Hai l'alettone? Allora vai forte di Gianni Rogliatti

Hai l'alettone? Allora vai forte L'aerodinamica lega vetture da competizione e di serie Hai l'alettone? Allora vai forte Un artificio per «dominare» i modelli dotati di grande potenza - Aderenza e deportanza Negli ultimi dieci anni si è acuito l'interesse dei tecnici verso l'aerodinamica delle vetture da competizione e di serie. I motivi sono naturalmente diversi: nelle auto da corsa si cerca prima di tutto la velocita, nelle altre il confort dei passeggeri. Ma ci sono elementi comuni, come la riduzione dei consumi grazie alla forma e il miglioramento dell'aderenza ad alta velocità per mezzo della deportanza. Buona aerodinamica e forte deportanza non vanno d'accordo. Le monoposto di Formula 1 coi loro enormi alettoni hanno una deportanza che, alla massima velocità, raggiuge gli 800 kg ma hanno un Cx intorno allo 0,7. Le migliori auto di serie sono già al di sotto del valore di'0,30 (è 11 caso della nuova Opel Omega: '0,28). ! Sulle' vetture da turismo riorTòccorre Una grande deportanza, anzi in genere basta che l'effetto sia nullo in questo senso (deportanza zero). Più importante che la carrozzeria non sia troppo sensibile agli effetti del vento laterale ed abbia quindi una buona stabilità in tutte le condizioni. Il lavoro degli stilisti si è accompagnato a quello degli specialisti in aerodinamica, tanto che ogni nuova vettura si presenta come un miglioramento dei modelli precedenti della stessa Casa. Le linee vengono modellate alla galleria del vento, inserendo quelle caratteristi¬ che favorevoli che la pratica ha insegnato. Ad esempio, una vettura di serie non ha l'alettone anteriore come una monoposto, ma la forma del «muso», specie al di sotto dei paraurti, è studiata per deviare l'aria in modo da impedire i vortici causati dalle parti sporgenti nel pianale. Possiamo ricordare che l'Alfa Romeo 90 ha un vero e proprio alettone mobile che si abbassa per effetto della velocità ed aumenta quindi la deviazione dell'aria sotto la vettura. Fino a tre anni or sono, le monoposto di F. 1 montavano «minigonne» laterali a contatto con la pista che creavano una forte depressione sotto la macchina. Oggi queste «minigonne» sono proibite, ma gli sludi hanno mostrato che è possibile ottenere ancora un certo effètto" con un àcc .rato disegno'dei bordi delle fiancate. Ciò avviene anche per le auto di serie. Se la forma della parte anteriore della macchina è importante per ottenere una buona penetrazione nell'aria, altrettanto lo è quella posteriore. L'aria stessa deve «rinchiudersi» dopo il passaggio della vettura, creando meno vortici e quindi meno risucchio possibile. Come si è detto, le monoposto adottano un gigantesco alettone posteriore che crea una forte spinta verso il basso. Tale artificio permette di impiegare le enormi potenze disponibili (1000 cavalli). Nelle auto di serie viene disegnata una coda piuttosto alta, che si unisce alla forma rastremata del padiglione, in modo da ridurre la sezione dove si distaccano ì filetti d'aria e dove si crea la resistenza. Ma quando l'auto dispone di molta potenza ed è quindi anche molto veloce si fa ricorso agli alettoni, più piccoli di quelli della F. 1, ma pur sempre importanti. Si veda il caso della Lancia Thema Ferrari, dotata di un elemento mobile che fuoriesce dalla parte superiore del bagagliaio solo all'alta velocità. In genere, tutte le berline offerte con differenti motorizzazioni hanno particolari soluzioni aerodinamiche in coda quando si adotta il motore più potente. La nuòva Opel Omega in versione 3000 ha.un'aletta sul baul; con funzione,di convogliatore d'aria. Idem la Mercedes 190-2,3 ed altri modelli ancora. Indubbiamente queste appendici aerodinamiche hanno anche una funzione di immagine, cioè di definizione del modello con le più alte prestazioni, cosa che naturalmente non succede con tutti gli accorgimenti volti a migliorare l'aerodinamica, ma invisibili dall'esterno della vettura; oppure miglioramenti sulla superficie esterna, come i vetri a filo lamiera, l'abolizione dei gocciolatoi e di tutte le sporgenze in genere. Gianni Rogliatti