Venticinque anni fa la Rdt innalzava la cortina di Berlino

Venticinque anni fa la Rdt innalzava la cortina di Berlino Venticinque anni fa la Rdt innalzava la cortina di Berlino Trentanni dopo le prime proteste popolari, l'Ungheria abbassa il sipario per l'arrivo della Formula 1 di automobilismo MONTECARLO — «Il marito di Carolina di Monaco con la divisa in Italia? Ma nemmeno per idea, lui ormai è monegasco. Da noi non c'è il servizio militare. Stefano Casiraghi ha restituito il passaporto italiano il 10 ottobre '84, da quando ha preso ufficialmente la nostra cittadinanza. E' inimmaginabile che vada a finire sotto le armi». Madame Nadia La Còste, portavoce ufficiale del principe Ranieri di Monaco, si mostra indignata. E forse lo è davvero. Per lei è stato una specie di sacrilegio che i giornali italiani abbiano pubblicato la notizia che Stefano Casiraghi avrebbe evitato la «naja» (nel 1979, a 18 anni, quando era ancora un illustre sconosciuto) grazie a compiacenti certificati che lo dichiaravano «temporaneamente impotente» per via di un'«escrescenza tumorale» ad un genitale. «Ma come — prosegue sempre più scandalizzata — nasce la sua secondogenita, la principessa Charlotte, ed il giorno dopo in Italia, sui più importanti quotidiani, esce una simile storia. Ma che vergogna! Certe notizie non dovrebbero esser date! Vorrei sapere chi è che le diffonde. Anche se c'è un'inchiesta dei vostri giudici militari tutto avrebbe dovuto restar segre¬ fondo, si trattava pur sempre di tedeschi... Da allora, nella Rdt iniziò un singolare processo di consolidamento: nel '63 (in occasione del 6' congresso della Sed) ha inizio il decentramento della gestione economica, secondo indirizzi innovatori di alcuni economisti sovietici come Liberman. che solo oggi stanno traducendosi in pratica in Unione Sovietica. Sul piano delle libertà politiche e intellettuali, invece, il buio è profondissimo. Negli Anni Settanta, nonostante la Rdt sia stata ampiamente riconosciuta sul piano internazionale e le condizioni di vita materiale siano migliorate, il Muro resta, anzi, si attrezza di micidiali congegni elettronici; la gente cerca ancora di fuggire, anche nei modi più strani e rischiosi, rischiando la vita. Solo un anno fa i todesautomaten (mitragliatori di morte, a impulso elettronico) vengono rimossi dal Muro: è una concessione fatta a Bonn dal successore di Ulbricht, la «colomba» Honecker; è stata fatta dopo un consistente prestito a Berlino Est da parte di banche e governo della Repubblica federale tedesca. In Occidente si plaude all'illuminato leader della Rdt. Senza ironia, naturalmente. BONN — Dopo la pacifica manifestazione dei giovani cristiano democratici (la -Junge Union-, affiliata della Cdu), svoltasi sabato a Berlino Ovest per protestare contro la presenza del muro, della cui costruzione il 13 agosto ricorre il 25" anniversario, disordini sono poi avvenuti in serata ad opera di singoli dimostranti che hanno scavalcato il muro e compiuto atti provocatori nel settore orientale. Si ritiene che si sia trattato di persone facenti parte di un nruppo di circa 500 che in precedenza avevano formato una catena umana lungo il muro, su iniziativa del «Gruppo di lavoro l'i agosto». Secondo indicazioni della polizia, sabato sera alcune decine di dimostranti si sono affollati al posto di controllo «Checkpoint Charlie» e hanno varcato la linea divisoria, inoltrandosi per alcuni metri nella zona orientale dove hanno fatto esplodere dei petardi. Le autorità orientali non sono intervenute. In altri punti lungo il muro dimostranti hanno strappato una bandiera della Rdt e l'hanno lanciata verso un reticolato divisorio. Altrove, un dimostrante ha appiccato il fuoco al muro nei pressi dell'ex Reichstag. Le fiamme sono state spente dalla parte orientale e l'uomo è stato fermato dalla polizia militare britannica. Alla manifestazione della «Junge Union» avevano parlato nel ixjmeriggio il borgomastro di Berlino Ovest. Kberhard Diepgen (Cdu). e l'ambasciatore statunitense nella Rfg, Richard Burt. «Calcila luminai) davanti alla porla di Urainl(.-I>nr»<> /( maggior biografo di Trotskij, lo storico Isaac Deutscher, parlò di «ironie della storia» per indicare le contraddizioni e i fallimenti del «socialismo reale» nelle epoche di Stalin e Kruscev. «Ironia della storia» potremmo chiamare, a buon diritto, un evento die ha permesso in questi giorni alla stampa e all'opinione pubblica occidentale di concentrare sull'Ungheria la propria ammirata attenzione: si tratta del Grand Prix di Formula 1 svoltosi ieri nei dintorni di Budapest. L'autorevole settimanale inglese The Economist (9-15 agosto) ricorda compiaciuto che il primo Gran Premio venne vinto a Le Mans, 80 anni fa, da un corridore ungherese, Ferenc Szis; e che 50 anni fa, l'Ungheria ospitò per la prima volta un Gran Premio. Ieri si è corso il primo Grand Prix automobilistico in un Paese comunista: un evento davvero memorabile. Il signor Bernie Ecclestone, presidente della Foca (Associazione dei costruttori di F.l) lui definito il nuovo circuito «Hungaroring», costruito in tempo record dagli ungheresi, «il miglior tracciato di gara del mondo». // suo costo è stato di circa 340 milioni di fiorini (pari a 7.6 milioni di dollari). La quota pagata dagli organizzatori magiari alla Foca per poter ospitare il Gran Premio è stata di 900 mila dollari. A Budapest, ci si ripromette non solo di pareggiare le spese sostenute (attraverso il lancio dell'immagine turistica dell'Ungheria), ma anche di realizzare dei profitti (in valuta occidentale, naturalmente). Il Sole-24 Ore ci fa sapere che un dirigente dell'Automobile Club magiaro, Sandor Petko, ha dichiarato che ben 11 imprese ungheresi hanno partecipato alla riuscita dell '«evento», allo scopo principale di «realizzare profitti grazie al circuito dell'Hungaroring». Si tratta, come si vede, di principi lapalissiani per il mondo borgliese: essi vengono affermati ora, nell'Ungheria comunista, come chissà quali verità, nuove e rivoluzionarie. Niente di male, anzi. Solo che si prova una strana, dolorosa sensazione, quando si pensa alla tragedia che il popolo magiaro ha sofferto sulla propria pelle per arrivare, trentanni dopo, a scoprire la liceità e bontà del profitto, per giunta a proposito di un Gran Premio automobilistico che non rappresenta certo il plinto più alto della nostra ci viltà. Ironia della storia, dun que. Lo scarto tra storia, biografie e disegni (o utopie) umani ci è apparso in tutta la sua evidenza leggendo sull'ultimo numero di Time (11 agosto) l'intervista concessa al setti manale americano dal leader del partito-Stato ungherese Janos Kadar, 74 anni. Domande e risposte «morbide» sull'economia magiara, sulla concezione della democrazia e sullo stile di vita del leader, sul nuovo capo sovietico Gorbaciov, che lo scorso giugno ha visitato, con lui. l'elegante e centrale via Vaci e un'azienda d'avanguardia a Budapest. Emerge il ritratto di un vecchio saggio, pieno di realismo e. complessivamente, soddisfatto di sé. Niente sulle spesse ombre del suo passato: quando, tra il '48 e il '51, fu ministro degli Interni e uno dei messimi capi della feroce polizia segreta di Budapest (direttamente creata dagli uomini di Stalin). l'Avo: uno degli artefici del processo che si concluse con l'impiccagione (1948) del dirigente comunista Rajk. Poi, Kadar cadde in disgrazia: finì in carcere, da cui lo tirò fuori (nel '53) Imre Nagy, l'uomo che avrebbe avviato l'Ungheria verso sostanziali riforme economiclie e politiche, se non fosse intervenuta l'Armata Rossa nel tragico novembre '56. Allora, Kadar accettò il ruolo di Quisling magiaro. Nel '58, infine, il «macellaio di Budapest» (cosi nei secondi Anni 50 lo chiamò la gente, dopo la spietata repressione della rivolta dell'autunno '56) permise che Imre Nagy e i suoi più stretti collaboratori (Gimes. Maleter) venissero impiccati dopo un breve, sommario e segreto processo, nel carcere budapestino di Foe Utca, a meno di due anni dalla cattura, a tradimento, da parte degli uomini del Kgb. Janos Kadar, uomo tragico e realista fino al cinismo, in¬ vest dell'Europa, nonché del dialogo intertedesco (Dio sa quanto interessato!). Dal 1949 a tutto luglio 1961 avevano lasciato la Rdt, attraverso Berlino, circa 4 milioni di tedeschi. Avevano optato «con i piedi» — come si disse — per l'altra Germania, quella di Adenauer: dello «sfruttamento» e del «revanscismo», secondo la propaganda comunista. Il flusso delle partenze per Berlino Ovest era arrivato, tra la fine di luglio e i primi d'agosto del '61 a circa 3 mila persone al giorno: per lo più si trattava di operai specializzati, tecni ci, ingegneri, medici, «attratti dal luccichio del miracolo tedesco». In giugno. Walter Ulbricht aveva decisamente smentito — in varie dichiarazioni — che si stesse allestendo un muro per separare le due zone dell'ex capitale. L'emorragia di manodopera qualificata è stata, senz'altro, all'origine del muro. E' estremamente discutibile la tesi (avanzata da.non pochi storici e politici occidentali per diminuire l'entità della bruciante sconfitta subita allora) che sovietici e tedesco orientali volessero anche sloggiare gli «alleati» dal settore occidentale e, progressivamente, inghiottire quest'ultimo. La costruzione del Muro viene inserita, solitamente, in un prevalente contesto internazionale, segnato da una forte tensione tra Usa e Urss (aerei spia, esperimenti nucleari, fallito vertice Kennedy-Kruscev) e dalla percezione sovietica di aver rag giunto una superiorità strategica sugli occidentali. Erano già volati in cielo gli Sputnik ed era esplosa la bomba all'idrogeno di Mosca. Non mancò, in Occidente, chi, come il senatore americano Fulbright, dimostrò addi rittura in anticipo comprensione per il provvedimento di Ulbricht. Fulbright (allora presidente della commissione Esteri del Senato americano) disse il 30 luglio '61: «Non capisco perché i tedeschi dell'Est non chiudano le loro frontiere. Ne hanno il pieno diritto». Il Muro — die poneva termine all'illusione di una prossima riunificazione tedesca — è da attribuire soprattutto alla situazione interna della Rdt: gli anni 1959-62 son segnati da una forte pressione economica e ideologico-poliziesca sulla popolazione (salari ridotti, contrazione di beni di consumo e- alimentari, penuria generalizzata, in nome del primato dell'industria pesante). Con la violenza e il terrore (come scrive la biografa di Ulbricht, Carola Stern) si collettivizzavano le campagne: nel '60, per il 50 per cento erano ancora private. Si perseguitano gli intellet tuali: è in carcere il filosofo Harich; va in esilio nella Germania federale il maggior fi losofo marxista europeo, Ernst Bloch; inizia l'emarginazione di Robert Havemann chimico e filosofo dell'università berlinese Humboldt. La censura importuna scrittori comunisti come Anne Seghers e Stephan Heym. L'opera di Kafka è messa al bando. Il Muro è. soprattutto, la risposta del regime comunista al netto rifiuto che gli oppone la grandissima maggioranza dei tedeschi orientali. Altra ironia della storia: il '61 è l'anno del 22" .congresso del pcus: la più antistaliniana delle assise dei comunisti sovietici. L'Occidente rispose solo verbalmente e velleitariamente al Muro. Si limitò a gesti simbolici. Era agosto e, in preparava la rivolta di Budapest, cinque lustri or sono «le conquiste del socialismo» venivano difese da un muro, anzi dal Muro (der Mauer/ Né Marx, né Engels potevano prevedere che uno «Stato operaio» avrebbe avuto bisogno, per sopravvivere, della più colossale opera muraria della storia d'Europa. Il 13 agosto '61 iniziava l'edificazione del Muro di Berlino. Fu poco dopo la mezzanotte del 13 agosto — era domenica e iniziava il più lungo weekend dell'estate — che folte compagnie di Vopos ('«poliziotti del popolo-;, disposte lungo i 43 chilometri della linea di demarcazione che separava il settore occidentale di Berlino da quello orientale, cominciarono a piazzare cavalli di frisia e reticolati che avrebbero segnato una divisione tra le. due Berlino che dura anche oggi. La mattina seguente, i berlinesi avrebbero visto coster- Piero Sinatti Con un intervento chirurgico soppressi due feti su quattro