Diari veri, falsi o inesistenti

Diari veri, falsi o inesistenti Diari veri, falsi o inesistenti Si torna a parlare di un libro di memorie ili Vittorio Emanuele III, scritto per la moglie e distrutto su richiesta del figlio Umberto... Tre mesi prima di abdicare il sovrano rispose a un ignoto giornalista: «Nessun diario venne mai tenuto». Ma c'è chi giura il contrarie «Nessun diario venne mai tenuto-. Cinque parole sobrie, asciutte, che sembrano rispecchiare la personalità di Vittorio Emanuele III. Il re non soltanto le pronunciò ma le scrisse di proprio pugno nei primi giorni di febbraio del 1946. Il suo aiutante di campo, generale Paolo Puntoni, ne prese nota elencando nel proprio taccuino 15 domande che un non identificato giornalista aveva posto al re. «Sul principio il Sovrano noti voleva rispondere, poi di suo pugno ha tracciato uno schema di risposta», ha lasciato scritto Puntoni. Vittorio Emanuele abbozzò un testo che possiamo dire ..telegrafico», poi elaborato e ampliato da un collaboratore. La prima domanda era. curiosamente: «Esiste un diario di Sua Maestà il Re in cui egli ha riassunto le sue impressioni sui vari eventi politici?». Vittorio Emanuele rispose nel modo che abbiamo riferito, circa tre mesi prima di abdicare. Negli anni seguenti, magari «sviluppando» appunti di agenda, stese ciò che si potrebbe chiamare un «memoriale»? Già quell'interrogativo postogli nel 1946 conferma come di sue «memorie» si fosse parlato con frequenza mentre il sovrano era in vita, se ne fosse accennato ripetutamente dopo la sua morte in Egitto e si continuasse a discuterne negli anni che seguirono. Si ripropone ora con il libro di Renato Barneschi. -Elena di Savoia», edito da Rusconi. Esso reca in appendice sei pagine in cui si parla delle «memorie» di Vittorio Emanuele III. scritte, ha specificato all'autore Maria Ludovica Calvi di Bergolo, nipote di Elena, «non per lasciare un'autodifesa postuma del suo operato ma per consentire alla nonna di disporre di un bene alienabile in caso di bisogno. Soltanto questo motivo pratico lo indusse a forzare la sua naturale riservatezza e a scrivere in termini autobiografici". Quindi un re. quale emerge dal libro, che scriveva non «a futura memoria» ma «per investimento». Quando il sovrano muore. Elena trattiene quei fogli che Umberto — si legge nel libro di Barneschi — preferirebbe avere con sé. Ne scaturisce, secondo l'autore (che ha come fonte ancora Maria Ludovica Calvi) un bisticcio fra Elena e il figlio. Alla scomparsa di Elena, a Montpellier, il plico passa nelle mani di Ludovica. Nel 1976. Ludovica domandò ai genitori dove si trovassero «/e famose memorie- e si senti rispondere dalla madre: -Non ci sono più. le abbiamo bruciata», c aggiunse, come spiegazione: -Non contenevano niente d'importante». I rotocalchi dagli Anni Cinquanta in poi tornarono spesso sui «Diari di re Vittorio-. Fra i molti che avevano qualche cosa da raccontare, si affacciò Stefan Boideff. esule bulgaro, ex tenente della guardia reale e figlio di un ministro di re Boris, il quale era stato per cinque anni in Egitto nel periodo in cui vi si trovavano in esilio anche Elena e Vittorio Emanuele. Questo bulgaro parlò di «memoriale del re». Disse: -Mi consta con assoluta certezza che il re fu occupato per tutti i venti mesi dell'esilio egiziano nella stesura di un documento di grande impegno: una specie di storia degli anni traghi dell'Italia vista dalla parte del trono, una lunga memoria fitta di episodi e di figure, e anche di risposte a molti degli interrogativi che ancora assillano gli storici e l'opinione pubblica. Oggi l'importante manoscritto si trova in Europa, ma non a Cascais. nelle mani di Umberto II. come si potrebbe pensare. Il memoriale autografo di re Vittorio Emanuele III è a Roma e forse non è lontano il giorno in cui verrà tolto dal luogo dove è custodito per essere dato alle stampe-. Ci si trova perciò in presenza di due fronti: assertori convinti dell'esistenza di un «memoriale» di re Vittorio e negatori di un slmile documento. Quale può essere il pensiero dello storico? -Dell'esistenza di un diario di Vittorio Emanuele si è parlato a lungo — ci dice Renzo De Felice — e forse qualche cosa deve esistere ma non direi ciò che Artieri indica come "diario". Diciamo piuttosto una specie di taccuino, forse di un'agenda del re con scarne annotazioni, troppo scarne comunque per rappresentare qualclie cosa. Probabilmente è esistito qualche altro documento. A me risulterebbe, ma sono quelle cose difficilissime a controllarsi, che alla morte di Vittorio Emanuele queste carte sono stale recapitate a Umberto con un vincolo di tempo, non so bene, forse di un trentennio. Scaduto tale vincolo e rimasti questi plichi sigillati, qualcuno avrebbe sollecitato Umberto per prenderne visione. Umberto avrebbe allora risposto: "Cose vecchie, cose tristi, non stiamo a rivangare", e negli ultimi tempi quei fogli sarebbero stati bruciati-. Allora qualche cosa c'era? Aggiunge De Felice: -Direi che occorre anche tener presente come Umberto fosse, per carattere, alieno da qualsiasi polemica di qualsiasi genere, quindi si può compren¬ dere il suo atteggiamento davanti alla prospettiva di far discutere, di suscitare discorsi sul passato». Dicevamo prima dei rotocalchi i quali — seppur non sempre attendibili e non qualificati come fonte storica — un contributo informativo lo hanno pur recato, anche se talvolta in chiave sbagliata. Ci pare di cogliere un barlume di possibile «verità», anche se vecchia di quasi trent'anni. nella Settimana Incom del 1957, il periodico nato a Roma nel 1948, diretto da Sandro Pallavicini: parlò delle -Memorie di Vittorio Emanuele III» affermando già nel titolo: -Saranno il più clamoroso documento del secolo». Il servizio giornalistico, a firma di Andrea Sterzi, diceva, fra l'altro: -Fin dall'isolamento di Salerno. Vittorio Emanuele III aveva dato preciso ordine che venissero acquistate per suo conto tutte le pubblicazioni di uomini poli¬ tici e militari relative agli eventi o ai precedenti della guerra '40-45. sia dal punto di vista bellico, sia diplomatico o politico». , E aggiungeva: -Da questa lettura, dagli appunti fatti al margine o immagazzinati nella memoria, sorse non l'idea, ma il materiale delle sue "Memorie", le quali, più che una cronaca, divennero cosi un complesso di note polemiche e di repliche accurate e meticolose di quanto era stato da lui letto». Sterzi nel 1957 anticipava quella che oggi pare una rivelazione nuova. Scriveva infatti: «Si è discusso effettivamente tra Elena, Umberto e gli altri figli circa l'uso da fare di queste memorie. Se ne sono valutate anche, com'era naturale, in primo luogo le possibili reazioni politiclie... C'era poi un altro problema da considerare, di carattere patrimoniale ed economico. Nel caso di pubblicazione in Italia del¬ l'opera tutti i proventi anziclié ad Elena di Savoia andrebbero allo Stato. L'esame di tutti questi elementi avrebbero orientato sia Elena quanto Umberto a far eventualmente stampare l'opera in ìin altro paese e forse in altra lingua...-. Una «verità» datata 1957. E' probabile — come molti pensano — che di quegli «appunti» alla fine sia stato fatto un piccolo rogo. Del resto, a dare l'esempio fu proprio Vittorio Emanuele che affermò un giorno di prendere nota dei colloqui con i vari personaggi politici, soprattutto nei momenti di crisi. A chi gli faceva osservare l'importanza di quel materiale rispose testualmente: -Gli è die a ogni fine di crisi bruciavo tutto l'inccrtamento. Non voglio che queste carte vadano un giorno a finire nella mani di chi può valersene per polemiche o discussioni sema fine». Renzo Rossotti

Luoghi citati: Bergolo, Egitto, Europa, Italia, Roma, Salerno