Nuove eresie dell'America cattolica di Ezio Mauro

Nuove eresie dell'America cattolica Il caso Curran ha portato alla ribalta le inquietudini e il malessere nelle diocesi Usa Nuove eresie dell'America cattolica Il numero dei fedeli è cresciuto, ma il 79 per cento non esclude di essere in disaccordo con il Papa su aborto e divorzio - La crisi delle vocazioni offre alle donne nuovi spazi: «L'ordinazione sacerdotale non è più il nostro obiettivo, deve cambiare la struttura della Chiesa» DAL NOSTRO INVIATO WASHINGTON — Le migliaia di lettere, tutte con il sigillo arcivescovile in alto, la firma a mano stampigliata in fondo, sono pronte negli scatoloni della curia di San Antonio, e partiranno con un anno esatto d'anticipo, all'inizio di settembre. Un gruppo di ragazzi-postini volontari le porterà nelle case di tutti i cattolici della diocesi, segnalati ad uno ad uno dalle parrocchie: a loro, con previdenza e preoccupazione, l'arcivescovo Patrick Flores chiede di pagare fin d'ora, con una sottoscrizione volontaria, il costo della tappa che il Papa farà in Texas nella sua seconda visita americana, a metà settembre '87. Due milioni e mezzo di dollari per provvedere ai trasporti, all'altare di sicurezza, ai microfoni e alla vigilanza per la grande messa all'aperto di Giovanni Paolo II a San Antonio. 'Non credo che raccogliere l soldi sarà un problema — spiega monsignor Flores — ma meglio muoversi per tempo. Noi vogliamo che al suo arrivo il Papa trovi tutto a posto, qui in America». Pragmatica e ottimista, la grande colletta diocesana del Texas non può però rimette' re a posto proprio tutto e nascondere i nervosismi mero ciati e i segnali di preoccupazione reciproca che Roma sta scambiando in queste settimane con gli Usa. In pochi giorni, a Los Angeles il reverendo Terranee Sweeny si è dimesso dopo 24 anni dall'or dine dei Gesuiti, sostenendo . che il delegato apostolico negli Stati Uniti, Pio Laghi, aveva consigliato ai suoi superiori di ordinargli di distruggere un sondaggio-inchiesta tra i vescovi americani sul problema del celibato dei preti e dell'ordinazione femminile. A Toledo, nell'Ohio, una ragazzina di 11 anni, Sarabeth Eason, non è stata riammessa al collegio cattolico di Sant'Agnese perché si è dichiarata a favore dell'aborto e ha rifiutato di firmare una lettera di ritrattazione. A Charleston due suore. Barbara Ferraro e Patricia Hussey, hanno appena saputo che rischiano l'espulsione dal loro ordine per la stessa ra- Rione. A Berkeley il gesuita Michael Buckley ha visto rimettere in discussione il suo incarico di consigliere della Conferenza nazionale dei vescovi appena è stata diffusa una sua lettera di nove anni fa, in cui sosteneva l'ordinazione sacerdotale delle donne. A Washington 11 reverendo James Provost, esperto di diritto canonico, ha denunciato pressioni vaticane contro le sue opinioni sul divorzio. «lo non ho il minimo dubbio — dice il professor Charles Curran, allargando le braccia davanti a questo elenco di tensioni e incomprensioni, aperto dalla censura vaticana che dieci giorni fa gli ha proibito di continuare a insegnare teologia all'università cattolica di Washington —. Roma mi ha condannato per dare un segnale ben preciso alla Chiesa statunitense, in un momento di frizioni ripetute e pericolose. Voglio dire che io sono stato colpito, e non a caso in questo momento, proprio perché sono un cattolico americano: Per capire che cosa preoccupa Roma, non bisogna fermarsi ai grandi numeri, che non denunciano alcuna crisi. In vent'anni, il numero degli americani che si riconosce nella Chiesa cattolica è passato da 46 a 52 milioni, percentualmente è calato solo di quattro punti, dal 26 a quel 22 per cento dell'intera popolazione che ne fa sempre il gruppo religioso più ampio degli Stati Uniti. Quattro cattolici americani su dieci vanno a messa tutte le domeniche, 29 su cento approvano tutto ciò che fa il Papa, altri 39 su cento sono d'accordo con le conclusioni del Concilio, vent'anni dopo. Ma a guardar bene, come rivela un sondaggio condotto a novembre dalla Cbs, si scopre che il 68 per cento dei cattolici d'America è favorevole alla contraccezione, il 73 per cento appoggia la possibilità di risposarsi per chi ha divorziato, solo il 15 per cento è assolutamente contrario all'aborto e soprattutto il 79 per cento (che vuol dire quattro fedeli su cinque) sostiene la possibilità di essere in disaccordo con il Papa sul controllo delle nascite, sull'aborto e sul divorzio pur rimanendo buoni cattolici. Sono proprio questi i tre temi al centro del «processo» aperto dal cardinale Ratzinger contro Charles Curran e le sue teorie sull'etica sessuale, con il fronte della teologia liberale americana schierato a sostegno della libertà di dissenso anche nelle università cattoliche. «Afa insieme con la ricerca dei teologi, che con la loro eterodossia dottrinaria fanno più scandalo, i contrasti tra la Chiesa Usa e Roma riguardano il problema delle donne e del loro ruolo, e la questione del celibato dei preti — ci dice Russel Chandler, esperto di religioni del Los Angeles Times —. Tre punti di frizione che in fondo ripropongono tutti il grande contenzioso sull'autorità e la libertà nella Chiesa, al centro della discussione tra gli Usa e il Vaticano: 'Lo scontro è su chi esercita il potere nella Chiesa, e come — conferma Frances Kissllng, direttore dei «Cattolici per una libera Chiesa», finita ieri in copertina sul Magazine del Washington Post con i suoi capelli biondi, i suoi 44 anni di cattolicesimo ribelle e il suo soprannome di «cardinale» —. Per questo le donne sono il problema più grande per il mondo cattolico americano: chiedono di dividere il potere che l'autorità vuole muntene re intatto, con la loro rivendi cazione di un ruolo mettono in discussione l'attitudine conservatrice della gerarchia-. In realtà le donne cattoli che — anche grazie all'atteri zione di cardinali come John O' Connor a New York e Joseph Bernardin a Chicago, convinti che «si devono aprire tutte quelle aree tradizionalmente riservate all'uomo», stanno trovando nella Chiesa americana funzioni e riconoscimenti di fatto che superano i ruoli formali, sia pure per necessità più che per scelta. La crisi delle vocazioni, che ha fatto passare il numero delle parrocchie Usa senza un parroco residente dalle 550 di vent'anni fa alle 1183 di oggi, fa si che un numero sempre maggiore di comunità parrocchiali sia gestito interamente dalle suore — come le tre che portano avanti la Chiesa di Tutti i Santi a Brooklin — con gli stessi compiti e lo stesso stipendio di un prete (8 mila dollari all'anno), ma senza la possibilità di dire la messa e di somministrare i sacramenti, riservati a un sacerdote che serve la parrocchia parttime. Negli Usa, assicura una ricerca condotta da Adair Lummis del seminario di Hartford, nel Connecticut, si va verso un clero che per metà sarà composto da don ne. Ma tra le 120 mila religiose divise nei 600 ordini presenti negli Stati Uniti, più di metà oggi supera i sessantanni, e le presenze sono ridotte della metà rispetto all'epoca del Concilio. Fuori dai conventi, tra le donne americane, gruppi e organizzazioni cattoliche stanno abbandonando l'obiettivo dell'ordinazione sacerdotale: -Da sola, senza cambiare la struttura, l'ordinazione non conta nulla — ci spiega Elizabeth Schussler Fiorenza, docente aU'Episcopal Dimnity School di Cambridge nel Massachusetts — Immette le donne agli ultimi gradini di un ordinamento gerarchico che le sovrasta e che non possono in nessun modo controllare-. 'Essere donne-preti in un'organizzazione così sessista non serve a nessuno — ci conferma Mary Jo Weaver, docente di storia religiosa all'indiana University ài Bloomington, e dirigente del movimento Women Church —. Noi vogliamo che cambi il sistema di comando nella Chiesa, e intanto ci raduniamo in piccoli gruppi, di scutiamo, incominciamo a compiere celebrazioni di tipo eucaristico con il pane e il vino. La gerarchia tace, ma incomincia pian piano a prendere coscienza dei nostri problemU. Il sondaggio che padre Sweeney ha condotto tra i 145 vescovi americani e che gli è costato la rottura con i gesuiti, ha raccolto un 8 per cento di risposte favorevoli all'ordinazione femminile. Un vescovo su quattro, invece — tra quelli che hanno restituito il questionario — si è dichiarato pronto ad abolire il celibato dei sacerdoti, un problema che in un Paese come gli Usa, dove i seminaristi sono passati in vent'anni da 48 mila a poco più di 10 mila, rischia di diventare «la macina di mulino attorno al collo dei pretU, come ha scritto al Messaggero di sant'Antonio il parroco di mille famiglie in un paese del Middlewest, firmandosi father wells. Un problema sostenuto con forza dalla minoranza nera, che oggi conta negli Usa 300 preti oltre a dieci vescovi, e dai teologi liberali decisi a combattere nel celibato «un simbolo della dominazione maschile — come ci spiega il professor Bernard Cook, che insegna teologia si stematica al college della Santa Croce di Worchester. nel Massachusetts — e quin di un simbolo dell'autorità gerarchica-. E il braccio di ferro sul contrasto autoritàlibertà sta contrassegnando tutte le piccole guerre locali di disobbedienza aperte dai teologi americani nei confronti di Roma, all'ombra del caso Curran. «71 Papa non deve confondere il teologo con il catechista — ci dice il reverendo Richard Mcbrien, capo del dipartimento teologico all'Università di Notre Dame, nell'Indiana — e poi deve capire che mentre lui e Ratzinger arrivano da due chiese locali particolari, dove il dissenso sarebbe negativo per tutti, da noi in America la Chiesa cattolica deve fare i conti con un sistema di libertà, di dialogo e di tolleranza». Sono le stesse cose che nel linguaggio dei suoi 11 anni ripete Sarabeth Eason, dopo che le sue idee sull'aborto le hanno chiuso la porta della scuola di sant'Agnese: «Subito, l'accusa della Chiesa mi ha intimidito. Poi ho pensato che anch'io posso servire per far capire ai ragazzi della mia età che qui negli Usa si può restare cattolici senza perdere la libertà di parola-. Ezio Mauro