Cattivi Pensieri di Luigi Firpo

Il senso della storia Leggendo le riflessioni di Gianni Vattimo, pubblicate giovedì scorso su queste colonne a proposito del libro di Gedrg^H3^VIW'\sb£n'ov della storia, mi - sono - accorto > di maturare ' nel profondo una sorta di irritazione o di dissenso mal represso: del genere, per intenderci, che ci induce a scuotere il capo sconsolatamente, senza parole. Duby, storico eminente della civiltà medievale, notissimo anche tra noi per numerose traduzioni di sue opere, viene dalla scuola delle Annales, cioè da un movimento che ha fortemente innovato interessi e metodi storiografici. Si è trattato di mettere in secondo piano la grande storia etico-politica (quella che in Italia fiorì nel solco dell'idealismo e dello storicismo vicinano, con Croce, Omodeo e tanti loro compagni di strada e continuatori), per privilegiare invece la storia «quantitativa» e materiale, le strutture profonde degli aggregati sociali, usanze, credenze, sensibilità collettive. Non più battaglie e trattati, conquiste e dinastie, ma curve demografiche, mercuriali di prezzi, associazioni di mestiere, congregazioni religiose, evolvere delle tecnologie, metodi di conduzione agricola, condizionamenti del territorio e del clima, e chi più ne ha più ne metta. Il tutto usando ogni più sofisticato metodo di indagine, dalla statistica all'informatica, dalla biostoria alla semiologia. L'immensità di questi nuovi campi da esplorare ha fatto si che lo storico finisse per insistere su territori molto limitati e attribuisse valore esemplare a ricerche di tema molto ristretto — la cosiddetta micro-storia — nell'illusione di poter ricostruire personaggi o vicende con una penetrazione capillare e totale, senza riuscire per questo a sottrarsi al rischio perenne della storia psicologica. Che sarebbe poi il sogno impossibile di penetrare nell'intimità più segreta delle coscienze e di giungere a narrare non ciò che il soggetto fece in effetti (cosa possibile ove sia disponibile una documentazione adeguata), ma ciò che pensò e volle nel fare, cioè una certezza che nessuno può attingere, neppure se si tratta di se stesso e di un passato recente. Queste metodologie novatrici sono apparse a moki studiosi, fedeli alla nostra tradizione storicistica, troppo meschinamente riduttive Il senso della storia da un lato, e dall'altro rinunciatarie di fronte alle grandi sintesi, che sole consentono di abbracciare il corso delle epoche e le vicende dell'umanità. Di qui i persistenti dissensi di fondo, anche perché i nuovi metodi escludono qualsiasi provvidenzialismo divino, come qualsiasi razionalismo terreno, che operino nel corso della storia per condurre l'umanità verso un preordinato fine. Si è andati a sfociare cosi, in particolare in Italia, in un clima di disorientamento e di contrasto, proprio mentre i libri di storia si vendono come non mai e le narrazioni «vere» fanno concorrenza alle pagine d'invenzione dei romanzieri. Debbo dire che un pochino di torto lo hanno gli uni e gli altri. La storia etico-politica tende a farsi storia di protagonisti, che esaltano od opprimono le masse informi, le guidano verso mete definite, ne costituiscono la coscienza e il cuore. La storia materiale finisce per disperdersi in una miriade di fatti, dati, influssi, tanto numerosi e capillari che più non riescono a spiegare ciò che realmente è accaduto sui grandi scenari del mondo. Ebbene, la risposta è che gli uni e gli altri hanno ragione, ma nel senso che per ricostruire e spiegare gli eventi del passato non c'è indizio superstite che possa essere trascurato, non c'è metodo obiettivo che non offra dati illuminanti, e lo storico dovrebbe poter far tesoro di tutto, dal monumento al relitto, dalla pergamena alla memoria autobiografica, dallo studio dei pollini a quello dei cromosomi. Certo, una documentazione totale, sia pure per aree e tempi limitati, può trascendere le forze del singolo ricercatore, ma anche la scienza storica, come tutte le altre scienze, è ormai ricerca col¬ Cattivi Pensieri di Luigi Firpo lettiva della specie umana, una stratificazione millenaria di accertamenti parziali. Ne consegue che nessun metodo può 's0pj3iàntarev-ir precedente, ma solo aggiun-^ gere nuove acquisizioni e nuovi angoli visuali. Quando Engels affermò che il fattore economico era il «filo rosso» che consentiva di spiegare il corso della storia, fu vittima di una distorsione unilaterale: furono innumerevoli nei secoli gl'individui, i gruppi, i movimenti, del tutto insensibili al potere del denaro, ma nessuno storico serio potrebbe prescindere oggi, in una sua ricostruzione, dal dare adeguato spazio ai fattori economici che suggerirono o imposero decisioni e comportamenti. Quel mio scuotere il capo, cui accennavo all'inizio, era provocato dall'adesione di Vattimo — sempre sottilmente pronto a cogliere spunti in favore di quel (■pensiero debole», che rifiuta qualunque orgogliosa certezza — alla tesi di Duby che la storia come scienza non esiste e che, alla fin fine, <è ima forma di letteratura di evasione», un romanzo d'avventure. La storia è scienza nella misura in cui è strettamente tenuta a non tralasciare neppure una delle testimonianze disponibili, dopo averle accertate criticamente, e a far di lutto per acquisirne di nuove. Là dove i documenti tacciono, esistono metodi probabilistici che aiutano a spiegare gli accadimenti attraverso le medie di comportamento e di sensibilità degli individui affini per ceto e cultura. D'altronde la narrazione storica, pur se si presenta compatta e fusa, può sempre venire scomposta in due momenti distinti: la ricostruzione fattuale, certa, e la spiegazione, in cui gioca una vigilata componente soggettiva. Fare storia di ogni cosa, da solo, è certo impossibile, ma di tutto si può fare storia. E proprio nel momento in cui al «senso della storia» non crede più nessuno (tranne chi aspetta l'Apocalisse), la storia acquista tutto il suo senso vero. Conoscere il nostro passato significa capire di dove veniamo e chi siamo; anche se la conoscenza degli antichi errori non ci aiuterà a evitarli in futuro, siamo almeno in grado di capire come sono nate e si evolvono le idee, le credenze, le abitudini e le speranze che ci fanno essere quello che siamo. Non credo che esista una scienza più utile di questa.

Persone citate: Cattivi Pensieri, Duby, Engels, Gianni Vattimo, Luigi Firpo, Omodeo, Vattimo

Luoghi citati: Italia