Daniloff, «lo sbocco c'è» di Emanuele Novazio

Punitoti, «lo sbocco c'è» A Mosca cresce l'ottimismo per il giornalista Usa Punitoti, «lo sbocco c'è» La «Novosti»: «Nella vita non esistono vicoli ciechi» - Un viceministro: «La palla è agli americani» - «Non c'è ragione di ritardare il vertice Shultz-Shevardnadze» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA — C'è chi, con ottimismo forse eccessivo, fa il conto alla rovescia. Ma certo a molti, a Mosca, le speranze paiono fondate: una soluzione del caso Daniloff, il giornalista americano in carcere dal 30 agosto con l'accusa di spionaggio, incomincia forse a intravedersi, dopo la proposta avanzata dal giornalista stesso l'altro ieri (la •duplice custodia in ambasciata»: Daniloff in quella americana, il cittadino sovietico Ghennadi Zacharov, arrestato a New York, in quella sovietica). I segnali, si nota, non mancano. Innanzitutto un commento del presidente dell'agenzia Novosti, Valentin Falin, membro del Coinltato Centrale: la proposta del giornalista americano è nota da poche ore: e in un'intervista alla televisione norvegese. Falin insiste su un punto: «/ vicoli ciechi non esistono, nella vita. Perciò è sempre possibile trovare una via d'uscita, considerando gli interessi d-.lle due parti. Finché una corte di giustizia non avrà emesso una sentenza, Daniloff non è colpevole». Falin sembra segnalare che una base per trovare la soluzione del caso, ormai c'è: l'ha fornita Daniloff stesso. E che questa soluzione può essere meglio definita attraverso le vie, tranquille e discrete, della diplomazia, piuttosto che attraverso le pericolose spirali della retorica: un'eco puntuale alle parole del giornalista, come riferite dalla moglie Ruth, e più tardi, dopu una nuova telefonata dal carcere, dal collega Jeff Trimble («è venuto il momento di smorzare la retorica... Tocca a diplomatici intelligenti e seri escogitare una via d'uscita.). Ieri, al viceministro degli Esteri Petrovski è stato chiesto se davvero — dopo la proposta di Daniloff e le caute dichiarazioni di Reagan sul messaggio inviatogli quasi contemporaneamente da Gorbaciov — la vicenda è entrata in una fase cruciale; la risposta è stata: -Credo che una soluzione sia possibile, ma preferisco non andare oltre. Con gli americani abbiamo stabilito i contatti necessari: adesso la palla è nel loro campo». Petrovski ripete che gli americani sanno bene che il materiale raccolto su Daniloff è concreto; ma non insiste, non recupera i toni aspri usati da alti funzionari fino a due giorni fa. Nella sua dichiarazione c'è un altro elemento interessante: riferendosi al summit tra il ministro degli Esteri Shevardnadze e il segretario di Stato Shultz, il viceministro dice esplicitamente che non c'è ragione di ritardarlo, e che le discussioni verteranno sul tema del disarmo. A parte il silenzio sul secondo vertice Reagan-Oorbaciov (il che vuol dire, forse, che esistono ancora riserve, a Mosca), colpisce l'omissione del caso Daniloff tra i temi del colloquio: un modo per dire, forse, che al momento dell'incontro di New York, la vicenda dovrebbe già aver trovato una soluzione, o almeno imboccato la strada giusta. Ieri, inoltre, fonti americane a Mosca confermavano che la delegazione Usa, attesa a Riga oggi per un seminario sui problemi internazionali, ha semplicemente rinviato la partenza (fino a sabato: i lavori dovrebbero iniziarsi lunedi); non ha annullato il viaggio. Un altro segno, si fa notare, che una soluzione diplomatica a tempi brevi non è esclusa, nemmeno negli Stati Uniti. Il nodo sembra davvero essere la duplice consegna agli ambasciatori: sarebbe una • liberazione», per Daniloff (come vorrebbero gli Usa)? O uno .scambio» (come vorrebbe l'Urss)? Emanuele Novazio