Trappola polacca a Locarno di Stefano Reggiani

Chiuso il Festival con la discussa vittoria di «Il lago di Costanza» Chiuso il Festival con la discussa vittoria di «Il lago di Costanza» Trappola polacca a Locarno Quarto premio al NOSTRO SERVIZIO LOCARNO — Il portaparola del festival sale sul palco, davanti alla platea quasi calcistica di Piazza Grande, e legge in anteprima su un suo foglietto i film premiati e variamente menzionati dalla giuria. Ormai questi verbali hanno il valore di una schedina dell'Enalotto, ma insomma, si tratta potenzialmente di un'operazione culturale e la gente si appassiona, chiede conferme, verifiche, fa confronti. Quando viene annunciato il primo premio, il Pardo d'oro al polacco «Jezioro Bodenskie-. Il lago di Costanza di Janusz Zaorski. è un coro di fischi, un rumoreggiare incredulo e impermalito: «Ma come? Cos'è successo delle legittime previsioni? E' questo il modo?» Al festival di Locarno è accaduto semplicemente che la giuria è caduta nella trappola polacca. Che cosa occorre perché scatti la trappola polacca? 1) Una giuria con un polacco (nel caso di Locarno Krysztof Kieslowski): 2) Un momento favorevole al rimorso polacco (ci sentiamo tutti troppo indulgenti con la normalizzazione imposta da Jaruzelski): 3) Un film polacco, naturalmente: non un capolavoro indiscutibile (altrimenti non c'è bisogno di trappola), ma un tentativo generoso e un po' troppo elaborato, un'invocazione letteraria e onirica che contenga comunque un rimando patriottico. ■•Ah, Polonia». sospirano i giurati, che sentono la polacchità come un favorito sovietico, gli al «Quaranta metri quadra dovere morale. Cosi l'aggressività un poco verbosa di Zaorski l'ha avuta vinta. Intendiamoci, pochissime giurie saprebbero resistere alla trappola polacca, è accaduto anche a Venezia con uno dei più scialbi film di Zanussi e dunque non va addossata troppa colpa alla rappresentante italiana in giuria. Ida Di Benedetto, donna sempre affascinante con la quale si dividerebbero volentieri le sedute di tante giurie, anche le più distratte del mondo. Ma. certo, le reazioni ad un verdetto dipendono dal contesto e dalle aspettative. Se il primo premio qualifica e fa rammemorare l'edizione di un festival, che dire degli svarioni di giuria nelle ultime edizioni di Locarno? Una volta han¬ altri riconoscimenti al ati in Germania», il film che ha vino chiuso bottega, applicando in ritardo il '68 (e c'era in gara, tra gli altri, un degnissimo Carpi), l'altr'anno si sono semplicemente dimenticati del miglior film (la trilogia di Terence Davies). quest'anno sono inciampati sul favorito della vigilia, il naturale candidato per qualità e coerenza, il sovietico ■■Il mio amico Ivan Lapchindi Alexei Guerman. Il film del russo ha avuto bensì un premio, ma il quarto (il quarto!): soluzione assai imbarazzante e abbastanza ridicola, o Guerman. piaccia o non piaccia, è la novità del festival, il film-bandiera, e lo si dice; o è meglio lasciar perdere. Confidiamo agli esperti la compilazione dell'indilazionabile trattato: ..Come ci si cnvmFpmippncmfntuiaqtiCps l'inglese «Lamb», a Ge vinto il Pardo d'argento comporta nelle giurie per non passare inosservati- (ovvero «Manuale di compromissione», la mostra di Flaiano rimane aperta per preziosi consigli); aggiungiamo solo, poiché ormai siamo in mezzo al guado, gli altri premi assegnati, che hanno pescato nel gruppo dei buoni, anche se hanno escluso colpevolmente (ti pareva) il meritevole «Die Walsche-. film tedesco-italiano di minoranza, l'amore di una altoatesina (o sudtirolese) per un concittadino di lingua italiana. Il secondo premio è andato a «Quaranta metri quadrati di Germania- del turco tedesco Tevfik Baser: il terzo premio a «Lamb- di Colin Gregg (ne abbiamo parlato nei giorni scorsi) e ci sono anche le menzioni al Germania e Grecia greco «Benvenuto al paese, compagno» di Xanthopoulos. all'attrice brasiliana Fernanda Torres, al visionario argentino «Diapason- di Polaco. E, nella schiera dei premi di contorno, l'inevitabile riconoscimento della Fipresci, la federazione dei critici internazionali, al film sovietico, i cui meriti sono finalmente sunteggiati: «per l'eccezionale qualità della regia e per come ha ricostruito l'atmosfera d'epoca-. Quanto al film greco chiude una pagina di storia, cerca nel campo profughi di Belojanisz vicino a Budapest gli ultimi partigiani fuggiti dalla Grecia dopo la guerra civile del '45-48: sono testimoni di una lacerazione che si sta spegnendo col ritorno a casa degli esuli. Se non ci fosse il cinema non ci resterebbe quasi nulla del conflitto che divise una nazione e simboleggiò anche la spartizione ideologica d'Europa. C'è nel film argentino menzionato il sogno o l'incubo di una specie di visita di leva condotta dalle donne per mano di una vecchia megera: tutti in fila, impauriti e inermi, tutti sul lettino, frugati nei più riposti recessi, maneggiati col più palese disprezzo, tutti colpevoli d'essere uomini. Ecco, almeno questo si può dire del lavoro delle giurie in generale: che non dev'essere cosi, i film non vanno arruolati a forza, ma possibilmente amati, se non si vogliono provocare guerre tra il pubblico. Stefano Reggiani