Il blocco antiregime di Mimmo Candito

Il blocco antiregime Gli oppositori di Pinochet tra il cartello delTAcuerdo Nacional e la sinistra radicale Il blocco antiregime In questi tredici anni, ogni reportage da Santiago si è chiuso sempre con la convinzione che Pinochet restava ancora il padrone del corso politico. E che l'immutabilità del pieno controllo del potere è non tanto il risultato della sua azione di governo — le scelte politiche, la repressione dura, le alleanze sociali, la privatizzazione dell'economia: elementi che comunque, tutti, hanno una loro forte incidenza —, quanto l'effetto della frammentazione delle opposizioni, troppo litigiose, sempre rancorose, incapaci dell'unità delle distinzioni. Per tredici lunghi unni, i morti, i desaparecidos, le torture, sono stati l'immagine drammatica d'una realtà che comunque restava bloccata su un equilibrio di forze ormai consolidato: i soggetti attivi del confronto politico, la dittatura e le opposizioni, avevano mostrato d'avere, ciascuno, la forza bastante per difendere il proprio ruolo e resistere alla propria cancellazione, ma anche di non avere, né la dittatura né le opposizioni, la forza necessaria per imporre la sconfitta dell'avversario. Qualcosa è cambiato solo nell'ultimo anno, quando la lotta armata (annunciata comunque nell'81) è diventata uno dei soggetti reali dello scontro politico. Nei primi sei mesi dell'86, i guerriglieri del Frente Rodriguez hanno compiuto 267 attentati: e mentre l'America Latina tornata civilizada guardava con apprensione nuovamente a Santiago, la storia del Cile si è avvitata in una spirale che rischia di scaricare negli scontri a fuoco le delusioni, le amarezze, la rabbia, e la paura d'una società dove il 63 per cento delle famiglie quadagna meno di 81 dollari al mese e il 17 per cento della popolazione controlla i due terzi della ricchezza nazionale. La radicalizzazione del confronto politico appare come l'ultima, estrema, conseguenza della polarizzazione delle forze; che poi è una doppia polarizzazione: quella della lotta tra il blocco di regime e il blocco antiregime, ma anche quella, intema a quest'ultimo blocco, tra i moderati e i rivoluzionari. Del gran fascino dell'America Latina, d'essere, come dice Darcy Ribeiro, «la terra di ogi.i utopia», e del quale è riflesso amaro e scottante la polemica che in questi giorni divide Mario Vargas Llosa e Guenther Grass, il Cile degli ultimi trent'anni è stato teatro aperto d'ogni possibile manifestazione: prima con la «revolution en libertud» dei democri- ■■■■ Il Movimiento Democratico Popular non ha aderito al cartello delle forze moderate perché si rifiuta di condannare aprioristicamente la lotta armata - Il Frente Rodriguez ha compiuto 267 attentati nei primi sei mesi di quest'anno stiani, poi nella evia nacional al socialismo» di Allende, ora dietro la «cruzada antimarxista» di Pinochet, nel volgere di poche generazioni a Santiago si è espressa in rapida e traumatica successione una pratica di esperimenti politici votati tutti a obiettivi assoluti, teologici, risolutivi d'una problematica sovrannazionale. Come se vi fossero coinvolte non le sorti di un governo, ma il destino d'un continente e, forse, anche più, il destino delle grandi forze del nostro tempo. E' certo che in questo Paese le tensioni politiche hanno avuto come spettatori, non sempre neutrali, governi, interessi economici, movimenti ideologici, che venivano da oltreconfine; e l'intervento della Cia ebbe un contributo determinante a risolvere il braccio di ferro tra Unidad Popular e il resto del Cile; ma il carico amaro di queste esperienze, che hanno proceduto 'sempre sulla rottura del tessuto sociale piuttosto che sulla ricomposizione degli strappi ideologici, ha pesato e pesa autonomamente sul confronto politico, Santiago. 1 rilievi della polizia perché ha definito una cultura dello scontro e dell'esclusione che oggi fa difficile qualsiasi concretezza a un progetto di compromesso. E le ultime rilevazioni <del sociologo Carlos Huneeus confermano che se pure l'80 per cento della società cilena oggi si dichiara favorevole a un ritorno alla de¬ intorno a un'auto usata per blocmocrazia, nemmeno il 30 per cento appare però pronto a mobilitarsi - comunque.. L'ultimo tentativo d'una difficile ricucitura è dell'agosto dello scorso anno, con l'Acuerdo Nacional, un cartello di forze d'opposizione dentro il quale si schieravano non solo i partiti della sinistra moderata occare la colonna di Pinochet (i socialisti di Brìones e Mandujano. i socialdemocratici) e del centro (i democristiani, il partito repubblicano, il radicale, il liberale), ma perfino e per la prima volta due partiti della destra che aveva sempre appoggiato Pinochet (il Nacional e l'Union nacional). All'Acuer8o. voluto intensa- mente dalla Chiesa e dal cardinale Frcsno. appoggiato pubblicamente dagli Usa, aderiva anche la Izquierda Cristiana; era un arco impressionante di posizioni politiche, ma tanta varietà di adesioni non riusciva a includere anche il Movimiento Democràtico Popular, cioè l'intera sinistra radicale, movimentista (il partito comunista anzitutto, poi i socialisti di Almeyda, il Mir rivoluzionario e il Mapu). E ia mancata collaborazione di questa fetta significativa del Paese stava tutta nel rifiuto a condannare «aprioristicamente» la lotta armata. Alcuni mesi fa a Santiago il leader del pc, Jaime Insunsa, ha dato un'intervista a La Stampa: è stato un incontro clandestino, con tutti i rituali di cautela e di mistero che deve seguire chi si nasconde e rischia la vita, ma Insunsa l'ha fatto durare dalle 8 di sera alle 2 meno un quarto della notte, appena prima del coprifuoco. Quell'uomo piccolo, teso, attento, parlava e parlava perché in quella rara intervista voleva cogliere l'occasione per spiegare fuori del Cile le ragioni del rifiuto all'Acuerdo: che, diceva, non erano le ragioni d'una scelta terroristica, né delle Br né della Rai. e semmai un riferimento lo trovavano nei Gap della guerra partigiana; ma erano soprattutto la tattica politica d'una forza che altrimenti, rinunciando alla propria rappresentatività della rabbia popolare, rischiava di dover subire l'egemonia moderata, o conservatrice, della coalizione. E che fosse un problema soprattutto tattico lo si è visto alcune settimane fa, quando anche Insunsa ha fatto una scelta togliattiana, e ha dichiarato l'Mdp disponibile ad appoggiare un governo di transizione guidato da un generale. Il pc tiene conto evidentemente del ruolo diverso che sta svolgendo oggi l'ambasciata americana, e vi si adegua, pur continuando a operare anche con il Frente Rodriguez. Il 25 o 30 per cento di cileni che oggi si riconoscono nell'Mdp vuol contare con tutto il proprio péso nel futuro del Cile; ma buona parte di quel SO per cento che oggi si raccoglie sparsamente dietro il Valdés leader dell'Acuerdo si muove nella pratica di una concezione che identifica il marxismo ancora all'interno della dottrina della sicurezza nazionale, più o meno come nel '73 al momento del golpe. Il tempo della ricomposizione non pare nemmeno vicino. Mimmo Candito