Guardo la tv dunque non penso

Il sociologo Postman accusa: un divertimento che uccide la cultura Il sociologo Postman accusa: un divertimento che uccide la cultura Guardo la tv, dunque non penso VENNE la tecnica dello scrivere, trenta secoli fa, e dovunque essa si diffuse il modo di pensare e i rapporti sociali, prima sorretti solo dalla parola parlata, ne uscirono trasformati. Nel Cinquecento, la parola scritta trovò il supporto della stampa, e apri le porte al mondo moderno. Dopo i due Importanti libri, tradotti di recente dal Mulino, di Walter Ong (Oralità e scrittura) e di Elizabeth Eisenstein (La rivoluzione inavvertita), dedicati a questi fondamentali stadi di crescita della parola e dei sistemi socio-culturali con essa connaturati. Neil Postman, docente di scienze della comunicazione all'Università di New York, descrive i prodromi d'un terzo stadio, nel quale la parola stampata potrebbe semplicemente scomparire. E. con essa, ogni conversazione pubblica seria e razionale, ogni esposizione meditata di argomenti volti a informare e a convincere per mezzo della stampa, della parola da guardare, che l'occhio fissa sulla pagina e la mente in se stessa. Secondo Postman, tra Orwell e Huxley, i due profeti letterari della cultura che finisce, in un caso diventando prigione, nell'altro farsa, è il secondo che ha visto giu¬ sto. Non sarà l'oppressione d'un dittatore a condannare la parola stampata, ma una tecnologia che prima sollecita il riso in luogo del pensiero, poi preclude alla gente di sapere per che cosa ride, e perché ha smesso di pensare; come appunto Huxley aveva previsto nel Mondo nuovo, cinquantanni fa. Una tecnologia capace di tanto non può essere che la televisione. Postman applica alla tv un criterio esplicativo degli effetti sociali della tecnologia che fu elaborato da Marx, ben prima di McLuhan. e più indietro ancora addirittura da Platone. Una tecnologia che si diffonde capillarmente nella società, avevano compreso questi classici, non è solo uno strumento che influisce sull'esistenza collettiva con le sue prestazioni specifiche; diventa al tempo stesso metafora universale, epistemologia, modo per interpretare il mondo e definire il vero. A fronte di tale funzione i suoi contenuti appaiono del tutto irrilevanti. La nuova tecnologia avvolge l'esperienza individuale e collettiva in una trama alla quale non sfugge nulla, e rende quindi impossibile formulare giudizi appoggiati d punti di vista esterni ad essa. Cosi avvenne Per essere invisibili Fino a poco tempo fa. i Ninja nessuno sapeva chi lossero. Poi sono cominciati a comparire in qualche.film d'azione certi personaggi vestiti di nero, con un cappuccio che lasciava fuori appena una striscia latta di duo glaciali occhi a mandorla: killer implacabili, dotati di un prodigioso armamento, abilissimi e silenti come gain. Questa immagine popolare di una delle più ambigue e sfuggenti ligure marziali giapponesi e al centro del libro di Bruno Abiem. «Ninjutsu. l'arte dell'invisibilità" (Edizioni Mediterranee, pp. 1.57. L. 20 mila). L'autore illustra gli aspetti filosofici e storici del inondo dei Guerrieri della Tenebra» per passare ad occuparsi dei dettagli più tecnici del combattimento e dell'uso delle armi. tei q > JEFFREY Burton Russell continua a studiare il .signore del Male» in Satana, il Diavolo e l'inferno tra il primo e il quinto secolo. Un precedente libro sul concetto del Diavolo nel pensiero ebraico e cristiano delle origini è del 1977 e un terzo su Belzeml è appena uscito nepli Stati Uniti. J.B. Russell e uno storico clie ha il coraggio di ■ raccontare» le idee e anche di «parteciparvi» In certa misura: questo garantisce chiarezza e godibilità ai suoi scritti anche di fronte al vasto pubblico. Sembra a volte pervaso dalla stessa ansia che animava i pensatori cristiani dei primi secoli nel loro tentativo di spiegare e storicizzare il demonio. Come Agostino, che vedeva nella caduta di Roma di fronte ai Visigoti una manifestazione del potere devastante di Satana. Russell si sbilancia a confessare -il fatto innegabile è vite Dio Ita creato e tiene in vita un mondo che comprende in sé il napalm sui bambini». E da parte di uno storico questa non sembra una grande manifestazione di distacco scientifico. Ma chi l'ha detto che sia tanto utile il distacco? Russell arriva addirittura ad ammettere -sono ancora propenso a credere che il Diavolo esista e che le sue opere si manifestino tra noi con dolorosa evidenza». E in tutta l'opera il «racconto» I primi cristiani e l'inferno in una ricerca di J.B. Russell per la parola prima scritta, poi stampata. Ora il monopolio di questa è stato definitivamente spezzato dalla televisione, e l'era della Esposizione Argomentata, del discorso costruito in base alle esigenze di razionalità imposte congiuntamente dalla stampa e dalla lettura, volge alla fine. Alla luce del criterio applicato da Postman, la televisione non ha evidentemente scampo. Poiché non sono i suoi contenuti quelli che contano, bensì il modo in cui essa converte in spettacolo e divertimento tutto ciò che tocca, essa non è riformabile. E' vano cercar di renderla più seria, aumentare in essa la presenza della cultura libresca, trasmettere conversazioni articolate come se fossero scritte. La sua vocazione, anche quando trasmette notizie di disastri, è l'immagine a fini di divertimento; termine che vuol dire in senso stretto di-vertere, distogliere l'ascoltatore da altri pensieri. Perciò la televisione, quand'anche nutrisse intenzioni opposte, non può servire a estendere la parola stampata, la cultura libresca; può soltanto distruggerla. Per comprendere l'asprezza con cui Postman attacca la televisione va tenuta presente non soltanto la maggior anzianità di questo mezzo negli Stati Uniti, che Ita già reso più evidenti che non in Europa i segni di rimbecillimento da video, ma anche la particolare storia della cultura americana. Nel Seicento e nel Settecento, e fin verso la metà del secolo scorso, gli americani d'ogni classe sociale furono consumatori senza pari di carta stampata, membri di una società dal tasso di alfabetizzazione altissimo: dove nel 1776, con circa tre milioni di abitanti, un pamphlet politicò come II senso comune di Tom Paine poteva arrivare a vendere 100.000 copie in due mesi. L'invettiva dell'autore appare dunque alimentata anche dal rimpianto per vedere distrutto un ambiente culturale così ricco. In Italia qualcuno potrebbe sostenere che, essendo da sempre la lettura un'attività di pochi, la tv non può recare guasti analoghi, e magari può indurre qualcuno a scoprire i piaceri della parola a stampa. Provi a sostener/o, se ci riesce, dopo aver letto il libro di Postman; a patto, ovviamente, che lo faccia per iscritto. „ _ ... Luciano Gallino Neil Postman, «Divertirsi da morire. Il Discorso pubblico nell'Era dello Spettacolo», Longanesi, 169 pagine, 20.000 lire. . T sogni compiuti in \\ X Prosslmità della morte mostrano tutti che l'inconscio, ossia il mondo degli istinti, non prepara la coscienza a una fine definitiva, ma piuttosto a una trasformazione profonda e a una continuazione del processo vitale la cui natura sfugge ai mezzi della nostra coscienza ordinaria». Con queste parole Marie L. von Franz conclude un ampio saggio su I sogni e la morte, il cui interesse principale sta nella ricchezza di informazioni sul simbolismo della morte e della resurrezione nei miti e rituali religiosi cosi come nei sogni dei moribondi. In questi ultimi ricorrono spesso immagini e situazioni die, in analogia con i miti di creazione, alludono alla separazione degli elementi, oppure all'attraversamento delle acque o del fuoco, alla trasformazione del corpo fisico in corpo spirituale, al risveglio in un'altra dimensione esistenziale. Non rari sono i sogni in cui appare il tema della rinascita (attraversamento di tunnel o di sentieri strettii e del rinnovarsi della vegetazione, o anche il motivo nuziale, .in cui l'io del moribondo si fonde con l'anima del Tutto, con l'-anima mundi» nel grembo della natura. Già Artemidoro scriveva die sognare le nozze significa sognare la morte, perdié «rappresentano entrambe un momento con- La psicanalisi e i simbin un saggio di Marie si combattono e si rimescolano nel faticoso costruirsi del pensiero cristiano nei trecentocìnquant'anni che vanno da Ignazio d'Antiochia ad Agostino: un fondamentale monismo e un radicale dualismo. Da un primitivo monismo di ascendenza ebraica in cui bene e male sono considerati due aspetti di Dio. a un esasperato dualismo di stampo gnostico e manicheo (dove Dio e Diavolo sono consederati principi opposti, come due dei, uno il buon Signore, l'altro il -conditor malorum», autore del mondo materiale), la tradizione cristiana si struttura man mano verso una posizione intermedia che vede il Diavolo come creatura di Dio e suo irriducibile avversario. E di questo Avversario l'immagine forse più efficace e anche la più carica di speranza (per chi. come l'autore, crede che il Diavolo esista con tutto il suo potere distruttivo) è quella dataci da Atanasio, nel quarto secolo: Satana è vivo e reale, ma viaggia per il mondo con un uncino infilatogli da Cristo nelle nari. Compito del cristiano è attaccarsi a quell'uncino e tirare, cosi da controllare e render mansueto il Male.

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