Castagno lite sul riscatto di Beppe Minello

Castagno, lite sul riscatto Il figlio vuole riavere i 700 milioni pagati per la liberazione Castagno, lite sul riscatto Pier Luigi Castagno, 48 anni, si è rivolto alla magistratura per ottenere dal padre Pietro. 78 anni, la restituzione del 519 milioni (700 con le spese per condurre le trattative), che ha dovuto versare alla 'ndrangheta per ottenere la liberazione del «re della gastronomia' sequestrato il 21 gennaio B4 e liberato 414 giorni dopo, sull'Aspromonte. La sconcertante vicenda ha avuto un prologo di alcuni mesi durante l quali gli avvocati di padre e figlio hanno cercato un accordo che però non è arrivato. L'epilogo si e celebrato mercoledì scorso davanti al presidente della sezione feriale del tribunale civile, dott. Codognone, al quale l'aw. Ferrerì, che tutela gli interessi di Pier Luigi Castagno, ha chiesto il sequestro conservativo di tutti i beni di Pietro Castagno. I legali dell'anziano commerciante, Rossetto, Frignarli e Careri, hanno ottenuto il rinvio di ogni decisione al 25 settembre. L'obbiettivo di Pier Luigi Castagno è quello di impedire la vendita dei «muri» del negozio di via Gramsci, angolo via Lagrange. l'unico bene (stimato oltre un miliardo) rimasto a Pietro Castagno. Da tempo, infatti, l'uomo ha ceduto al figlio le attività commerciali (Baita del formaggio. Bottega del maiale, eccetera), mentre la moglie Angiolina, 77 anni, per racimolare i primi 550 milioni chiesti dai rapitori per liberare il marito, ha dovuto vendere ogni sua proprietà: la casa dove abita (ceduta a Pier Luigi per 80 milioni, mentre sarebbe valutata almeno 200), qualche titolo e una quota del ristorante Villa Móniort. «Sono amareggiato e distrutto, quasi rimpiango quei Pier Luigi, 48 anni, si è rivolto alla magistratura: la decisione il 25 settembre - Il «re della gastronomia» ha ceduto ogni attività al figlio, resta padrone soltanto dei muri - «Rimpiango quei mesi passati in Calabria con una catena al collo» Per i coniugi Pietro e Angiolina Castagno altri dispiaceri mesi passati in Calabria dove avevo una catena al collo e i reumatismi mi facevano impazzire dal dolore, ma almeno ero con persone, che nei limiti delle loro possibilità, mi davano tutto ciò che chiedevo*. piange Pietro Castagno, appoggiato all'ingresso di una salumeria di via Martorelli. rilevata da ex dipendenti del figlio, che l'hanno chiamato tra loro -perché, anche se fa fatica a stare in piedi, il signor Pietro ha un'esperienza unica nel nostro campo». Dimesso negli abiti da lavoro, tale e quale lo ritraggono le fotografie di un anno fa, Pietro Castagno osserva i lavori dei muratori impegnati a rifare 11 negozio che verrà inaugurato all'inizio d'ottobre. -Non ho mai preteso nulla da mio figlio, al quale ho sempre dato ogni cosa sema stare li a contare la lira — spiega l'anziano commerciante —. In un primo momento pensavo potessimo metterci d'accordo cosi, alla buona, come dovrebbe essere tra padre e figlio. Invece, niente. Mi sarei accontentato dell'affitto del negozio, 2-3 milioni. Lui prima era d'accordo, poi andava a casa e mi ritelefonava per dirmi che non andava più bene. A questo punto ci siamo affidati entrambi agli avvocati e siamo finiti in tribunale. Adesso vivo con 750 mila lire d'affitto che mi versa quando vuole e con le 250 mila lire della pensione». Oli occhi gli si inumidiscono tutte le volte che nomina la moglie: -Mi hanno chiesto anche il rimborso del ticket pagato per le medicine che acquistarono quando la mia Angiolina, mentre ero "laggiù", era stata male. Poi pretendono i 60 milioni che dicono aver dato all'avvocato che condusse le trattative, come i 10 milioni "donati" a un frate che si era dato da fare per ottenere la mia liberazione. Eh, ma non finisce qui...». Il legale di Pier Luigi Castagno, imbarazzato, non aggiunge nulla di più a quanto riferisce Pietro Castagno: «Sono cose che capitano...», commenta. Altra angoscia, invece, sgorga dalla cornetta telefonica in comunicazione con Angiolina Castagno, soia, com'è rimasta per quasi tutto 11 periodo del sequestro del marito, nella villa di San Mauro. -Quando il mio Pierino è stato rapito mi. dissero "Se vogliamo far venire fuori papà, vendi tutto": e io l'ho fatto, perché per riaverlo avrei venduto anche le scarpe. Mi dissero "firma qui e qui": e io ho firmato. Quando è tornato a casa non avevamo più nulla, solo 20 milioni in banca e quei muri del negozio. Adesso, vogliono anche quelli», dice la donna che quando rievoca i giorni del sequestro non ha mai una parola cattiva per nessuno, nemmeno per ' rapitori del marito che chiama -quei ragazzi». Beppe Minello

Luoghi citati: Calabria, San Mauro