Ritorno del terrore
Ritorno del terrore Ritorno del terrore Mentre l'inviato di Reagan. Vcrnon Waltcrs, concludeva la .sua missione europea alla ricerca dì una strategia antiterroristica meglio concertata, a Karachi il sequestro del Jumbo americano sfociava in un tragico epilogo. Una coincidenza sconcertante, che conferma come resti densa e per certi versi insondabile la nebulosa del terrorismo internazionale. Infatti è assai difficile che, in questa come in altre occasioni, si arrivi a individuare in maniera inoppugnabile la responsabilità di questo o quel governo, più o meno «'militante» e rivoluzionario. Sempre che ci sia: un'infinità di conflitti — politici, etnici, religiosi —possono produrre, specie nel Terzo Mondo, iniziative incontrollabili e gesti disperati. L'America e l'Occidente cercano di razionalizzare il fenomeno, per meglio controllarlo e combatterlo: ma ci si domanda, a questo punto, se esista in esso una logica, alla quale fare riferimento. Forse il più grande dramma contemporaneo. Detto questo, restano alcuni dati di fatto. Il sequestro dell'aereo della Pan Ani ha rotto la fase di tregua o di stasi, nelle attività terroristiche, seguita al «blitz» americano di aprile contro la Libia di Gheddafi. Questo e accaduto all'lndòrnani del violento discorso dello slesso Ghcddafi al vertice dei Non Allineati di Hararc. c dei suoi annunci di voler dare vita a \xrì«armuta internazionale» decisa a combattere in qualunque parte del mondo il «diavolo americano'). Discorso e annunci che hanno sconcertato una parte dell'uditorio, ma ne hanno solleticata un'altra, quella già predisposta all'estremismo anti-occidentale e all'oltranzismo islamico. Contemporaneamente, i fanatici sciiti del Libano tornavano a colpire i soldati francesi del Corpo d'interposizione dell'Onu, già detenendo altri sette francesi in ostaggio. Stabilire un nesso tra questi dati di fatto sarebbe arbitrario. Oltretulto, un'operazione come quella di Karachi doveva essere in preparazione da tempo. Ma si vuol dire che un certo clima, purtroppo, si va ricomponendo, all'interno di quel mondo islamico «duro» che alimenta la nebulosa terroristica. Ora c facile immaginare con quale tensione di nervi la su perpotenza americana reagisca al nuovo atto aggressivo, come riaffiorino le tentazioni d'infliggere lezioni severe alle centrali, vere o supposte, del terrorismo internazionale, o magari soltanto ai suoi fiancheggiatori e ispiratori. Che si sia d'accordo o no, anche questo e un dato di fatto, che peserà. Si può sperare, comunque, che l'America allarghi l'orizzonte delle sue valutazioni, per prendere atto che. se non declina la spinta delle ali estremiste, si allarga in compenso, nello stesso mondo islamico, l'arca della moderazione e del dialogo. Fra le coincidenze con la recrudescenza terroristica, ve ne sono alcune positive. Nella stessa Hararc, Yasscr Arafat ha compiuto un passo, certo non risolutivo, ma significativo, verso il riconoscimento di Israele da parte dell'Olp. mentre dura ancora l'eco dell'incontro israelo-marocchino di Ifranc. Anche la ripresa dei contatti, ancorché burrascosa, tra Israele e l'Urss è un segno nella direzione giusta. Il fine ultimo della strategia antiterroristica dell'America e dell'Occidente dev'essere quello d'incoraggiare le voci della regione, perché prevalgano su quelle del fanatismo. In qualunque parte del mondo. Anche se tutto è più difficile, dopo Karachi. AIdo Rjzzo
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