Gli scampati al gulag si dividono all'Ovest

INTERNO/ESTERO INTERNO/ESTERO Si approfondiscono le lacerazioni tra gli emigrati russi, a mezzo secolo dal terrore staliniano Gli scampati al gulag si dividono all'Ovest Cinquantanni fa l'alba fos€a delle grandi purghe di Stalin il gruppo «Posev», una delle più importanti case editrici in lingua russa, ha licenziato il direttore di "Grani" - Dura replica di Vladimov Ci è arrivato, giorni la, l'ultimo numero della rivista letteraria Kontlnent (quarantotto), che da dodici anni dirige, a Parigi, il notissimo romanziere russo In esilio Vladimir Makslmov. Polemista efficace • durissimo fino all'Intolleranza (secondo molti del suol avversari), Makslmov redige, sulla sua rivista, una «colonnina del Direttore» che ospita I suoi acumlnatlsslml strali contro intellettuali e politici occidentali, ma anche contro •emigrati-, colpevoli — secondo lui — di non capire le Iniziative e I comportamenti ora •destabilizzanti», ora «dlsinlormantl» del Cremlino. Con Kontlnent hanno rotto, in un passato più o meno recente, scrittori famosi della «terza emigrazione» (quella dell'epoca breznevlana), entrati nella redazione: tra questi Viktor Nekrasov e Andre] Slnlavaklj: quest'ultimo, uscito dalla redazione di Kontlnent, ha fondato alcuni anni fa una sua rivista, Syntaksis, e una casa editrice dello stesso nome, specializzate nella pubblicazione di opere Il cui stile e contenuto si distinguono più per novità e Inclinazione allo sperimentalismo letterario, che per un impegno politico e ideologico diretto. Il numero citato di Kontlnent rivela, ora, una nuova ma più aspra e ampia lacerazione all'interno del composito mondo dell'emigra zlone sovletlco-russo i cui tram menti più attivi sono disseminati tra Parigi, New York, Gerusalemme e Francoforte (o Monaco di Baviera). Solo Solgenltsyn si è chiuso in un fervido e tenace isolamento nel Vermont (Usa) dove attende alla stesura dei nuovi •nodi» della sua Ruota rossa, Il grandioso affresco sulla rivoluzione russa che è, ormai, lo scopo esclusivo della sua vita di uomo e di scrittore. La nuova lacerazione s'ò aperta tra II gruppo che chiameremmo «tedesco» e che fa capo alle odi zlonl «Posev» (tre riviste e una delle più Importanti case editrici in lingua russa che si trovino In Occidente, con una vasta e varia attività di distribuzione) e la mag gioranza delle personalità più rap presentative della «terza emigra' zlone»: tra tutti, citiamo II celebre dissidente Bukovsklf, la poetessa Gorbanevskaja, Il poeta BrodsklJ, I registi LJublmov e Tarkovskij, I ro manzleri Akslonov, Makslmov « Nekrasov, lo scultore N|zvestnyJ il pittore Soemjakln). Il gruppo di «Posev» (che è anche Il nome di un mensile politi' co, legato all'emigrazione degli Anni Quaranta, detta «seconda ondata») è colpevole di aver li' cenzlato dalla direzione della rivista letteraria Grani (odila da «Po sev»: è anche una delle più importanti, prestigiose e popolari dell'emigrazione russa; vi sono comparse le pagine più significa' Uve del dissenso letterario degli ultimi treni'anni) lo scrittore Georgi) Vladimov. Questi, cinquantacinquenne, di rigeva Grani da quando arrivò dall'Urea, nel maggio '83, in Germania federale. Vladimov, espulso dall'Unione degli scrittori dell'Urea, privato del mezzi di sussistenza e della possibilità di continuare a fare lo scrittore In patria, aveva raggiunto una considerevole notorietà negli Anni Sessanta come uno degli autori del «disgelo», con I suol romanzi Il grande filone e Tre minuti di silenzio (quest'ultimo pubblicato In versione Integrale quest'anno da Jaca Book). Al aamlzdat, Vladimov aveva affidato Il suo capolavoro, un romanzo breve intitolalo «Il fedele Ruslan», emblematica storia di un cane da lager che, dopo la morte di Stalin e la chiusura di centinaia di «campi», perde il suo lavoro e si scontra, Uno alla morte, con un mondo ormai estraneo e ostile. Ora, Vladimov (che ha diretto anche la sezione moscovita di «Amnesty International») viene licenziato da «Grani» per «comportamento sleale» nel confronti del gruppo politico che dirige l'editoriale «Posev», cioè l'Unione nazionale del lavoro (ruasa) — NTS — di Ispirazione cristiano-solidarisia e di orientamento nazionalista- russo. Vladimov non solo si sarebbe rifiutato di accettare direttive dell'NTS, dirigendo «Grani», ma da questa rivista avrebbe allontanato suol rappresentanti, chiedendo «corta bianca» ai suoi editori. L'NTS lo accusa, inoltre, di essere Intervenuto pubblicamente e in modo sprezzante contro II movimento dei solidaristl. Da qui II licenziamento e una lettera durissima di Vladimov inviata a «Kontlnent» e da questo pubblicata (con doloroso strascico laminare per Maxlmov, la cui sorella ha accettato di sostituire, alla direzione di «Grani», lo scrittore licenziato. Vladimov accusa l'NTS e «Posev» di essersi ormai staccati dalla vita russa; di essere ormai un minuscolo partito totalitario, una sorta di mlnl-pcus; di avere tra i propri dirigenti dei non-russi (cita I nomi di Lamsdorf, Bruno e Bonafede, tutti redattori di «Posev» e dirigenti dell'NTS). L'accusa più grave di Vladimov, tuttavia, riguarda un'altra circostanza: l'NTS sarebbe composta da vlasovlani, cioè da ex-seguaci o estimatori del generale Vlasov che, durante la seconda guerra mondiale «avrebbe fondato con l'aiuto tedesco un'armata che verme-usata contro I compatrioti» (In realtà, la storia del movimento vlasovlano, come si legge nelle pagine che Solgenltsyn ha dedicato a quest'argomento, non è cosi semplice come afferma Vladimov). Quali che alano le ragioni dello scrittore licenziato dalla direzione di «Grani» (un Incarico assolto con successo, secondo Vladimov; con perdita di abbonamenti e di lettori, secondo gli editori), Il tono della lettera apparsa su «Kontl nent» è Improntato ad una vlolen MARTI RACNG za verbale che rammenta (ci splace dirlo, trattandosi di uno scrittore che amiamo) quella che le autorità comunista usano proprio contro i dissidenti; e non sempre le argomentazioni di Vladimov ci appaiono convincenti. D'altronde, un redattore di «Posev», Rybakov, nel numero di giugno di quel mensile, aveva recensito con malevolenza il contenuto degli ultimi numeri di «Grani». Gli scrittori ed Intellettuali solidali con Vladimov mantengono un tonò più disteso, ma chiamano anch'essi In causa pesantemente «Posev» e il movimento solldarlsta (NTS uguale a pcus, nel comportamenti verso gli scrittori). Questa nuova lacerazione che Interviene tra gli emigrati russi non deve scandalizzare, in quanto non ò lecito, né intelligente chiedere monolitismo o unanimità proprio a coloro che hanno combattuto di persona questi aspetti tipici del totalitarismo, e che non possono non risentire, d'altro canto, delle drammatiche condizioni dell'esilio. Non si può lare a meno di osservare, tuttavia, come ha fatto correttamente Irina Alberti In un passato numero di «Russkaja Misi» di notare che gli emigrati, senza sfuggire alla necessaria dialettica dovrebbero evitare di mescolare con attacchi o pesanti recriminazioni personali divergenze politiche e ideologiche che inevitabilmente insorgono. Quando la necessaria dialettica si trasforma In rissa, si sa bene a chi giova. _, „. ... Fiero Sinatti _, „. ... Fiero Sinatti Mosca, 1920: Zinovev arrin Il 25 agosto del '36 venivano uccisi i rivoluzionari bolscevichi Kamenev, Zinovev, Smirnov, già delfini di Lenin - Il primo dei tre Grandi Processi inaugurò uno stile: niente prove ma confessioni estorte con la promessa di clemenza Cinquantanni fa, il 25 agosto 1936. uccisi con un colpo di rivoltella alla nuca, finivano i loro giorni nei sotterranei della «Lubjanka» (nella centrale piazza moscovita dove aveva, ed ha, sede la polizia politica sovietica) •eminenti» rivoluzionari bolscevichi, già diretti collaboratori di Lenin, come Grigori) Zinovev, (già capo del pc a Leningrado e presidente dell'Internazionale comunista — Komintern), come Lev Kamenev (già capo dell'organizzazione del partito a Mosca), Ivan Smirnov (vincitore dell'Armata Bianca dell'ammiraglio Kolciak in Siberia, durante la guèrra civile) e altri 13 personaggi di minore o nessun rilievo politico e storico. Erano stato condannati alla pena capitale il giorno prima, con una sentenza del Collegio militare della Corte Suprema dell'Urss, al termine di un processo durato sei giorni (19-24 agosto). Fu il primo dei cosiddetti Grandi Processi di Mosca (in tutto tre: il secondo si svolgerà nel gennaio '37 e le vittime più illustri saranno altri collaboratori di Lenin, come Pjatakov. Sokolnikov e Radek; il terzo nel marzo '38 e la sua vittima più illustre sarà Nikolaj Bucharin, l'ideologo prediletto da Lenin). Grazie a questi processi Stalin non solo eliminò l'«intero stato maggiore di Lenin... ma anche si sbarazzò di una parte dei suoi sostenitori, che lo avevano aiutato a conquistare e mantenere saldamente la direzione del partito-stato sovietico dopo la morte di Lenin. Il tatto è di portata storica, ga la folla; nel '36 sarà ucciso giacché apre il periodo detto del Grande Terrore o Grande Purga, le cui vittime (milioni tra fucilati, imprigionati, deportati nel Gulag) saranno, innanzitutto quadri di ogni livello del pc, e gli apparati amministrativi ed economici dello Stato sovietico, nonché dell'Armata Rossa. Il Grande Processo dell'agosto '36 è, inoltre, il modello di quelli che seguiranno, sia in Urss sia nelle «democrazie popolari» centro ed est-europee nei secondi Anni 40 e nei primi SO. Gli schemi sono identici: accuse prefabbricate dalla polizia politica contro i membri dell'elite comunista in disgrazia; confessioni ottenute grazie alla coercizione psicofisica (tino alla torura); alla fiducia fanatica nell'infallibilità del Partito, da parte degli imputati (aspetto illustrato mirabilmente da Arthur Koestler in Buio a mezzogiorno), al ricatto (i familiari delle vittime sono ostaggi in mano ai carnefici); alla menzogna (Stalin promette agli imputati di salvar loro la vita, in cambio della confessione, prima e durante il processo, di colpe mai commesse, infamanti e assurde). La pubblica accusa (nei procesdi Mosca si tratta di Andrej Vjscmskij, protagonista «teorico., dei Grandi Processi; sarà ministro degli Esteri tra il '49 e il '53) si fonda non su prove documentale, ma sulle confessioni degli imputati, ottenuti nei modi che abbiamo detto. Agli imputati, inoltre, non è assi curato alcun collegio di difesa. Il pubblico che assiste ai processi è composto solo da agenti in bor ghese della polizia politica e da speciali invitati scelti tra il corpo giornalistico e giornalisti occidentali: questo, per dare ai processi un crisma di legalità e pubblicità. Kamenev, Zinovev, Smirnov e gli altri 13 condannali dell'agosto '36 erano accusati di aver costituito un «Centro terroristico» incaricato di uccidere i massimi dirigenti del Pcus, a cominciare da Stalin, e colpevole (secondo le accuse) di aver ucciso il primo dicembre '34 il capo del partito di Leningrado Kirov. Questi, in realtà fu vittima di un attentato su cui deve essere tuttora fatta piena luce, ma unanimemente atlribuito ad una diabolica provocazione di Stalin. Il «Centro terroristico» avrebbe agito in concorso con il Grande Rivale di Stalin, Lev Trotskij e il figlio di quest'ultimo Sedov, entrambi esuli in Occidente. Non solo, oltre che con Trotskij, il «Centro» era in contatto, addirittura, con Himmler e la Gestapo. Tutti gli imputati «confessarono» le loro colpe. Eppure Zinovev e Kamenev avevano avuto una lunga carriera di rivoluzionari bolscevichi professionali. Erano considerati, al pari di Trotskij e Stalin, possibli successori di Lenin. La loro milizia rivoluzionaria era iniziata ai primi del Novecento; si erano alleati a Stalin tra il '22 e il '25, nella sua battaglia contro Trotskij. Avevano poi stretto con gue¬ st ultimo un'alleanza, passata alla storia come «opposizione di sinistra», contro Stalin, sconfitta da questi nel 27. Essi reclamavano la fine della Nep (la politica di relativa liberalizzazione economica avviata da Lenin nel '21) e l'industrializzazione a tappe forzate. Politica che sarà fatta propria da Stalin tra il '28 e il '29. Cacciati due volte dal pc (nel '27 e nel '33). vi orano stati per due volte riammessi dopo umilianti autocritiche che li avevano politicamente distrutti. Vengono arrestati nel gennaio '35 per «responsabilità morale» nell'assassinio di Kirov: sono condannati a lunghi anni di carcere in un processo rimasto segreto. La responsabilità morale, nel '36, si trasforma in responsabilità materiale. E' la loro line. Le loro confessioni pubbliche sono miserabili, come la loro morte. Zinovev dichiara nella sua allucinante autoaccusa: «Il mio bolscevismo carente si è mutato in antibolscevismo e. attraverso il trotskismo sono arrivato al fascismo. Il trotskismo è una varietà del fascismo e lo zinovievismo è una varietà del trotskismo!». Kamenev. in un grottesco duetto finale con il suo accusatore (che termina la sua arringa chiedendo che gli imputati vengano ■fucilati tutti, come cani arrabbiati»), ammette che gli atti doi suoi ultimi quattro anni di vita sono stati improntati solamente a «menzogna, perfidia, doppiezza, tradimento... Mentre viene condotto all'esecuzione Zinovev si mette a strillare con la sua voce acuta, implorando Stalin che gli salvi la vita. Kamenev va alla morte come inebetito. Stalin aveva promesso che avrebbe commutato la loro condanna a morte, in cambio delle loro disonoranti confessioni. Ricordare il cinquantenario di questo processo non è un omaggio alla moda del rievocazionismo. Serve, invece, a rammentare che dopo i due Congressi anti-staliniani di Krusciov (XX° e XXIT. rispettivamente del '56 e del '61) la destalinizzazione in Urss si è bloccata. Gli Anni 30 sono ormai tabù; gli archivi che permetterebbero di far piena luce su quegli avvenimenti restano chiusi: in sede ufficiale si afferma che ormai, sullo stalinismo, è stato detto quanto basta Addirittura, sotto Gorbaciov, sono riabilitati sinistri personaggi di quegli anni come Molotov e Zhdanov. Ce un altro fatto su cui i Processi di Mosca tanno riflettere: alla loro legittimità, legalità e correttezza credettero diplomatici (come l'allora ambasciatore americano a Mosca Davies). statisti (Churchill), intellettuali (Rolland. i Webb) e giornalisti del libero Occidente Non solo i comunisti fedeli al Kommtern. Perciò, non c'è da stupirsi, con simili precedenti, che oggi tanto credito ricevano le promesse di «radicali riforme» interne e di pace internazionale formulate da un abile «comunicatore» come Michajl Gorbaciov che guida un partito-Stato totalitario, nalo con Lenin e forgiato da Stalin: grazie anche a quei processi. p. S.