Nell'Inghilterra senza eroi di Mario Ciriello

Nell'Inghilterra senza eroi FRA TENSIONI CRESCENTI VERSO UN DECLINO IRREVERSIBILE Nell'Inghilterra senza eroi Londra appare effervescente: come Manhattan, il suo centro si trasforma in un costoso pianeta dove cercano casa ricchi e artisti d'ogni parte del mondo - Ma rispetto all'Europa è il Paese con le scuole peggiori, il meno agguerrito davanti alle sfide del Duemila La disoccupazione ha messo radici crudeli - Lo humour resta il solo antidoto all'amaro scetticismo - Insorge una violenza minacciosa DAL NOSTRO CORRI8PONDENTE LONDRA — Arrivano a Londra da ogni parte del globo. I ricchi e gli artisti, i maghi della finanza, le ex celebrità alla ricerca di pace e di privacy. Una signora fin troppo bella, british come sanno esserlo soltanto gli inglesi figli dell'Impero, mi racconta a un tavolo di ristorante: «La mia famiglia è a Hong Kong da oltre un secolo. Ma, fra qualche anno, l'Inghilterra consegnerà la colonia a Pechino: e io sono pessimista sul futuro. Eccomi a Londra, dune, je, come tanti altri fuggiaschi da Hong Kong. Ho già comprato una casa». L'ha pagata più di un miliardo. Proprio come un finamierie italiano nella City, un antiquario francese, una stellina rock americana. Non sono cifre eccezionali, tutt'altro, né sono eccezionali le case, che, fra l'altro, i bizzarri anacronismi dell'Inghilterra permettono spesso di acquistare solo per un certo numero di anni, 99, 60, 50 ma anche 40 o 30. La manhattanizzazione di Londra diviene sempre più rapida e vistosa. L'antica, severa città anglosassone è scomparsa, il suo centro è un costoso pianeta cosmopolita, dove le scuole elementari private possono esigere fino a un milione e mezzo il trimestre. L'intera immensa capitale ha cambiato volto: e anche nei quartieri borghesi e popolari, è l'immagine di una nuova Inghilterra multicolore, multirazziale. Un viaggio sulla metropolitana è un viaggio attraverso tutti i continenti, attraverso una comédie humaine senza frontiere. Ma questa Londra tanto dinamica, tanto effervescente, con una City alla vigilia di riforme che inietteranno nuovo vigore in quasi tutti i suoi mercati finanziari, con una colossale espansione verso Est dove nuove case, jy/tefc n^t§ziZ^biUnjmff rianimano le fatiscenti aree" lungo gli sterminati docks, con un ambizioso programma di beautif ication del centro storico, questa Londra '86 è ingannevole. Ingannevole come tante altre foglie britanniche d'alloro: la televisione, la stampa, i teatri, una nobile umanissima civiltà, una certa way of lite. Le foglie sono infatti su un albero malato, tuttora maestoso ma incapace di crescere, di rinverdirsi. Più che vecchia, la Old ..England è smarrita, scettica, fatalista. .É'iìòk'^^ebbe esseréjal-^ mmenti. I progressi ecòno? mici sono troppo lenti e discontinui; fra due-tre anni, l'Inghilterra sarà preceduta in Europa non più soltanto da Germania e Francia, ormai irraggiungibili, ma dall'Italia stessa, che molti ancora ricordano come il Paese dei «poveri ma belli: L'industria si è contratta drammaticamente, più che in ogni altra nazione occidentale: e ciò che è rimasto zoppica, sema grandi ambizioni, al quindicesimo posto per competitività fra ventidue Paesi. La divisione trà&ò&titfftocM si è ap^rofondlta^'contpoveri nel Centro-Nord e i ricchi a Londra e in una fascia del Sud. La disoccupazione ha messo radici crudeli. Per migliaia di senza lavoro potrebbe essere un ozio a vita. Tutte le nazioni conoscono periodi più o meno lunghi di malinconia, di avvilimento, di pessimismo. Fino a qualche anno fa, l'Inghilterra pareva ancora troppo robusta psicologicamente per cedere a tali ombre, ma i regressi durano da troppo tempo e offuscano adesso gli spiriti. Ogni sondaggio, ogni inchiesta rivela che i più vedono nel declino un fenomeno irreversibile, quasi una condanna meritata che nulla e nessuno possono per ora cassare. Non fosse per l'antidoto possente dello humour, una vera ricchezza nazionale, queste amarezze degenererebbero facilmente nelle soffocanti, e inquietanti, tetraggini di un'Angst alla tedesca. Ma neppure lo humour fuga ogni veleno. Un viaggio del Times attraverso il mondo dei giovani ha condotto a meste deduzioni e trepide riflessioni. In un articolo di fondo, intitolato The Thatcher Generation, il giornale commenta: «I giovani inglesi non credono che il governo, qualsiasi governo, possa migliorare la loro vita: e questo è un fatto positivo. Ma i giovani non credono neppure nella propria capacità di migliorare la propria vita: e questo è un fatto negativo». Il 15 per cento dell'elettorato si giudica quindi impotente. Nessuno può fare nulla per me. né gli altri né io. Il Times chiede: «E' questa schiacciante apatia una componente inevitabile del retaggio politico di Margaret Thatcher?». La «dama di ferro» ha molte responsabilità, ma non tutte. Ha esacerbato lo scetticismo, non l'ha creato. Il Times aggiunge: •L'Inghilterra moderna non è più una terra per eroi, di nessuna specie». I giovani li ripudiano tutti, en masse, anche i più accessibili, i più disponibili, cantautori o stelle tv. Ma questo vuoto precede la Thatcher, l'hanno scavato tutti, conservatori e laborisrl, sindacalisti e industriali, perfino gli intellettuali, quei pochi che vi sono, nel loro caparbio rifiuto di accettare tutta la deprimente realtà inglese. Oggi, anzi, c'è un progresso. Le delusioni dei giovani e degli adulti generano dubbi. Non c'è più nulla di sacro. Tutto è finalmente sotto processo. Dalla scuola alla giustizia, dalla polizia alla burocrazia. Bene, si dissacra, lo spettacolo può essere eccitante. Ma resta un interrogativo: sono gli inglesi disposti a cambiare nella misura necessaria per una vera trasformazione? Mancano ancora molte premesse. Trent'anni fa, Ernest Bevin, grande ministro degli Esteri, salito dalla miseria ai pinnacoli del potere politico, pronunciò in America una frase rimasta famosa: «The trouble with my people is their poverty of desire». Disse insomma: purtroppo. la mia gente è povera di desideri. Una frase umile e bella, alla Dickens, ma dolente. Poverty of desire, Quindi povertà di slancio, di combattività, di audacia. Anche i peccati hanno un lato positivo, e questa assenza di smanie e di avidità in milioni di inglesi contribuisce non poco al seducente charme della british way of life. / guaMrini sono volgari, meglio non parlarne, e, se vi sono, meglio non farne sfoggio. E perché affannarsi, perché avere più del necessario? Non si concepisce qui il successo come fatto unicamente economico e sociale: dev'essere anche, forse soprattutto, un ponte verso una vita più serena, più lieta. L'Inghilterra pullula di ex businessmen. Gente che, a quaranta o cinquantanni, vende l'azienda o i negozi, rinuncia alla creazione di ricchezza. Ne incontro uno in aereo. «Avevo messo su una piccola, clinica. Andava, benissimo, troppo bene. Me ne sono liberato e adesso scrivo libri per bambini». Con la poverty of desire, con una filosofia aristocratica della vita, non si costruiscono però potenti motori economici: che è quanto avviene da troppo tempo in quest'isola. Ecco perché la «rivoluzione thatcheriana» è in parte fallita. Perché si è illusa che le forze del mercato, le brutali scosse e spinte della concorrenza, avrebbero sgretolato, polverizzato i vecchi atteggiamenti. Ma si era sottovalutata la coriaceità del carattere nazionale. «Si, c'è più iniziativa, più intraprendenza, ma in misura ancora insufficiente, commento un editorialista. L'Inghilterra, nel suo complesso, resta una nazione più statica delle altre. E' pessimista sul suo futuro, ma preferisce un morbido declino a una dolorosa metamorfosi». Dai giornali, dalla tv, dai libri, dai pulpiti politici ed accademici, mille voci ricordano: «I nostri valori fondamentali restano immutati, valori quali continuità, sicurezza, "stile". Questa è la nostra cultura. Ma oggi occorrono valori opposti: desiderio del nuovo, gusto del rischio, grinta, aggressività E poiché la maggioranza non li accetta, anzi li disprezza, il declino è irreversibile». E si ricorda altresì che non vi è nulla di straordinario. Altre potenze hanno avuto sonni lunghi e profondi, la Spagna ad esempio; l'unica terapia è il tempo; soltanto choc tremendi, come quello subito dalla Germania nel '45, possono accelerare le lente evoluzioni degli spiriti. Diagnosi corrette, ma troppo benevole. La coesione sociale è ancora robusta, in Inghilterra, sostenuta da quel senso collettivo di una preziosa britishness. Ma il tessuto, bello e antico, è sottoposto a tensioni crescenti. Anche il più fervido anglofilo non può ignorare l'avvento di una criminalità feroce; furti e rapine non suscitano più né stupore r.é sdegno; una violenza minacciosa si è affiancata a quella garbatezza, a quell'amabilità che ancora seducono lo straniero. Tanti e tali sono gli attacchi degli studenti universitari contro gli oratori non graditi £he si pensa a una legge per impórre' un minimo' di disciplina. Michael Howard, regius professor di storia moderna a Oxford, vede crepe Inquietanti nell'edificio nazionale: «L'unità conquistata sotto Winston Churchill ha subito un'erosione incessante. La meravigliosa marea che abbracciò tutti gli inglesi si è ritirata, lasciando una spiaggia desolata, coperta di fetidi relitti e detriti». E il Times, turbato dallo scetticismo, il cinismo anzi, dei giovani, domanda: «E' una fase passeggera o siamo già dinanzi a un pericoloso vuoto sfruttabile da chiunque abbia l'audacia di offrire piani sufficientemente grandiosi o di provocare una crisi sufficientemente grave?». E ancora: può Margaret Thatcher ridar fede a chi l'ha persa? Rispetto all'Europa, l'Inghilterra è più chi mai unisola. Ma non è una splendid isolation. E' la nazione meno istruita, con le scuole peggiori; è la nazione meno abile nella creazione di ricchezza; è la nazione meno agguerrita dinanzi alle sfide del Duemila. E' ancora un magnifico edificio, ma la facciata, grandiosa e simpatica, leggiadra e mutevole, nasconde troppe strutture corrose e pericolanti. Mario Ciriello Londra. Tre protagoniste dell'Inghilterra che cambia: Lad) Diana, Lady Sarah e il premier Thatcher. La «Signora di ferro» saprà ridare fiducia a chi l'ha persa? (Telefoto Ap)

Persone citate: Dickens, Ernest Bevin, Lady Sarah, Margaret Thatcher, Michael Howard, Thatcher, Thatcher Generation, Winston Churchill