Iris Origo: l'Italia che ho scoperto

La scrittrice inglese ci parla di viaggi e incontri alla ricerca dei suoi personaggi La scrittrice inglese ci parla di viaggi e incontri alla ricerca dei suoi personaggi Iris Origo: l'Italia che ho scoperto CHIANOIANO — Nata nel 1902 in Inghilterra, figlia di un padre americano e di una madre anglo-irlandese, cresciuta nella Firenze colta e cosmopolita di Bernard Berenson, abituata fin dalla primissima infanzia a viaggiare. Iris Origo appartiene a quella razza speciale di anglosassoni che scegliendo, generazione dopo generazione, di vivere in Toscana, sono diventati parte integrante della sua tradizione culturale, custodi tra 1 più intelligenti e appassionati della sua civiltà. •La migliore scrittrice in lingua inglese di cose italiane., come l'ha definita Raymond Mortimer, recensendo sul Sunday Times il suo libro più celebre, Il mercante di Prato (1957), ha fatto, da oltre sessantanni, della Val d'Orcia la sua patria d'elezione. Qui, a La Foce, assieme al marito Antonio, e certamente assistita dallo spirito pionieristico e dalla fantasia utopica dei suoi antenati americani, la Origo ha creato una grande azienda modello e uno stupendo giardino all'italiana, su una terra cretosa e arida che sembrava inesorabilmente destinata all'abbandono e alla miseria. E' probabilmente per quello stesso Bisogno di testimoniare che ha ispirato la sua ultima raccolta di saggi (tradotta da Longanesi, nel 1985, e di cui Angela Bianchini ha reso conto su queste pagine il 21 settembre scorso), come pure la sua autobiografia (Immagini ed ombre, Longanesi, 1984) che Iris Origo si sforza di rispondere alle mie domande sull'Italia, l'Italia che lei ha conosciuto e amato. La sua cortese reticenza non è soltanto l'espressione di un temperamento molto privato, che predilige la concisione e rifugge dall'enfasi, nasce anche dalla consapevolezza che in un'epoca di consumi di massa, la bellezza fragilissima del paesaggio ha bisogno di segretezza per sopravvivere. Se è disposta a dichiarare — con la massima punta di entusiasmo che registrerà la nostra conversazione — che «uno delle più belle cose che ci siano in Italia, e uno dei più bei giardini del mondo è Ninfa*, ciò è dovuto anche alla consapevolezza che la Fondazione Ceatani protegge con implacabile intransigenza questo parco mirabile, creato da Margherita Caetani, la fondatrice di Commerce e dì Botteghe Oscure, tra. le rovine di un borgo medievale, nella pianura sottostante il castello di Sermoneta, vicino a Cisterna. — Marchesa Origo, cosa indusse sua madre a stabilirsi in Italia? «Mio padre, che era americano, pensava che non si dovesse vivere radicati a un unico Paese e quando è morto, a soli trentatré anni, ha lasciato a mia madre una lettera in cui chiedeva che io venissi educata in un Paese che non fosse né l'Inghilterra né gli Stati Uniti, in modo da poter poi scegliere liberamente la vita che mi fosse più. congeniale. Una scelta che poi effettivamente ho fatto sposando un italiano». — Quali sono i suoi primi ricordi dell'Italia? •Il mio primo incontro con l'Italia non fu molto lieto: avevo otto anni, mio padre che io adoravo era «Glamour» di Vittorio Giardino visitato quando ho cercato di ripercorrere le orme dei personaggi che ho studiato. Grazie a San Bernardino, a esempio ^Bernardino da Siena e il suo tempoA ho fatto le più belle passeggiate della mia vita, a piedi, su per il Monte Amiata, dove lui aveva il suo eremo e trascorse i primi anni del suo noviziato. Lassù, dove sorgeva un piccolo convento e una torre che ora non c'è più, ho avuto veramente il senso dell'ambiente in cui aveva vissuto Bernardino. Un luogo bellissimo, con una vista stupenda, dove, quand'è limpido, si può vedere il mare». • Un altro versante del Monte Amiata, il Monte Labbro, è stato mèta di gite che rifarei volentieri, sulle tracce di un predicatore di tutt'altro tipo da San Bernardino, di cui pure avrei voluto scrivere. Là, intorno al 1870, in un paesaggio aspro e selvaggio, era sorta una comunità religiosa, raccoltasi intorno alla predicazione di Davide Lazzaretti, un semplice barrocciaio toscano che dichiarava di essere una seconda incarnazione di Cristo. Condannato dalla Chiesa come eretico e dalle autorità civili come anarchico e sobillatore, Lazzaretti venne ucciso dalla polizia mentre scendeva dal Monte Labbro alla testa di una processione di povera gente che cantava*. • Un'altra cosa, in Toscana, che tornerei volentieri a visitare, questa volta solo per interesse artistico, è un posto non lontano da Pitigliano, Sovana, una piccola città, abbandonata nel XII secolo per la malaria, di cui rimangono poche case diroccate. Ma su una spianata erbosa, nel silenzio e nella solitudine, sorge una modesta ma bellissima chiesa del XII secolo dedicata a San Pietro e Paolo. Poi, se se ne hanno le energie, scendendo per un sentiero intagliato nel tufo, si sprofonda in un burrone di roccia ■gialla e si raggiunge una straordinaria necropoli etrusco, che doveva sorgere lungo la strada ine gli etruschi prendevano per andare al Nord. Un altro posto che vale la pena di visitare, sebbene la zona tuttlntorno sia stata molto rovinata, è Populonia, un borgo medioevale anch'esso di origine etrusco, in cima a una ahura che domina le pianure della Maremma, non lontano da Piombino'. — Nella sua autobiografia parlando della visita fatta a Recanati, in funzione del suo studio su Leopardi, lei scrive che «simili viaggi rappresentano più di un pellegrinaggio sentimentale: sono qualcosa di simile alla necessità di passarsi le mani sul viso quando ci si sente offuscare la vista». •E' vero. Nulla di quanto si può apprendere da carte e libri può sostituire la visione diretta, la sensazione di aver vissuto nello stesso ambiente fisico. Non dimenticherò mai l'impressione di tristezza della grande gelida biblioteca paterna in cui Leopardi lavorava. Impossibile non provare una grande emozione. Allora Recanati mi parve bellissima, solitaria. Oggi purtroppo ci sono troppe iscrizioni, troppe indicazioni: "per il colle dell'Infinito", "per la casa di Silvia" ecc. Ma è comunque una tappa Importante del mio itinerario di scrittrice: « Un altro bellissimo viaggio è quello che ho com¬ Perugino: «Annunciazione», particolare morto da poco, non capivo l'italiano, non conoscevo nessuno. Ci stabilimmo a Fiesole dove mia madre aveva comperato la Villa Medici, costruita da Michélozzo per Cosimo de' Medici, dove Cristoforo Landino aveva scritto i Commentari a Dante e il Poliziano il Busticus. Certo nessun bambino avrebbe potuto avere una casa più bella. I primi ricordi italiani felici furono l'amicizia con Nannina Fossi, di poco più grande di me, che mi prese sotto la sua protezione chiamandomi "la povera piccola derelitta della collina fiesolana", e l'incontro con il professor Solone Monti, grande classicista, amico di Pascoli e Valgimigli, che diventò il mio insegnante che risvegliò in me la passione per la storia e la letteratura'. — Qual è l'Italia che ama di più, il suo itinerario, di viaggio ideale? «Le cose che ho goduto di più sono i luoghi che ho Pietro Zveteremich (alias Vlas Teci spiega il mistero del suo libro nin) piuto sulle tracce di Byron e del suo ultimo amore, la marchesa Guiccioli (The last attachment, Londra, 1971): Ravenna, le ville del Brenta, Asolo: posti oggettivamente bellissimi'. — Ma al di là della ricerca delle impronte lasciate dal personaggi che lei ha studiato, cos'è il viaggio per lei? Un itinerario essenzialmente artistico e culturale, un'avventura? •Anche nella vita più felice c'è bisogno di evasione e il viaggio è innanzitutto evasione e avventura. E anche per questo ho un ricordo meraviglioso di un viaggio che feci nel 1929, con mio marito e un nostro amico, nel Sud d'Italia, in Calabria e in Puglia. Viaggiavamo in un camion e portavamo con noi delle tende. Viaggiavamo per giorni e giorni, senza incontrare nessuno, o al massimo qualche pastore. La notte ci accampavamo vicino a un torrente o a una sorgente d'acqua. La cosa straordinaria era che al mattino, quando ci svegliavamo, eravamo circondati da ragazzini, sbucati da chissà dove, che volevano vederci vestire. Pensavano che fossimo dei venditori ambulanti, in giro da una fiera all'altra, ma un giorno che offrii a uno di loro un pezzetto di cioccolato, il fratello maggiore del bambino gli disse: "Butta via, è merda". Non avevano mai visto il cioccolato'. •Ricordo che in questa grande solitudine, un giorno, arrivammo in cima a una collina, non lontano da Rossano. Una giovane contadina aspettava davanti a un cimitero di campagna, e aveva accanto a sé una piccola bara celeste e rosa. Aveva portato da sé, tutta da sola, il bambino che le era morto, per dargli sepoltura, e aspettava che aprissero il cimitero'. •Mi dicono che il Sud d'Italia è profondamente cambiato, reso irriconoscibile dal grande turismo, ma questo non può riguardare i suoi monumenti. Ricordo la bellissima chiesa dell'XI secolo a Rossano, con l'altare rivolto verso i fedeli, come nelle chiese ortodosse, dove era custodito uno dei più antichi e più bei codici conosciuti, il Codice Purpureo; ricordo Trani, con il grande castello di Barbarossa e tutto il giro del Gargano, e Monte San Michele, uno dei più antichi santuari d'Italia e la bellissima piccola chiesa del XII secolo, nella pianura sottostante. E ricordo la sorpresa di Lecce, con la sua architettura barocca, in mezzo a tanti monumenti medioevali. E poi la Sicilia e lo splendore di Monreale e l'arrivo a Segesta, a piedi o a cavallo, con il tempio che si ergeva nell'assoluta solitudine». •Ricordo infine Otranto, dove c'è una delle più belle chiese che abbia mai visto. Il pavimento è costituito da un grande, meraviglioso mosaico, che rappresenta l'albero della vita. Chiesi a Zanotti Bianco, che mi accompagnava, la ragione per cui si era conservato così perfettamente e lui mi rispose che aveva fatto la stessa domanda al sacrestano, il quale gli aveva risposto che a preservarlo così era stata la miseria: la gente che andava in quella chiesa non aveva scarpe'. Benedetta Craveri