Il calcio, i suoi fratelli, i suoi corrotti

INTERNO INTERNO Totonero: ultime arringhe a Milano, la sentenza è attesa per questo pomeriggio Il caldo, 8 suoi fratelli, j suol corrotti Napoli e Allodi il dubbio resta Scandali tifosi e fachiri Al Quark Hote Tra i vari modi di considerare il calcioscandalo ultimo e grande chiamalo anche totonero bis, con sintesi già esoterica, per dolenti iniziati, ce ne sono due dai quali per paura molti si tengono lontani, e che invece sono doverosi e possono risultare (uno almeno: il secondo) addirittura poetici. Innanzitutto si deve essere soddisfatti che il calcioscandalo ci sia. Ciuai se non ci fos.se perché ciò non significherebbe, no, che non esiste, ma semplice mente che non riusciamo a vederlo. E si sa che le leggi dicia mo cosi fisiche degli scandali sono tutte speciali: più sono grandi, meglio gli scandali impregnano di essi l'atmosfera l'ambiente, meno si vedono (o meno sono guardati: ma for.se si tratta di una finezza linguistica). Non è assolutamente pensabile che un mondo dove si muovono miliardi, dove gli stessi mi liardi agiscono su materie prime malleabilissime. duttilissimc quali la passione, l'entusiasmo, addirittura la pazzia da tifoso, non ci siano truffe, raggiri, imbrogli. Non ci sia una macchia, non ci sia una camorra. Chi pensa alla possibile ed esclusiva celestialità di quella che è una delle più grandi industrie italiane, cioè il calcio, è un pazzo. O un fesso. Dove c'è denaro, c'è anche disonestà. Non e fisiologicamente possibile l'esistenza, il movimento del denaro, senza hi disonestà intorno, sopra, sotto addosso, dentro. Dunque, se la truffa c'è, meglio, infinitamente meglio che venga scoperta, li dunque che ci sia lo scandalo. Il problema vero non è quello dei sei anni trascorsi fra il totonero uno e il totonero bis. lì' invece quello di tuU( i totonero che ci sono stati in mezzo e che non abbiamo scoperto. Il problema è avere. < cercare di avere (cioè con le in dagini). almeno un calcioscandalo all'anno. Altrimenti si può. si deve pensare che il calcioscandalo c'è ma non si vede. E' un insulto all'intelligenza pensa re che semplicemente esso non ci sia. Quando, nel marzo del 1980, esplose il primo calcioscandalo. in troppi si disse: che non accada mai più. E lo si disse creden do all'invocazione: questo i punto, questo l'errore. In realtà si doveva invece dire: accadrà ancora, ma speriamo che lo si scopra. Nessun poliziotto, nessun giudice vero è tranquillo se non vede crimini. Anzi, va dall'oculista. Sentiamo istintivamente qualcuno che dice: ma qui si parla di sport, non di porcomondo Parlano i pers l, trasformato in tri qualunque. E a questo punto pensiamo alla malafede. Lo pori è vita, si proclama sempre, lo sport tiene tutto della vita: ed vero, e proprio per questo come può lo sport esimersi dalla vita, dalle sue leggi, dal suo bisogno di opposizione fra il bene e il male, dalla sua necessità del male, come vaccino, mitridatizzazione, anticorpo, nonché come stimolante a far crescere e intanto a difendere il bene? E passiamo all'altro modo speciale di considerare il calcioscandalo. E' un modo legato al primo, e la constatazione, con riflessioni, del fachirismo del tifoso. Il tifoso sa che ci sono truffe, sa che una truffa potrà essere messa in opera in qualunque momento dai suoi stessi idoli, magari arriva anche a pensare che sia giù stata messa in opera Ma non gliene importa assolutamente nulla. Il tifoso paga, in affetti e anche in denaro, ed è felicissimo di pagare. E sarebbe arrabbiatissimo se non potesse più pagare. Il tifoso esercita in questo caso alcuni dei più subii mi diritti dell'uomo: come quel lo di essere generoso, come quello di essere mallo. Non fosse che per questo dobbiamo augurarci che i tifosi, questi tifosi esistano sempre. Qualcuno dice, mormora, sussurra che il tifoso riuscirebbe addirittura a essere contento se sapesse che la sua squadra gode tranquillamente di una truffa. E' possibile, ma non abbiamo prove. Ne abbiamo invece del fatto che il tifoso gode del calcio anche se lo sa posseduto, invaso dagli scandali. L'alibi, la fede anzi, e quella di ehi pensa che tulle le donne siano di malaffare, fuorché sua madre, sua sorella, sua figlia. Il tifoso è certo di sublimare, proprio con il suo entusiasmo, un calcio particolare, che vale: il suo. E forse è proprio cosi. Merita, questo tifoso, comprensione e intanto ammirazione. Troppo comodo e facile e ' ingiusto definirlo in manièra ironicamente pesante. E' un fachiro, e come ci permettiamo di discutere i fachiri? E poi, si vuole che continui ad essere fachiro. I fachiri di solito sono anche santoni, e i santoni sono gli unici che sanno scoprire in un'alluvione un battesimo, in un tifone una brezza, in un torturatore un fratello. Ciuai perderne lo stampo, la razza. Per adesso la loro tribù è grande, continua ad assediare il calcio d'amore, lo vede con il terzo occhio, quello dei saggi allucinati tibetani. Dobbiamo invidiare questo terzo occhio, che neppure il male riesce ad accecare con i suoi punteruoli. Peccato che l'esistenza di questo terzo occhio nel tifoso faccia anche comodo ai malvagi, ai criminali. Ma i buoni possono permettersi un lusso cosi, e altri ancora. Gian Paolo Orraezzano onaggi «in attesa Anno 118 - Numero 206 - Lunedì 4 Agosto 1986 bunale del pallone, 62 «imputati» e 12 società (ma per 5 è stata chiesta l'assoluzione) attendono di conoscere la loro sorte NOSTRO SEHVIZtO Davvero non c'erano gli estremi per invocarne la condanna? Come mai Gianfranco Salciccia, l'unica voce rimasta contro Allodi, è ritenuto credibile al cento per cento quando racconta sul ds dell'Udinese Corsi, ma non quando parla di Allodi? Però, avendo enormi dubbi sull'innocenza del general manager più famoso e potente d'Italia, non se la sono neppure sentita di proporne, come per Janich, il proscioglimento ed hanno ripiegato sulla richiesta: «Sia tenuto fuori dal calcio per 1 anno perché ha violato i principi di correttezza e probità*. Ma, al di là dello spinoso caso Allodi, la storia delle sette udienze-fiume è la storia di un colossale inganno architettato sulla pelle dei tifosi da dirigenti e giocatori affamati solo di soldi, non importa se razzolati con la corruzione, e pronti a qualsiasi comportamento in campo. Vincere? Pareggiare? Perdere? E' tutto uguale, ai «pedatori, incolpati non gliene importava niente, l'importante era che il conto in banca prosperasse. Eccola, riassunta la storia del maxiprocesso. Sconsolanti le accuse, negate, smentite e contestate dagli imputati ma mai smontate in modo credibile. Tito Corsi e Franco Janich, direttori sportivi di prestigio che telefonavano con Armando Carbone con una frequenza ossessiva, sconosciuta persino ai più teneri innamorati. Ancora: un giocatore come Giacomo Chinellato che candido rivela: •L'allenatore mi disse che bisognava pareggiare*. Il portiere Rossi che s'ostina con vana pervicacia a dire: «/Von è vero che pretendevo 35 milioni per farmi fare gol*. Altri. Ronco e Cecilli. che ritrattano la confessione resa in istruttoria: • La notte prima della partita tutta la squadra si riunì in assemblea per decidere se accettare di vendere il pari alla Triestina*. Altri infine (sono un nugolo) che scommettevano al Totonero: la preoccupazione di fare le puntate era l'unica della vigilia dell'incontro. Dai ritiri, la domenica mattina, quante telefonate frenetiche hanno fatto questi disonesti divi del football agli amici addentro al Toto clandestino: •Dai, presto, ho saputo che la tale gara è sicura sull'I, giocami tre milioni*. Una storia più nefanda il maxiprocesso milanese non poteva raccontarla. MILANO — Il maxiprocesso di Milano al calcioscandalo è finito ieri sera, con le ultime arringhe degli avvocati (il difensore Chiapperò s'è preso i complimenti dei giudici). Forse già questo pomeriggio, la sentenza della Commissione disciplinare. Non verrà letta in aula ma sarà resa con un comunicato. In attesa di sapere se le durissime ed esemplari richieste del grande inquisitore Corrado De Biase sono state fatte proprie dal tribunale del pallone, ripercorriamo la storia di questo giudizio: il più vasto (per numero di imputati, ben 62) e grave (per quantità dì corruzioni, più di 30) mai celebrato dalla giustizia sportiva. • Ci hanno consegnato un calcio al lumicino, affogato nel marciume' dicevano lunedi scorso, nell'udienza d'apertura, gli accusatori dell'Ufficio inchieste della federazione. Garantivano: •Chiederemo al tribunale di fare pulizia*. I fieri propositi ricevevano subito, a poche ore dall'apertura del processo, un duro colpo: uscivano di scena i verbali del regista dello scandalo. Armando Carbone, perché coperti dal segreto istruttorio. Era la prima volta che l'Ufficio inchieste arrivava ad un dibattimento con prove schiaccianti e superdocumentate; mai la giustizia del pallone aveva potuto disporre degli stessi strumenti probatori di un giudizio normale. Ma, a sorpresa, per le manovre legali di Carbone (chi le ha ispirate?) non li poteva utilizzare. Cosi. De Biase ed i suoi collaboratori La'oate. Laudi. Porceddu e Manin Carabba si sono visti, ancora prima che il procedimento s'avviasse, privati dell'arma più efficace. Specie, contro il Napoli e Allodi, il Bari e Janich. Ma, anche contro la Lazio. Cosi, diventato un fantasma il regista del calcioscandalo. la volontà di -fare pulizia* s'è trovata subito davanti ad un ostacolo molto alto. De Biase, ma più di lui Laudi e Labate. hanno cercato di scavalcarlo. Riuscendoci solo in parte. Hanno bastonato la maggioranza degli uomini (giocatori, presidenti, dirigenti e allenatori), ma salvato la quasi metà (5 su 12) delle società: • Bari. Napoli. Brescia, Empoli e Sambenedettese vanno assolte*. Il proscioglimento del Napoli farà discutere a lungo. Milano. Alcuni calciatori sentiti come testimoni al processo per il «totonero». Da destra: Brini (portiere dell'Udinese), Novellino. Mannini, Sorrentino e De Rosa