Valentini, «strip-tease» dell'anima

Valentini, «strip-tease» dell'anima Al Settembre, con il mezzosoprano, una grande serata di canto cameristico Valentini, «strip-tease» dell'anima Due arie dell'«AEciraa» di Haendel, poi Schumann interpretato con assoluta proprietà di stile e intensa espressività - Il Rossini e le Sette canzoni popolari spagnole, «omaggio» a De Falla TORINO — Un'altra grande serata di canto cameristico sostenuta da una vedetta del teatro d'opera, il mezzosoprano Lucia Valentin! Terreni. Tutti si lamentano delle condizioni attuali del canto. Nessuno'ha occhi, e orecchi, per i progressi che ha fatto. Per esempio, sotto la spinta irresistibile d'una crescente diffusione della cultura, sono crollate le barriere fittizie che un tempo separavano in compartimenti stagni il canto operistico dal canto da camera. Nessuno ricorda; i tempi non poi tanto lontani in cui gli artisti lirici che affrontassero 1 Lieder di Schubert o di Senti mann li gonfiavano mostruosamente, caricandone le tinte, e viceversa le llederlste non avevano il flato per cantare un'opera. E' dopo la Schwarzkopf e dopo PischerDieskau che il fossato s'è colmato; adesso cresce di conti<o, anche da noi, il numero .ci cantanti che passano agevolmente dall'uno all'altro genere di canto, ossia dall'opera al Lied. L'altra sera, al Teatro Nuovo, dopo due arie dall'Ale ina, opera di Haendel del 1735, la Valentini ha affrontato uno dei più specifici capolavori del Lied romantico, il ciclo Amore e vita di donna di Schumann, scritto nel 1840, anno del sospirato matrimo- nlo con Clara Wieck, e tanto più commovente nel suo intreccio di arte e vita, in quanto l'ultima delle otto poesie di Chamisso prefigura quello che poi tragicamente avvenne: l'adorato marito che muore giovane e lascia sola la sposa dopo alcuni anni di felicità. La Valentini ha cantato questo capolavoro del Romanticismo con assoluta proprietà di stile e con intensa intimità espressiva, quasi uno strip-tease dell'anima. Poi ricordandosi d'essere una specialista rossiniana, ha cantato quella strana cosa che è Giovanna d'Arco, «cantato a voce sola con accompagnamento di piano», che Rossini scrisse nel 1832, pare in omaggio a sua moglie Olimpia, sebbene non ci sia dedica. Non è una gran cosa, ma si capisce che la Valentini la canti volentieri: le offre spesso il destro di prodursi in uno dei suoi effetti più sensazionali, cioè il precipizio, attraverso una rapida scaletta, dalle regioni alte della tessitura fino alle più cavernose profondità, che la sua voce padroneggia spavaldamente. La composizione non è bella, ma intriga perché è come uno studio di recitativo, quasi che, prevedendo i tempi, Rossini volesse approfondire ed estendere il campo del recitativo inserendovi dentro, senza frattura, episodi cantabili in forma moderatamente chiusa. Ulteriore curiosità: vent'anni dopo, Rossini ritornò su questa composizione, che a noi non pare poi degna di tanto riguardo, trascrivendo l'accompagnamento per archi ed aggiungendo altri personaggi: Giacomo, madre di Giovanna, e un certo Pietro. Ma non rimane altro che qualche frammento di recitativo dopo un coro e dopo un terzetto, entrambi sconosciuti. Da notare che nel frattempo (1845) c'era stata la Giovanna d'Arco di Verdi alla Scala, a cui Rossini s'era stranamente interessato: aveva chiesto a Verdi, e ottenuto e pagato (1500 lire austriache), un'aria di bravura per il tenore Ivanoff. suo protetto. 0 Dopo questa curiosità, e dopo le immancabili Sette edmoni popolari spagnole di Manuel De Falla, seguirono tre bis. intensi applausi alla Terrani e al pianista Ronald Schneider, moltissimi fiori. E un augurio di risentirla presto anche in teatro. m. m. Lucia Valentini Terrani: al «Nuovo» un recital entusiasmante

Luoghi citati: Torino