello Stato, di circa 220 miliardi di dollari, e della bilancia commerciale, di oltre 150 miliardi di dollari. Ha paura, ha detto, «che i nodi stiano per venire al pettine». La Casa Bianca ha minimizzato il tonfo di Wall Street di giovedì e di venerdì insistendo che le basi dell'economia sono sane e che è assurdo anticipare una recrudescenza inflazionistica. Nel suo discorso radiofonico del sabato, Reagan lo ha addirittura ignorato, riducendo tutti i problemi a quello dell'aumento delle esportazioni, e quindi della liberalizzazione degli scambi, e chiedendo che i partners degli Stati Uniti «facciano la loro parte», ossia che la Germania e il Giappone riducano 1 loro tassi d'interesse. In caso contrario, ha ammonito implicitamente riferendosi al rifiuto opposto dai due Paesi alla richiesta, l'America è pronta a una guerra non solo commerciale ma anche monetaria. e. c.
Persone citate: Gene Seagle, Johnson, Kennedy, Reagan, Walter Heller
Luoghi citati: America, Germania, Giappone, Stati Uniti, Washington
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