Capolavoro o feuilleton ?La Storia della Morante divide ancora i critici

Al Festival di Venezia il film Al Festival di Venezia il film tratto dal romanzo più discusso degli Anni 70 Capolavoro o feuilleton? La Storia della Morante divide ancora i critici ROMA — La Storia di Elsa Morante è di nuovo tra noi. Attesissimo film alla Mostra di Venezia con la regia di Luigi Comencini, avrà nei panni della protagonista, di Ida o Iduzza Ramundo, maestrina indifesa dal busto rinsecchito e dal fianchi sempre più larghi, ma dal viso paffuto e dagli occhi brillanti, Claudia Cardinale. Rivedremo cosi anche l'anarchico Davide, il bambino Useppe dallo sguardo turchino, lo scavezzacollo Nino, il cane Blitz, e riavremo tutto il popoloso mondo del protagonisti di quei romanzati anni 1941-1947. Perché uno dei meriti innegabili della Storia è di averci regalato questi e altri personaggi che, senza alcun dubbio, si ricordano, rimangono Impressi, stampigliati nella memoria per anni. Il romanzo ha poi contribuito a rivitalizzare, con la sua scrittura ad alta invenzione di grossa fiction, lo sparuto panorama della narrativa Italiana al momento della sua uscita. Il 1974, anno In cui il libro è apparso, è stato detto e ripetuto più volte, ha segnato la rinascita del Romanzo (e non bisogna dimenticare per questo 11 coevo Corporale di Paolo Volponi), della Grande Narrazione, deliberatamente negata, intenzionalmente ridotta In briciole, in limatura e frammenti di narrativa da un decennio di letteratura sperimentale e d'avanguardia. La Storia è stata un caso clamoroso-anche-per scelta dei Tettore) Un boom Inaspettato e Incredibile di vendite attendeva 11 libro alla sua uscita. Romanzo popolare, non solo per 11 contenuto, ma anche per il tipo di diffusione, aveva voluto Elsa Morante. Prezzo basso anzi sottocosto aveva ordinato prima di dare 11 dattiloscritto alle stampe. Einaudi aveva obbedito: lire duemila per selcentosessantun pagine e, per la prima volta nella storia di una campagna pubblicitaria editoriale, Intere pagine sul più importanti quotidiani italiani. Centomila copie la prima edizione. Dopo un mese, esaurita. Poi ventimila. Subito dopo altre centomila, portate via a raffica. Non c'era nemmeno bisogno di rimarcarlo. Mal visto In Italia, almeno dai tempi del Gattopardo, un fenomeno del genere. Immedlatamen- IN che modo si difende da quest'aria pesante che gli toglie il respiro il professionista che, naturalmente, vorrebbe leggere libri profondi come il suo sospiro quando esce dall'ufficio? Messo alle strette, egli si difende dicendo: questa roba è .soltanto letteratura.. Le epoche del passato avevano creato termini come .imbrattacarte» o -criticastro., per respingere determinate aberrazioni letterarie. Oggi Invece la stessa parola -letterato» è diventata un Insulto. «Soltanto letteratura, è un po' come dire: farfalle che svolazzano attorno alla luce artificiale, mentre fuori splende il sole. L'uomo attivo è Infastidito dall'Irrequietezza della letteratura. Chi non l'ha udito dichiarare, con laconica risolutezza, che nelle cronache giudiziarie, nei resoconti di viaggio, nelle biografie, nei discorsi politici, nelle discussioni d'affari, nelle esperienze che si fanno accanto a un letto d'ospedale, durante una scalata oppure In fabbrica c'è più poesia e più pathos che in tutta la letteratura contemporanea? Da qui alla convinzione che .nella nostra epoca febbrile e agitata da grandi eventi» solo il breve trafiletto di giornale, oppure 11 feuilleton, siano arte realmente viva, il pas- . so è breve. L'uomo attivo asslétlra che non i esiste poema più grande della vita stessa. Con il vantaggio di elevare anche se stesso al rango di genio poetico: forse che ciascuno non è in un certo senso, l'.autore» della propria esperienza vissuta? Cosi anche l'ultimo lettore sparisce. Restano soltanto i geni. E dunque non ci resta che rispondere alia domanda: come leggono 1 geni? Ma questo si sa già. I geni hanno una particolarità: raramente riconoscono le realizzazioni degli altri geni. I geni leggono soltanto ciò che 11 conferma nelle loro opinioni. E questo li annoia. I WandervOgel leggono soltanto ciò che conferma le opinioni di WandervOgel, gli psicoanalisti leggono soltanto ciò che conferma le opinioni degli psicoanallstl. E l'interessato, naturalmente, la sa sempre molto più lunga (il che è perfettamente vero). Perciò 1 geni leggono con la matita In mano e distribuiscono punti esclamativi e annotazioni in margine. Ma se, nonostante tutto, finiscono per trovarsi sotto gli occhi delle pagine di amena letteratura, 1 geni non possono soffrire la prolissità. Qualche .stimolo, è più che sufficiente. In realtà 1 geni leggono solo 1 titoli dei capitoli, come riescono a fare cosi bene sfogliando 11 giornale. Quando c'è un gran movimento di titoli, dicono: non è male; e la chiamano .vivacità spirituale». Se 1 titoli. Invece, sono pochi e sparuti, dicbno: è soltanto letteratura. In una parola: i geni leggono come si legge al giorno d'oggi. Quel che fanno quando scrivono è un'altra questione. Robert Musil te critici e scrittori assopiti nelle polemiche sul romanzo, si erano risvegliati per investire La Storia del fuoco incrociato dei propri giudizi. Mentre dalla parte degli appassionati si avanzavano paragoni con le opere dei Sommi, degli Eccelsi, degli Intramontabili, con Manzoni e con Dostoevskij, con Verga e con Tolstoij, dalla parte della discordia si parlava di romanzo enfatico e larmoyant, ' reboante e velleitario, eccessivo nelle intenzioni e scarso nella realizzazione. Ma Natalia Ginzburg dichiarava di aver pianto alla prima lettura. Geno Pampaloni si esprimeva in termini di .bellezza folgorante», mentre Enzo Siciliano al contrario disapprovava l'intera operazione. A questi interventi, con l'avanzare della polemica, si aggiungevano gli articoli di Nanni Balestrini, di Rossana Rossanda, di Cesare Garboli e di molti altri, mentre pacchi di lettere prò e contro si ammonticchiavano nelle redazioni dei quotidiani. Una marmellata di interrogativi, spesso di natura ideologica, allontanava da quello che avrebbe dovuto essere il discorso sulla specifica qualità letteraria del romanzo. Le domande più diffuse — attenzione a non sorridere dell'elenco! — erano: se il romanzo era marxista, se si trattava di arte proletaria, se la sua visione del mondo era corretta; se era un revival del neorealismo, se gli apparteneva un vero umanitarismo. Cosa faceva, come reagiva la scrittrice di fronte allo sconvolgimento da lei stessa creato? Con il silenzio. Non diceva nulla, si rifiutava di rilasciare" interviste e affermava che quanto aveva da dire lo aveva già espresso tramite la scrittura letteraria. Conduceva cosi la vita di sempre, con gli stessi amici, la frequentazione degli stessi ristoranti, le passeggiate intorno a Piazza del Popolo e le soste da Rosati e intanto si accingeva alla futura e conclusiva fatica della sua vita: Aracoeli. E oggi? Che effetto fa rileggere La Storia? Potrebbe rinascere un caso analogo a quello di dodici anni fa? Probabilmente no. Però La Storia in maniera sorprendente continua a dividere. E i pareri di vecchi e nuovi lettori rimangono assolutamente discordanti. Cesare Garboli, che aveva partecipato alla polemica come uno dei più caldi sostenitori, afferma: -La Storia è un capolavoro. Non è, come ('laudia Cardinale in n una scena del film «La storia» spesso si dice, un libro contro la storia, ma contro l'irrealtà. C'è un'epigrafe al libro, una frase di Gramsci che suona cosi "Tutti i semi sono falliti, eccettuato uno die non so cosa sia, ma che probabilmente è un fiore e non è un'erbaccia". La storia per la Morante è un'erbaccia. Tutti i fiori sono falliti tranne uno. E l'irrealtà di cui parlavo e l'erbaccia che alimenta e nutre l'irrazionalità dello sviluppo, la borghesizzazione assoluta, la totale remissione al produrre e al consumare. C'è un fortissimo messaggio anticulturale nel romanzo. Ancora, un verso di Cesar Vallejo è posto come dedica: "Por el analfebeto a quien escribo". Una volta Elsa mi disse che aveva concepito il romanzo come un gesto, un'azione. Ed era un'azione proprio contro l'uso che "gli alfabeti" fanno della cultura.. Alberto Moravia pur dichiarando la sua ammirazione preferisce mantenere un assoluto riserbo: .Come si fa a dire in poche righe quello che si pensa di una grande scrittrice? Servirebbe un lunghissimo saggio, un'analisi dettagliata dei suoi ramami. Sarebbe l'unico modo per renderle il dovuto omaggio. E poi parlare della Storia mi risveglia dentro — conclude con improvvisa emozione — un inferno di cose». Paolo Volponi è tra i pochi che ha un atteggiamento equidistante nei confronti del romanzo e tende a rilevarne pregi e difetti -A me è piaciuto. E molto. Ma non è certamente il romanzo più importante degli ultimi trentanni. Ciò non toglie che gli appartiene una carica emotiva e comunicativa molto forte. Vi sono però parti narrative un po' documentaristiclie. fatte di ritardi, di indulgenze, di pesantezze rappresentative. Ma quando la scrittura entra net cuore dei personaggi è folgorante. Piena di slanci e di intuizioni poetiche. Ha saputo riproporre il genere romanzo in un momento in cui era in declino. E ha conquistato migliaia di persone, anche di giovani, alla lettura*. Giovanni Giudici è. senza riserve, nella schiera degli entusiasti: •Io sono un lettore molto pigro. Quando La Storia è uscita l'ho letto in due giorni. Per i miei tempi, un record assoluto. Che si sia trattato veramente di un romanzo popolare l'ho sperimentato su me stesso. Cosi non trovo pertinente nessuna delle critiche rivolte al libro. Mi sento poi di dover parlare non solo come lettore ma anche come amico di Elsa. E, con questa doppia prospettiva, non esito ad affermare che il circuito della poesia è presente in questo libro come in tutti gli altri della Morante* Luigi Malerba ha invece un giudizio molto netto, ironico e preciso: .Dispiace che per tanti lettori il nome di una ottima scrittrice come Elsa Mot ante sia legato alla Storia. Che certamente sia un libro illeggibile lo dimostrano le seicentomila copie vendute. Comunque i brutti libri sono in genere delle ottime occasioni per ricavarne dei bei film*. Gina Lagorio si esprime con parole di assoluta ammirazione: .Ho incontrato Elsa Morante due volte: una nell'ultimo tempo del "Mondo" di Pannunzio cui ero anch'io approdata; l'altra, in clinica nel momento della ripresa. Di lei conservo un ricordo dolcissimo che appartiene alla mia storia privata. Della scrittrice ho detto quello die pensavo ogni volta che se ne è presentata l'occasione, fino alla recensione di Aracoeli. Per me è tra i po¬

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