Popp è una gran voce che ora si è fatta scura

Popp è una gran vote ehe ora si è fatta stura Popp è una gran vote ehe ora si è fatta stura TORINO — Che fenomeno strano e a/fascinante è la trasformazione della voce umana: cogli anni cambiano il colore, lo spessore, le sfumature e nuove possibilità espressive si aprono a tal punto da obbligare, talvolta, l'interprete ad una trasformazione completa della propria personalità. Lucia Popp, che ha tenuto l'altra sera un bel recital al teatro Carignano per Settembre Musica, aveva debuttato a metà degli Anni 60 come soprano leggero ed in questo repertorio ha proseguito la sua brillante carriera: è stata una splendida Susanna, una squillante e luminosa Sophie, una Marzelline piena di grazia e di spirito. Oggi, la sua voce si è scurita ed irrobustita ed il passaggio al repertorio del soprano lirico deve esserle parso, ad un certo punto, del tutto naturale, se non obbligato: merito suo essersi immedesimata, psicologicamente, nei nuovi ruoli, passando con pieno successo da Susanna alla Contessa, da Sophie alle malinconie autunnali della Maresciallo. Vicino allo spirito del soprano lirico erano appunto i pezzi scelti ed eseguiti l'altra sera in compagnia con l'ottimo pianista Irtoin Gage, uno dei migliori accompagnatori di cantanti di cui disponga oggi la vita concertistica internazionale. La serata si è aperta con i Cinque canti op. 27 di Prokofiev, una vera sorpresa per chi è abituato a identificare questo musicista con lo spirito tagliente, il gusto antiromantico, la martellante rigidezza ritmica dei suoi lavori più noti. Qui Prokofiev si inserisce nella tradizione intimista della lirica da camera russa, spreme musica dal suono della parola e della frase ma non si limita ad un estriore omaggio a Mussorgski: il pianoforte, mobilissimo e baluginante, reca tracce vistose di gusti più moderni. Seguivano * Canti d'amore iop. 83 di Dvorak in cui l'ese| «tarione della Popp e di Gage s'inoltrava nel crescendo emotivo iniziato sin dalle prime note della serata: squarci incandescenti di passione, ab¬ bandoni, sussurri d'una voce duttile nel suo timbro caldo e nel gioco dei contrasti e delle sfumature. Paragonati ai Quattro Lieder op. 2 di Schoenberg che la Popp ha eseguito nella seconda parte, questi Canti di Dvorak mostrano la peculiarità di una tradizione del tutto diversa da quella più -importante» del Lied tedesco: mostrano cioè una continuità diretta con il canto popolare che non passa attraverso formalizzazioni colte ma è talmente compenetrato con il suono della parola e della lingua cèca da presentarsi immediatamente come linguaggio dell'anima. Impregnati di consapevolezza culturale sono invece i Lieder op. 2 di Schoenberg, interessantissimo incrocio di Jugendstil ed incipiente espressionismo, di stile liederistico e di gesti teatrali che quasi gli fanno violenza. La voce calda e suadente della Popp ha sfoderato qui una dose opportuna di aggressività drammatica, confermando ulteriormente la propria versatilità nei sette Lieder di Richard Strauss che concludevano il programma in una rapida alternanza di umorismo, tragedia, tenerezza, malinconie e slanci passionali. Applauditissima, insieme al bravo pianista, Lucia Popp ha cantato ancora, fuori programma, due brani di Dvorak, p. gal. Lucia Popp al Carignano: prima soprano leggero, ora lirico

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