Rcostruiti 15 minuti d'inferno

Ri€Ostruiti 15 minuti d'inferno I passeggeri si sono salvati da soli, in ritardo i commando pakistani Ri€Ostruiti 15 minuti d'inferno Nessuno dei dirottatori è stato ucciso - E' di 16 morti e 127 feriti il bilancio delle vittime DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON — I passeggeri e gli stewards del Jumbo della Pan Am si sono salvati da soli: 1 commandos pakistani sono intervenuti a cose fatte. Nessuno del dirottatori è stato ucciso, contrariamente a quanto annunciato ieri da Karachi: sono Imprigionati tutti e quattro (più — pare — un complice) in una base militare. L'eccidio all'interno dell'aereo è durato una decina di minuti: finito di sparare, i terroristi hanno tentato di mescolarsi ai passeggeri in fuga. La molla che ha causato la carneficina è stata probabilmente la perdita di elettricità nell'apparecchio. E' un miracolo che i morti all'ultimo conto risultino soltanto 16, anche se tra 1 127 feriti alcuni sono molto gravi. Cosi, secondo la ricostruzione del Dipartimento di Stato, si è compiuta la strage. Sono passate da poco le 21 ore locali, e a bordo del gigantesco aereo le luci Incominciano ad affievolirsi, e l'aria condizionata a mancare. Il parere del vicepresidente della Pan Am Martin Shugrue è che si tratti di un guasto al generatore di corrente, non di un atto premeditato dei commandos pakistani per far piombare il Jumbo nell'oscurità. Alla conferenza dei Paesi non allineati 11 premier indiano Gandhi sostiene il contrario, accusando 1 commandos di aver fallito il piano d'attacco e di aver causato la carneficina. Nessuno comunque avverte 1 dirottatori di quanto sta accadendo, od offre di cambiare 11 generatore: nella suerra dei nervi In corso da 16 ore, la svolta sembra positiva. Dentro l'apparecchio, 1 terroristi danno segni di paura. Il capo, suadente fino a poco innanzi — ha raccontato che è 11 giorno del suo compleanno, 24 anni —, ordina che 1 passeggeri siano ammassati al centro. Uno del suoi compagni, a torso nudo, «alla Rambo, molto macho*, dirà poi uno scampato, Hussain Shaffi, di Washington, manda avanti a spintoni donne e bambini, una granata in mano. All'interno del Jumbo si vede sempre meno, fa sempre più caldo, la gente non è più calma, avverte un pericoloso cambiamento suda e trema. Gli attendenti cercano di tranquillizzarla: se salta l'elettricità, dichiarano, entra in funzione un sistema di emergenza. Non precisano che ha un'autonomia di soli 15 minuti. Nell'opinione di Shugrue è nell'istante in cui le luci si offuscano e l'aria condizionata si spegne che precipita la crisi. Shugrue sostiene che in quel momento i commandos spengono anche alcuni dei riflettori che illuminano la pista. Un passeggero pakistano, Mohammed Amin, che siede in prima fila nel Jumbo e parla l'arabo, sente il capo del dirottatori rivolgersi ai compagni: «£' giunta l'ora dell'ultima guerra santa. Se ci uccideranno diverremo tutti martiri». Amin si rende conto che 1 terroristi pensano di essere attaccati. Riferirà poi Anwar Mizra, il direttore dell'aviazione civile pakistana, che ha a condotto 1 negoziati con 1 dirottatori, che 1 commandos in realtà sono fermi a oltre un centinaio di metri di distanza, dietro un deposito. I terroristi aprono il fuoco e gettano granate tra i passeggeri raccolti al centro dell'aereo. Terrorizzato, Amin si butta sotto i sedili. Alla televisione Abc, 11 primo passeggero a buttarsi giù dal Jumbo, Richard Melhart, di 45 anni, di Pullman nello Stato di Washington, farà più tardi il seguente racconto. «Sono le 21,45 circa, e scoppia l'inferno. Le granate non esplodono, ma i sedili e la gente vengono crivellati dai proiettili, si sentono urla e gemiti, si vede sangue dappertutto, qualche bagliore di fiamme... Mi trovo vicino a un portello, accanto a un attendente, gli urlo di aprire, di scappare, ma è paralizzato dall'orrore... Mi ateo, sento le pallottole fischiarmi intorno, giro la maniglia, il portello si spalanca... Corro su un'ala, mi butto dalla scaletta di emergenza... Tra di me penso: sono vivo, sono vivo... La pista si riempie di gente che mi viene dietro, non c'è un solo commando in vista, corriamo disperati». Sull'altro fianco del Jumbo, un altro attendente di volo apre il portello parallelo, di centro. Un medico di Los Angeles, Michael Goldsteln, spinge abbasso la moglie, si cala a sua volta. La pista si è già coperta del sangue dei moribondi e del feriti, i commandos non si sono ancora mossi. Anwar Mizra asserisce che sono colti completamente di sorpresa. « Trascorrono 10 minuti, forse 15 prima che sferrino l'assalto all'apparecchio. Ne vedo scattare alcuni, non l'intera colonna, come se non fossero ben organizsati». Sono le 22, dentro il Jumbo si sta sviluppando un incen¬ dio, corpi giacciono dovunque. Contrariamente alle prime notizie, non ha luogo nessuna battaglia, anche se qualche soldato spara a casaccio. Si scoprirà subito che i terroristi hanno gettato le armi, cambiato rapidamente abbigliamento e si sono mescolati alla folla in fuga per far perdere ogni traccia. Dal racconto di Melhart emerge che almeno uno dei dirottatori rischia di morire linciato dai passeggeri. «Siamo nell'edificio principale, e scorgo un ferito che perde copiosamente sangue avventarsi su un terrorista che cerca di scappare. Altri si uniscono a lui, colpendolo a pugni e calci, lo salva la polizia pakistana». Alle 22,15 la situazione appare sotto controllo, anche se il caos è indescrivibile. L'aeroporto viene invaso da 26 autoambulanze — nella fretta due si scontreranno nelle strade di Karachi — e gli infermieri si precipitano verso il Jumbo da dove i commandos calano le vittime del dirottamento, mentre spengono l'incendio. La ricostruzione della tragedia non è ancora possibile, nel trauma e nell'ira le notizie si confondono. L'incubo è fini' to, e a Washington il porta voce del Dipartimento di Stato Redman elogia i pakistani. A 24 ore dall'eccidio, quando il bilancio — non definitivo, perché alcuni feriti sono molto gravi — incomincia a essere chiaro, sorgono interrogativi angosciosi. I morti ammontano a 16, i feriti a 127, tra cui numerose donne e bambini. Non poteva essere limitata la spaventosa perdita? Sono stati o no i commandos a spegnere il generatore di corrente? Perché non hanno attaccato appena sentiti gli spari e gli urli provenienti dall'aereo? Perché hanno detto di aver ucciso due terroristi? Quali dimensioni avrebbe assunto l'olocausto se gli attendenti e i passeggeri, abbandonati a se stessi, chiusi in gabbia, non avessero trovato la forza e il coraggio di spalancare 1 due portelli? A Karachi, una équipe dei servizi segreti americani sta svolgendo un'inchiesta: non dovrà solo scoprire 1 mandanti dell'attentato ma anche le cause del mancato intervento dei commandos. e. c. Karachi. Dopo la battaglia intorno al Jumbo un'ala è rimasta macchiata di sangue (Tel. Ap)

Persone citate: Anwar Mizra, Gandhi, Hussain Shaffi, Martin Shugrue, Michael Goldsteln, Mohammed Amin, Pullman, Redman, Richard Melhart

Luoghi citati: Karachi, Los Angeles, Washington