Ecco come sarebbe nato il signor Bonaventura
iuo teme sarebbe nate il signor Bonaventura «Rivelazioni» nel centenario di Sergio Tofano iuo teme sarebbe nate il signor Bonaventura DAL NOSTRO CORRISPONDENTE TREVISO — Questa sarebbe la vera storia del signor Bonaventura. Il celebre omino con il naso storto, gli occhi a forma di uovo, l'ampia giacca rossa e i larghi pantaloni bianchi nacque si dalla penna di Sergio Tofano, in arte «Sto», ma non. come lui ebbe modo di dire (forse per discrezione) durante una trasmissione televisiva, dalla sua fantasia. Il signor Bonaventura, banconota da un milione in tasca e immancabile bassotto al seguito, aveva un nome e un cognome: si chiamava Ildebrando Bonaventura e quando Tofano lo conobbe, correva l'anno 1917 e si era in pieno conflitto mondiale. E' un particolare inedito, che viene alla luce a un secolo esatto dalla nascita di Tofano, maestro della vignetta prima e del palcoscenico poi. Primavera del 1917, prima linea italiana sul Monte Ortigara, nel Vicentino, sull'altopiano dei Sette Comu¬ ni (Asiago). Sergio Tofano, romano, laurea in lettere alle spalle e in tasca il sogno di diventare attore filodrammatico, è comandante di un gruppo di artiglieria. Alle pendici del monte ci sono le batterie italiane, dall'altra parte le linee nemiche. Tra gli ufficiali delle postazioni italiane c'è anche un giovanissimo tenente: si chiama Ildebrando Bonaventura. E' originario di Mogliano Veneto, un paese a 20 chilometri da Treviso. Proviene da una ricca famiglia di proprietari terrieri, e questo lo differenzia dai compagni. Il tenente porta con sé anche al fronte un piccolo cane bassotto di color marrone, dal quale non si distacca mai. S'inerpica con lui sulle ripide mulattiere quando il comandante Tofano lo chiama a rapporto e in pochi mesi il bassotto diventa la mascotte della compagnia. Ben presto il tenente e il suo comandante stringono amicizia e un giorno, per caso, vedendo il giovane Ildebrando e il suo bassotto salire faticosamente per la mulattiera, Tofano, sporgendosi da una feritoia dell'osservatorio sul cocuzzolo del monte, avrebbe pronunciato la fatidica frase: «E qui comincia l'avventura del signor Bonaventura». Sette parole destinate poi ad accomagnare intere generazioni di italiani. Tofano di 11 a qualche mese lasciò il comando del gruppo di artiglieria sull'Ortigara per andare a curare il giornalino destinato alle truppe, la famosa «Tradotta». Un «foglio» nato per «allietare» la vita dei giovani militari e, l'anno successivo, il vignettista romano si ricordò del tenentino e del bassotto, quando propose, con la firma di «Sto», una serie di spiritosi quadretti-vignette all'allora direttore del «Corriere dei Piccoli». Silvio Spaventa Filippi. E 11 cominciò la fortuna di quel signore «ormai ricco da far paura», che alla fine di ogni storia tirava fuori dalla tasca la gigantesca banconota da un milione (diventato un miliardo dopo la guerra). Quanto all'altro signore, il Bonaventura vero, ebbe pure lui una discreta fortuna: finita la guerra, divenne prima podestà di Mogliano Veneto e successivamente presidente del più importante istituto di credito della provincia di Treviso, la Cassa di Risparmio della Marca Trevigiana, che tuttora conserva nel salotto buono della sua sede un suo ritratto su tela. Flavio Corazza Autoritratto di Sergio Tofano che disegna il Signor Bonaventura
Luoghi citati: Asiago, Mogliano Veneto, Treviso
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