Per avarizia Firenze ha perso due grandi bronzi di Moore

Per avarizia Firenze ha perso due grandi bronzi di Moore Lo scultore inglese aveva chiesto il rimborso delle spese Per avarizia Firenze ha perso due grandi bronzi di Moore dal nostro corrispondente FIRENZE — Il danno e la beffa. Firenze, capitale europea della cultura per l'anno in corso, scopre improvvisamente di aver perso l'occasione di avere due opere dello scultore inglese Henry Moore, morto a 88 anni di età domenica scorsa. La vicenda, che ha del paradossale, merita di essere raccontata dall'inizio. Tutto cominciò nel 1972 quando nel suggestivo scenario del Forte Belvedére, affacciato come un balcone sulla città, venne allestita la mostra di quasi 300 opere di Moore. L'iniziativa ebbe un successo strepitoso e l'esposizione, inaugurata dalla principessa Margaret, fu più volte prolungata. Per ricambiare l'entusiasmo con cui era stato accolto e per suggellare un particolare vincolo di amicizia con Firenze lo scultore inglese donò alla città un bronzo raffigurante un guerriero ferito. La statua fu collocata in uno dei cortili di Palazzo Vecchio. La donazione era però sottoposta ad una clausola non certo svantaggiosa per Firenze. Il Comune avrebbe dovuto accollarsi le spese che l'artista aveva sostenuto per la fusione del guerriero e quelle per la fusione di un altro bronzo, una grande «Maternità», anche questo destinato a Firenze. In tutto si trattava di sborsare una sessantina di milioni per due opere il cui valore complessivo era assai maggiore. Ma l'amministrazione comunale non ha mai adempiuto-al suo impegno. Non lo ha fatto la giunta allora In carica guidata dal democristiano Luciano Bausi, attuale sottosegretario alla Giustizia; non la giunta di sinistra che subentrò nel '75 con a capo 11 sindaco comunista Elio Gabbuggiani, non quelle di pentapartito con sindaco prima il prof. Alessandro Bonsanti e quindi Landò Conti SI ipotizza che l'impegno preso nel '72 sia poi caduto nel dimenticatoio quando, dopo pochi mesi, la giunta Bausi di centrosinistra, squassata da continui contrasti Interni fra de e psl. lasciò per un anno le sorti della città in mano al commissario prefettizio. Ma se il Comune di Firenze ha avuto memori^ corta altrettanto non si può dire della Fondazione Henry Moore che, nel febbraio dello scorso anno, ha scritto una lettera chiedendo la restituzione dell'opera donata. A nulla è valsa una risposta immediatamente inviata dall'assessore alla cultura Giorgio Morales. «Scrissi scusandomi per il ritardo imperdonabile — spiega l'assessore che solo in quel momento era venuto a conoscenza della storia iniziatasi 13 anni prima — e dicendo che l'amministrazione comunale era pronta a pagare i 60 milioni. Ma dalla Fondazione ci rispo- sero picche». Anche perché nel frattempo la «Maternità» era stata realizzata e venduta ad un altro compratore che per assicurarsela aveva sborsato ben 360 milioni. Cosi, dopo qualche mese, poco prima dell'estate dell'85, solerti funzionari dell'istituzione inglese si presentarono in Palazzo Vecchio e ne ripartirono con il bronzo del «Guerriero». .No, quella non era una grande opera — aggiunge Morales —, diciamo che era un'opera minore, fra l'altro esistente in più copie. La vera perdita è il bronzo che non abbiamo mai neanche potuto vedere, la "Maternità".:.». Chi non ebbe 1 tentennamenti e le dimenticanze di Firenze fu Prato. Mentre alla «capitale della cultura» non restano che le foto delle opere di Henry Moore, la città più industrializzata della Toscana possiede una grande scultura in marmo che ogni cittadino può ammirare proprio al centro di piazza San Marco. Si tratta dell'opera definita «Forma squadrata con taglio» che i pratesi chiamano più semplicemente «Il buco». Anche in questo caso lo scultore inglese pretese esclusivamente le spese per 11 materiale usato: 90 milioni che furono messi insieme dal Comune, dall'Azienda di turismo e dalla Cassa Risparmio e Depositi di Prato. Francesco Matteini