Alain Resnais cuore di cinema di Lietta Tornabuoni

Alain Resnais cuore di iinema PERSONE di Lietta Tornabuoni Alain Resnais cuore di iinema VENEZIA — Dalla terrazza del Gritti, nel bellissimo sole di settembre, se ne vanno in taxi-boat l'avvocato Agnelli (gabardine, cravatta) e la signora Agnelli (pantaloni, maglietta), e arriva in taxi-boat Alain Resnais: che immagine di cinema, capelli bianchi, impermeabile col bavero alzato, quella faccia pallida e intrepida. Ha fatto un film di adulterio, amore, morte, musica e gelosia, intitolato come un insulto, Mèlo, abbreviazione di melodramma, termine sempre usato (spesso giustamente) con ironia beffarda; l'ha fatto filmando per la prima volta un testo teatrale, e del 1929, e di Henry Bernstein, commediografo borghese molto disistimato dagli intellettuali e non più rappresentato da decenni; ha girato in 23 giorni, con pochissimi soldi («il budget più piccolo che io abbia mai avuto in vita mia»), in un unico ambiente. Che è successo? Il suo produttore Marin Karmitz, che è uno dei più intelligenti e civili, dice che già con L'amour à mori Resnais aveva anticipato la nuova scuola sentimentale, il nuovo trend del cinema francese, quel ritomo a sentimenti e passioni privati, al piacere del testo bene architettato e della buona recitazione, appena battezzato «nouveau romanesque»: praticato da registi come Doillon, Patri ce Chéreau, Téchiné. «Già. E' una scuola che nasce magari dal fatto che questo tipo di film si fanno con pochi soldi», dice Resnais. Anche il suo? «Ma no. Nessuno mi ha costretto, non è un ripiego. Non abbiamo fatto i furbi, gli snob: dal testo siamo stati davvero toccati, come ti commuovi ascoltando Bohème». Dice che lui nella parola «mèlo» avverte una dolce ironia amara, un sospiro indulgente, ma nessun sarcasmo: «La vita è mèlo, presenta situazioni melodrammatiche. Il termine è nato nell'Ottocento, per indicare quei testi teatrali in cui ogni entrata in scena dei personaggi era sottolineata dalla musica. Io ho sempre amato il romanzo popolare, l'Opera, anche certe commedie musicali». Ma pro¬ prio Bernstein? «E' la mia adolescenza, la scoperta del teatro: Pitoeff. Charles DuiUn, Jouvet, e Giraudoux, Sacha Guitry, Bernstein. Le suddivisioni di genere (teatro borghese, teatro di boulevard) non m'interessano, a teatro da ragazzo ho scoperto Pirandello ma non ho mai mancato una prima di Roussin». Sarà, ma il cattivo gusto... «Ah, buon gusto, cattivo gusto... non faccio simili distinzioni, e non ho niente da perdere». D film che voleva girare, che aveva già scritto con Milan Kundcra, esigeva anni per mettere insieme i soldi necessari, e lui non voleva stare senza far niente: così ha fatto Mèlo, di cui si dice molto soddisfatto. «Bisogna trovare soggetti sempre più economici: oggi Stavinsky o Providence non potrei più farli. E' finita, con quel cinema. Lo dico senza tristezza». Però la sua analisi della situazione non è allegra: «Credo che anche in Francia la concorrenza della televisione peggiorerà. La lotta per recuperare spettatori si fa difficilissima in lutto il mondo. Il problema è: il cinema deve essere un'attività in perdita, sovvenzionala come l'Opera o l'industria siderurgica, oppure deve seguire le leggi di mercato? Problema che si aggrava: i costi di fabbricazione del cinema crescono, i prezzi del biglietto non possono crescere in proporzione, se si vuole che la gente continui a andare al cinema». E' cambiato anche il pubblico, dice: «Non vuol più aspettare. Quando c'è un film nuovo, tutti i francesi debbono vederlo entro tre settimane, e dopo una settimana l'hanno già dimenticato. Nel 1962, io uscivo a Parigi in due, tre cinema. Adesso devo uscire in 20 cinema: costa molto di più». E' cambiato il governo e il ministro della Cultura: cambierà anche il sostegno dato al cinema dallo Stato francese? «Non sono un veggente né un extralucido. Jack Long era un uomo del mestiere, formatosi nell'esercizio teatrale, con lui avevi la sensazione di poter parlare da amico, ci è stato molto vicino. Léutard non l'ho mai incontrato. Vedremo». Alain Resnais, un film col budget più piccolo della sua vita

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