Brook a Pompei: la mia Carmen è una tragedia con quattro volti

Brook a Pompei: la mia Carmen è una tragedia con quattro Incontro con il regista inglese che stasera presenta alle «Panatenee» l'opera di Bizet in una versione di un'ora e venti Brook a Pompei: la mia Carmen è una tragedia con quattro NAPOLI — Quattro Carmen nell'Odeon, l'antico teatro romano che per la prima volta dopo duemila anni è restituito allo spettacolo Hélène Delavault, Patricia Miller, Lauretta Bybee e Leslie Richards si alterneranno da stasera, fino a domenica 7 settembre, nel ruolo della protagonista dell'opera di Bizet. in una edizione singolarissima poiché la partitura è quella «rivisitata» da Marius Constant e l'allestimento è di Peter Brook, uno dei nomi di punta nel programma delle «Panatenee» pompeiane. Pallido, capelli bianchi, occhi azzurri sereni, il regista inglese si esprime in una strana lingua, a metà tra lo spagnolo e l'italiano, nel piccolo ma verdissimo giardino dell'albergo di Pompei. Brook, uomo di teatro attratto «dall'essenziale e dal tragico della vita», sfoglia un quotidiano con un commento divertito: •Cosa dicono oggi i giornali? Niente di buffo? Peccato, non si legge mai niente di buffo». Poi, parlando di lavoro, spiega perché lui, regista impegnato prevalentemente in classici di prosa, è attratto anche dall'opera lirica: «Non conosco distinzioni né generi. Sul palcoscenico l'unica cosa che conta è creare un contatto diretto con il pubblico, qualunque sia la forma dello spettacolo. Non amo la gente che conosce un'ora per bere il caffè e un'altra per prendere il tè. Il mio unico scopo è creare un'emozione». A proposito di emozioni, cosa prova a mettere in scena questa Tragèdie de Carmen (che ha ben poco dell'originale), tra le vestigia dell'antica Roma? «Quando si entra nel passato è solo per valorizzare il presente, per sottolinearlo. Oggi la vita è ordinaria, povera di emozioni, contrariamente al passato. La scelta dell'Odeion può essere spiegata cosi: la storia che arricchisce il presente. L'Odeion è come il mio teatro, "Les Bouffes du Nord" dove Carmen ha debuttato nell'81: proprio come lo voglio io, un ambiente vuoto, ma non una scatola asettica perché impregnato della presenza, dell'odore stesso dell'uomo». Parliamo della sua Tragèdie de Carmen, completamente riletta da Constant e da Jean-Claude Carrière, un'ora e 20 di spettacolo inve¬ ce delle quattro dell'opera originale. Tre cast diversi, addirittura quattro protagoniste. •Carmen non può essere definita; chi tenta una fotografia del personaggio mi fa sorridere. Carmen è mille facce di una stessa realtà. E' una donna lupo che immediatamente dopo «i fa agnello. Per questo quattro Carmen, quattro specchi che riflettono la stessa persona da diverse angolazioni». L'opera Ita ispirato anche registi cinematografici. Ci hanno provato Godard, Rosi, Saura. Quale delle tre versioni le è piaciuta di più? «Non ho visto il film di Rosi. Quello di Oodard mi sembra molto lontano da Carmen. L'opera di Saura mi ha interessato molto. Per quanto mi riguarda, non ho riadattato Bizet o Menine e :,..| ho semplicemente tratto dalla storia la tragedia». Un modo semplice per affermare dì avere completamente rivoluzionato l'opera, fin dall'inizio, essendo stata sostituita l'ouverture con l'aria delle carte». Dopo Pompei, Peter Brook porterà La tragèdie de Carmen a Cagliari, Roma, Palermo, Bari, Milano («dai mio amico Strehler», come dice il regista inglese). Nel frattempo sono in cantiere nuove edizioni di «Mahanharata», l'opero teatrale ispirata al monumentale poema indiano, il cui cast sarà notevolmente modificato. Tra le tappe previste c'è anche l'India, dove Brook trasformerà l'opera in un film. Fulvio Mllone Hélène Delavault, una delle «Carmen», e Alain Marabat