Piano regolatore da 10 anni si attendono le nuove norme
Piano regolatore, da 10 anni si attendono le nuove norme Lo strumento urbanistico in vigore risale al lontano '59 Piano regolatore, da 10 anni si attendono le nuove norme Dal '76 infuriano polemiche e scontri: i partiti non riescono a «disegnare» il futuro della città La redazione del piano regolatore sta nuovamente per partire: dopo anni di attese, polemiche, scontri, assemblee, riunioni, mappe e norme fatte e poi cancellate. Ma è davvero cosi difficile disegnare il futuro urbanistico di Torino? Vediamo perché questa città, per altri versi all'avanguardia, non è ancora riuscita, a circa trent'anni dal precedente documento (in vigore dal 1959). a rinnovare quello che, pur fra decine di varianti, dovrebbe divenire il punto di riferimento per i prossimi decenni. Nella seconda metà degli Anni 70, le giunte di sinistra (pcl-psi) fecero uno studio della città,"presentarono un progetto preliminare che avrebbe dovuto divenire concreto nel quinquennio successivo. C'erano le mappe, esisteva una normativa con suggerimenti per la collina, i fiumi, i parchi, con Indici e cubature che però furono contestati dai partiti oggi al governo della città, dalla de al pli, al pri e poi dagli stessi socialisti e dal psdi. che pure (in tempi diversi) furono alleati di un pei che, con l'assessore Radicioni, aveva indicato le linee di quel piano. Gli scandali. dall'83 in poi, e il successivo «divorzio» fra comunisti e socialisti, fecero il resto. Il modello Radicioni fu abbandonato. Tutto da rifare, anche perché gli Anni 80 hanno sancito la fine della produzione al Lingotto e in altre fabbriche, liberando aree ed edifici che, recuperati, verranno destinati ad altri usi. Il piano regolatore infatti se da un lato deve indicare come si trasforma la città, quali zone meritino di essere conservate (nel centro L'ex fabbrica del Lingotto, nel cuore della Barriera storico) e quali ricostruite, dall'altro deve rivelarsi strumento flessibile di realtà che cambiano naturalmente. Alcuni esempi: mentre i partiti discutevano il piano, fra il 1976 e il 1984, Torino ha verificato l'esigenza di trasferire in un'unica nuova sede gli uffici giudiziari (caserme Pugnani e Sani di corso Vittorio Emanuele), si è ritrovata con circa 6 milioni di metri quadrati liberi da precedenti produzioni industriali (Ceat, Teksld, lo stesso Lingotto, ecc.). ha scoperto la necessità di trasferire lo stadio da corso Sebastopoli alla Continassa, fra le Vallette e Venaria. Sollecitazioni che hanno vanificato il lavoro prece¬ dente, prolungatosi per quasi un decennio. E adesso eccoci al punto di partenza di una corsa che si rivela nuovamente ad ostacoli, con polemiche, incomprensioni e litigi. L'ultimo atto si consuma il 29 luglio, quando la giunta Cardetti (con l'assessore all'Urbantstaca Dondona, liberale) tenta di portare all'approvazione del Consiglio comunale la delibera che affida l'incarico di avviare la redazione del nuovo progetto per Torino allo studio milanese del prof. Gregotti, il quale, con la collaborazione di due professionisti (Cagnardi e Cerri), dovrà coordinare il lavoro di sei architetti torinesi: Abbate e Cel¬ ra di Nizza, uno dei nodi legali al nuovo piano lino (entrambi de), Malara (psi), Mellano (pli), Caramellino (psdi) e Amirante (pri). Il pei di fronte a questi ultimi nomi si ribella: accusa la giunta di lottizzare gli incarichi per controllare politicamente l'evolversi di un piano che dovrebbe essere soprattutto tecnico. Il problema dovrebbe essere discusso in commissione, ma siamo a ridosso delle vacanze, e manca il numero legale per poter procedere. Ecco quindi il rinvio a settembre. Lunedi la commissione, convocata dal presidente Elda Tessore (psi), incontra il prof. Gregotti, ma sui sei nomi «torinesi» le obiezioni del pel rimangono inalterate. Giuseppe Sangiorgio
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