Italia-Austria: il giusto patto

Italia-Austria: il giusto patto 40 ANNI FA A PARIGI LA FIRMA DI DE GASPERIE GRUBER Italia-Austria: il giusto patto L'accordo garantiva agli abitanti di lingua tedesca delle province di Bolzano e di Trento completa parità di diritti con i cittadini di lingua italiana - Un atto di saggezza fra le trattative che ponevano fine alla guerra e mentre avvenivano bibliche migrazioni forzate di popoli - Le basi per la Regione autonoma - H dibattito internazionale Il 5 settembre di quarant'anni fa il presidente del Consiglio e ministro degli Esteri Alcide De Gasperi e il ministro degli Esteri austriaco Karl Gruber sottoscrissero a Parigi un accordo che assicurava agli abitanti di lingua tedesca della provincia di Bolzano e dei comuni bilingui della provincia di Trento completa eguaglianza di diritti rispetto agli abitanti di lingua italiana «nel quadro delle disposizioni speciali destinate a salvaguardare il carattere etnico e lo sviluppo culturale ed economico del gruppo di lingua tedesca». Esso, tra l'altro, prevedeva l'istituzione di un potere regionale autonomo, legislativo ed esecutivo e l'impegno alla revisione «In uno spirito di equità e di comprensione» delle opzioni esercitate nel 1939 a favore della cittadinanza germanica. Misura giusta ma che, coinvolgendo gran parte della popolazione di lingua tedesca, veniva a rendere incongruo un eventuale plebiscito. Questo accordo rimane, a tanta distanza di tempo e nonostante le querimonie e le polemiche tipiche di questa come di tutte le genti di frontiera del mondo intero, un'eccezione nel panorama sempre modesto e talvolta squallido delle trattative che posero fine alla seconda guerra mondiale. Non solo perché si è trattato di un atto liberamente negoziato da entrambe le parti con intelligenza e comprensione. Ma anche perché, una volta tanto, i negoziatori non ripiegarono sul passato (si pensi alle discussioni allora in corso sulle questioni coloniali), ma ebbero il coraggio di guardare all'avvenire. Ed in questo sta il merito pìiì grande idei due firmata\rijdeJVa$cordp, ed in parUpK colare ' 'deti'o'norevole De Gasperi, lui stesso uomo di frontiera, e che perciò ne conosceva a fondo problemi e stati d'animo. La documentazione d'ar- chìvio, almeno la più importante di essa, è da tempo a disposizione degli studiosi, che l'hanno utilizzata ampiamente in libri e saggi. Essa permette di seguire, passo dopo passo, l'evolversi di un negoziato reso complicato dal contemporaneo svolgersi delle trattative di pace con l'Italia e con gli altri Paesi ex nemici. Il presidente del Consiglio Patri, in una lunga lettera al presidente Truman dell'agosto 1945, mise in evidenza che una pace ingiusta imposta all'Italia avrebbe àimio la più sfavorevole influenza sul sano ed ordinato sviluppo democratico appena iniziato. E aggiungeva: «Noi non chiediamo nulla che non sia giusto ed equo, né chiediamo ciò che non possa esserci dato legittimamente o che sia stato tolto ad altri illegittimamente». Era allora corsa voce che la popolazione sudtirolese, se trasferita all'Austria, vi avrebbe rafforzato l'elemento conservatore filoccidentale. De Gasperi sì rivolse al segretario di Stato James Byrnes per dirgli tra l'altro: «Si permetta di affermare al sottoscritto, il quale fu già, -deputato al Parlamento viennese, che o si riesce a costituire uno Stato danubiano ampio ed economicamente saldo, ed allora il rincalzo dei pochi altoatesini sarà superfluo, o l'Austria, piccola ed anemica, non potrà vivere se non come protettorato di una grande nazione. Per questo incerto avvenire si dovrebbero sacrificare le minoranze italiane e ladine della provincia di Bolzano, gli interessi economici dell'Italia intera e tenere aperte le porte del Brennero al futuro Drang nach SUden germanico?». Siamo, giova ripeterlo, nell'agosto del 1945, molto tempo prima che si affermasse quel processo di integrazione europea che, seppure imperfetto ed incompiuto, ha tolto al termine •frontiera* il suo significato ottocentesco. A quarantanni di distanza non ci si rende, forse, sufficientemente conto di cosa abbia significato l'accordo De Gasperi-Gruber, in un periodo in cui avvenivano bibliche trasmigrazioni forzate di popolazioni. L'onorevole De Gasperi poteva giustamente affermare, nella lettera con cui trasmise il testo dell'accordo ai ministri degli Esteri Bevin, Bidault, Byrnes e Molotov, che il governo italiano sentiva «di apportare non solo un decisivo contributo alla soluzione del problema dell'Alto Adige, ma di compiere di fronte alle Nazioni Unite un atto di fede nel supremo valore della cooperazione internazionale». Il segretario di Stato Byrnes rispose all'onorevole De Gasperi con una lettera, in cui si legge: «Saluto con viva soddisfazione questo sviluppo delle relazioni fra due Stati, i quali danno la prova rassicurante che due nazioni, animate da principii democratici e dal rispetto del diritto dei popoli di decidere da soli le loro questioni, possono raggiungere una soluzione soddisfacente per entrambe su un vecchio dissenso». Altri statisti si congratularono con i governi italiano ed austriaco per essere giunti di comune accordo alla soluzione di una questione più ingrata che difficile. E quasi unanime fu il consenso della stampa internazionale. A quarantanni di distanza si deve constatare che è stato percorso molto cammino sulla via indicata dal patto De Gasperi-Gruber. Non tutto. Occorre però tener conto che, in questioni di frontiera, le soluzioni possono essere soltanto eque, anche se, putacaso, si invertissero i fattori. In questo nostro antico continente, le frontiere sono delle cicatrici profonde, secolari, che conservano l'irrazionalità delle vicende storiche ed un'arcaica tendenza alla sopraffazione ed al razzismo. Occorre perciò sviluppare una nuova cultura della frontiera, che raccolga il meglio delle varie civiltà, e diventi un ponte verso la collaborazione, la solidarietà e la pace tra i popoli. Occorre, soprattutto, saper capire il futuro. Enrico Serra Alcide De Gasperi e il ministro degli Esteri austrìaco Karl Gruber, gli artefici dell'accordo che nel '46 risolse una questione ingrata