Cintura di castità per goleador

Cintura di castità per goleador Cintura di castità per goleador Gli uomini hanno inventato tutto, ma proprio tutto, anche un aggeggio medievale chiamato cintura di castità. L'hanno inventato per le donne, dimostrando così in quanta considerazione tenessero se stessi e in quanta l'altro sesso. Solo questo rischiava di cedere rovinosamente alle lusinghe dell'amore, e perciò andava proletto con un'adeguata e barbara armatura inguinale. La vicenda di Eleonora Vallone rievoca tempi oscuri e costumi raccapriccianti. Ma c'è un elemento di novità che non va trascurato: si è scoperto che il segreto desiderio di coloro che guidano certe società di calcio è di inventare una cintura di castità per i calciatori, che fino a prova contraria sono di sesso maschile. Se ad esempio i giocatori napoletani che si trovavano in ritiro in un albergo di Lodrone e si allenavano con la lodevole intenzione di fare sfracelli in campionato, avessero indossato, sotto la tuta e sotto le mutande una tecnologica cintura di castità, la presenza conturbante di Eleonora Vallone non avrebbe suscitato il minimo interesse. Siccome i giocatori indossavano solo lo slip, e forse neanche quello, ecco che l'apparizione di una bella donna ha fatto rizzare tutti i peli. E' una storia già sentita e letta centinaia di volte. Le donne procaci turberebbero l'integrità atletica e psicologica dei giocatori. Si va sempre a cercare il sesso per colpevolizzarlo, quando qualcosa non funziona nel calcio e in altre attività, comprese quelle intellettuali e politiche. E la «strega» medievale è sempre lei. la donna. Fortunatamente in Messico gli azzurri hanno vissuto quasi in clausura, altrimenti, dato che non si reggevano in piedi, la stampa calcistica avrebbe sicuramente scovato qualche donna per trasformarla in capro espiatorio. E' già accaduto molti e molti anni fa, quando gli azzurri, per giustificare la loro disfatta in terra elvetica, crearono dal nulla una fantomatica Venere svizzera. Leggendo queste e consimili notizie, mi succede di ricordare le mie esperienze di giocatore di calcio, nella squadra della Vis Pesaro. D'accordo, il campionato a cui partecipavo era di serie inferiore. Guadagnavo una manciata di soldi ma avrei anche giocato gratis. Purché mi avessero dato una maglietta multicolore, un paio di mutande bianche, un pallone da prendere a calci e una ragazza. Non equivochiamo, per favore. La ragazza non serviva ad altro che a stimolare l'estro calcistico. Più che le partite regolamentari, ricordo le partite di allenamento, il giovedì. E anche le sedute atletiche, il martedì. Se ai bordi del campo, non ci fosse stato un puntuale gruppo di ragazze, ci saremmo annoiati a morte. C'era anche una minuscola folla di tifosi maschi, ma tra il gridolino di incoraggiamento di una ragazza e l'urlo di incitamento di un tifoso c'è la stessa differenza che corre tra un tuffo in uno specchio di mare limpido e un tuffo in una palude. Non dico che quelle ragazze non suscitassero in noi altri pensieri e altri desideri. Voglio soltanto sottolineare che mentre eseguivamo gli esercizi di ginnastica e soprattutto mentre giocavamo, quelle ragazze rappresentavano per noi esattamente quello che le antiche e leggiadre dame di corte rappresentevano per i cavalieri dei tornei. Ce la mettevamo tutta per avere in premio un sorriso, un applauso, uno sguardo di simpatia, una muta e ambigua promessa di felicità. In certe giornate piovigginose o nevose i bordi del campo risultavano deserti di ragazze. Ricordo la malinconia protonda che si impossessava dei nostri muscoli, dei nostri gesti, delle nostre parole. La partitella infrasettimanale non era più una gioia ma una specie di calvario podistico. E questo era il meno. L'aspetto più triste, e anche più pericoloso, di quelle partitelle senza ragazze, era che ci chiedevamo mentalmente che cosa stessimo a fare lì nel campo. Posso assicurare, per averlo provato, che prendere a calci un pallone senza lo sguardo interessato di una ragazza o di una donna è come scrìvere un romanzo e leggerlo a se stesso. O recitare una poesia davanti allo specchio. Credo che soltanto i pazzi ci provino gusto. E ora vengo a sapere, con moderato sgomento, che la visione di Eleonora Vallone nel parco dell'albergo dove erano in ritiro i calciatori napoletani, ha sconvolto i dirigenti del Napoli. Che cosa significa? Significa che la bellezza, sotto qualsiasi forma, è stata bandita dal calcio. Trionfa solo la logica maschile del profitto. E poi ci si meraviglia del Totonero. Giuseppe Bonura

Persone citate: Eleonora Vallone, Giuseppe Bonura

Luoghi citati: Messico