Caroline, Pippo e la càvea

Caroline, Pippo e la càvea LA LINGUA CHE PARLIAMO: SPROPOSITI ALLA TV Caroline, Pippo e la càvea In un recente spettacolo trasmesso dalla televisione dedicato a Maria Callas, Pippo Baudo è incorso in un incidente: ha detto due volte cavea invece di càvea. Molto va perdonato, mi è stato ripetutamente detto, ad annunciatori della televisione e della radio e, in generale, a gente dello spettacolo perché sono soggetti ad improvvise amnesie, a papere madornali, a travisamenti di pronunzia e di senso. E', insomma, una specie di malattia professionale. Tuttavia Pippo Baudo è, per molti italiani, anche un modello culturale ed ha assunto autorità presso un numero grande di persone grazie ad una pressoché continua presenza sul video e a personali vicende, e per questo va notato quel suo cavea. Ma perché quella pronunzia così manifestamente errata? E' probabile (e voglio dirlo a sua discolpa) che abbia influito su di lui la parola platèa (che, per intermediario latino '■iene dal greco piatela e che perciò, a buon diritto, porta l'accento sull'e) a fargli mutare la posizione dell'accento di càvea che in latino ebbe vari significati, fra i quali quello di «parte di un teatro o di un anfiteatro dove siedono gli spettatori» non pare rappresentare il valore originano. In verità, il primo significato di cavea in latino sembra essere quello di «gabbia fatta di sbarre di ferro o di legno per trasportare animali feroci». E proprio l'italiano gabbia è il continuatore popolare del latino cavea. L'uso del termine nel lui' guaggio teatrale è secondario anche se la voce dotta cavea in italiano sussiste solo in tale significato. Francamente, in quelle cavee moderne che sono.gli stadi di calcio, l'uso delle sbarre di ferro, implicato dal valore originario della voce, si rende alla volta utile e, dove non è praticato sarebbe raccomandabile, per sedare risse e conflitti che a volte si concludono con morti o feriti nel nome di un preteso sport che sarebbe ormai difficile definire tale. Gli spropositi d'accento riguardano in gran parte le voci straniere. Io ho sentito due volte recentemente per radio Caroline di Monaco: e qui siamo alla ormai più volte de¬ nunciata tendenza a ritirare l'accento quanto più è possibile verso l'inizio della parola, dovuto all'influenza sempre crescente dell'inglese. E' chiaro che Caroline si deve leggere carolln e non càrolin, essendo nome francese: ad ogni modo sarebbe meglio dire addirittura Carolina, in italiano. Altro infortunio radiofonico ( 11 agosto) è Val Posteria: come ognuno può constatare, la Valle si chiama correttamente Pusterìa. Abbiamo ogni giorno la prova dell'esattezza dell'osservazione fatta da noi linguisti che la lingua, quanto più si diffonde, tanto più è soggetta a deformarsi ed è sottoposta a diversissime sollecitazioni da parte delle lingue speciali, dei dialetti e, purtroppo, anche della cattiva conoscenza della sua struttura, ma proprio sarebbe desiderabile che la radio e la televisione fornissero agli italiani un esempio di lingua comune senza spiacevoli deviazioni. E' da augurarsi che la nuova trasmissione televisiva dedicata alla lingua italiana abbia un'esecuzione migliore ed effetti più duraturi della precedente «Parola mia». Ma già all'orizzonte si annuncia una nuova minaccia: quella delle citazioni latine che, con buona pace di chi non solo le usa ma teoricamente le difende (un libro che tutti preannunciano fortunato proclama: Siamo tutti latinisti: fosse vero!), sarebbe bene usare molto parsimoniosamente. Infatti è noto che chi sa bene il latino raramente fa citazioni nella lingua di Cicerone; chi non lo sa, ne fa spreco. E' forse una storiella quella di uno che disse in pompa a mano invece che in pompa magna. Non è invece una storiella quella che si è scritta (io, però, non l'ho sentita) dell'eccellente presentatrice Enrica Bonaccorti che avrebbe detto a mezza Italia: «Eccoci ai puncti dolens»: due parole e due errori. La locuzione comune è pan ctum dolens al singolare; al plurale, peraltro non in uso, sarebbe puncta dolentia, a meno che non si voglia usare una forma tarda (c'è in Isidoro di Siviglia che visse fra il VI e il VII secolo un punctus per punctum) puncti dolentes: come si vede anche un linguista ha un cuore ed è propenso a tirare una fune di parziale salvataggio. Tristano BolellI

Persone citate: Cicerone, Enrica Bonaccorti, Maria Callas, Pippo Baudo, Tristano Bolelli

Luoghi citati: Italia, Monaco, Siviglia