Sorpresa: le scandalose «Notti di Mosca» le ha scritte un professore italiano di Mirella Serri

Sorpresa: le scandalose «Notti di Mosca» le ha scritte un professore italiano Sorpresa: le scandalose «Notti di Mosca» le ha scritte un professore italiano sore di lingua e letteratura russa, Pietro Zveteremich, mezzo italiano (padre slavo e madre milanese), il cui nome appariva come quello del traduttore del libro e che, a sua volta, si è cimentato con Pasternak, che ha vissuto gran parte della sua vita nel nostro Paese ed insegna all'università di Messina. In quanto scherzo in dimensione kolossal (il libro è stato tradotto in inglese, francese, giapponese) non è niente male. Ma come mai, al momento della pubblicazione, Le notti di Mosca fecero tanto rumore? Solo per il contenuto erotico e per l'ambientazione? Il romanzo sicuramente stupì perché di tono esagerato, grottesco, è dotato di' una vena polemica, che aveva l'ambizione, sicuramente sproporzionata, di un messaggio sulla vera realtà della Russia, sul socialismo e sulla fine delle illusioni e delle utopie. I russi, protagonisti del racconto, si lasciano andare ad ogni sorta di sfrenatezze e di eccessi e ne combinano di tutti i colori. Ci troviamo in un Bronx moscovita con mafie, bande di teppisti, associazioni per delinquere che non rispettano nemmeno i cadaveri, spaccio di droga, corruzione, corse di cavalli truccate, ri¬ ROMA — Nel 1971 era apparso come un vero e proprio romanzo a luci rosse. Di rosso aveva non solo il contenuto pornografico, ma anche il colore della copertina delle edizioni Olympia Press e la dicitura, in basso, non troppo evidente, «un romanzo solo per adùta». Le notti di Mosca era destinato a sollevare scalpore. Perché era stato scritto in una lingua, il russo, in cui da almeno cinquantanni la pornografia non veniva frequentata, era ambientato in Unione Sovietica e dimostrava una notevole conoscenza di luoghi e situazioni. Chi era l'autore? Un dissidente, un russo burlone, una talpa mascherata, un personaggio importante che si toglieva il gusto della presa in giro ed anche della rivelazione diffamatoria di una certa realtà mode in Urss? Vlas Tenin, suonava lo pseudonimo con cui il libro era firmato. E »ten», suggerivano gli esperti nella lingua della Grande Madre Russia, vuol dire «ombra». Di chi era la mano celata dietro lo scrittore-ombra? Come autori sicuri vennero dati in primo luogo il genero di Kruscev, poi il direttore della •Literaturnaja Gazeta», in seguito Konsalik, lo scrittore tedesco che confessò però di non conoscere la lingua e infine l'agenzia Novosti lo indicò come un individuo qualunque, un russo •amorale, che odiava la propria terra e il proprio popolo». Ora a quindici anni di distanza abbiamo la ristampa (SugàrCo edizioni, L. 18.000) e il nome dell'autore. Sorpresa! Non un membro del Comitato Centrale, non il direttore di un giornale, non uno scrittore del •sai.iizdat», del circuito clandestino e nemmeno un abitante dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Ma un insospettabile profes¬ catti, prostituzione, e cosi via. In tutto questo intreccio di corpi e di corse al guadagno, scritto in puro slang moscovita — come mi assicura Pietro Zveteremich che sono andata ad intervistare nella sua casa romana —, un linguaggio in cui si avverte una reboante aggettivazione porno, ogni tanto appaiono tocchi alla Nabokov, come quando l'autore ci fa incontrare una Lolita russa, più pacificata e conciliata con il suo ruolo di quella a malaugurata disposizione di Humbert Humbert. «Una lingua da trivio, dissacrante — commento Pietro Zveteremic immerso nella penombra del salotto, nelle volute azzurre di un enorme sigaro —. Sono stato in anticipo sul tempi. Solo oggi si comincia a scrivere in un russo come questo. E poi mi piaceva molto l'idea di farmi beffe dei sovietici. Non ci sono riuscito? Anche negli ambienti moscoviti in cui il libro è arrivato nessuno mai ha dubitato che non fosse stata opera di un russo». Come le. è nata l'idea di questo romanzo? «Per caso. Durante alcuni incontri con Maurice Girodias, che è stato anche editore di Henry Miller, Beckett, Nabokov. Ho buttato Una veduta notturna di Mosca giù la prima stesura in pochi mesi e mandavo cento, centocinquanta pagine all'editore. I consulenti subito me le rinviavano facendomi osservazioni cretine e confermandomi nell'idea che il libro andava scritto perché della realtà russa non si sapeva assolutamente nulla. Mi dicevano, per esempio, che in Russia non si suona la chitarra, ma la balalajka. E io rispondevo che 1 russi questo strumento non l'hanno più visto dalla fine dell'800. Obiettavano che in Unione Sovietica non c'è la droga. Figuriamoci! E nemmeno le macchine americane. Ma in Russia c'è di tutto!». Come mal ha deciso di ristamparlo? «Mi è arrivata alcuni mesi fa una lettera della SugarCo che mi faceva questa proposta. Deve aver saputo dall'Olympia che l'autore ero lo. Perché non ripubblicare 11 libro? In quel periodo c'era il progetto di legge Degan sul fumo che Implicitamente ci avvertiva che dobbiamo morire tutti di cancro. Allora, mi sono detto — intonto aspira voluttuose boccate dal sigaro che sembra non finire mai — meglio avere qualcosa da lasciare ad amici e parenti». Come concilia la sua immagine di studioso, di prò-, fessore universitario con) quella di un libro, diciamo così, •solo per adulti»? «Quando l'ho scritto non ero ancora professore. Gestivo una sala cinematografica. Anche Joyce ha avuto per qualche tempo un cinema. Volevo fare come lui e mettermi a scrivere nel retro oppure stando alla cassa. Illa lei pensa veramente che ci sia incompatibilità tra l'accademia e un libro come il mio? In alcune università americane l'hanno anche adottato per insegnare agli studenti il russo vero, il russo parlato. Mirella Serri

Persone citate: Beckett, Degan, Henry Miller, Humbert Humbert, Konsalik, Kruscev, Maurice Girodias, Nabokov, Pasternak