I nostri soldi di Mario Salvatorelli di Mario Salvatorelli

r I nostri soldi di Mario Salvatorelli r I nostri soldi di Mario Salvatorelli n fisco non lascia dormire i Siamo tlue coniugi, il muniti l'in Ivaldi, 'i'i anni, vii ni'. Giovanna Parodi, 53 unni, che mi scrive da Acqui Terme, si scusa ■ se la teucra unii è Ji persona culla ■ (in rcalù. ali errori sono pochi, e più elie comprensibili dopo 23 anni passati in Belgio), e mi descrive il loro caso. che. dice. • min ri lascia più dormire, siamo tristi e nervosi, e questo mi preoccupa, per min muniti che è limilo ammalalo». Infatti, il sitmor Ivaldi ha contrailo nelle miniere del Belgio uni serie di malattie professionali (silicosi, enfisema polmonare, bronchite cronica, diabete), cosi è tornato in Italia, dove all'inizio gli arrivava una pensione di XI IO mila lire al mese, c ora. compiuti i o5 anni, la pensione di vecchiaia di 650 mila lire, più quella di malattia, ma drasticamente ridotta. - Ih lutale - continua la moglie arrivano ora dal Belgio 838 nula lue al mese, pero il Belgio trattiene già la sicurezza sociale che non sappiamo quant'è. !>, di'Italia imo marito prende la minima, che è di circa Min mila lire ogni due mesi, nm assegni familiari (dovrebbe essere 700 mila circa, n.d.r.). essendo io .senza reddito». Ed ecco la domanda: < Dobbiamo pagare le ias.se .sui .soldi che l'Italia non ci da! Sulla pensione italiana sono d'accordo, che ci tassi l'Italia, elle ce la dà. Ma. quella del Belgio, perché debbono lassarmi su soldi che l'Italia non mi dù?>. Mi sono informato, dall'inps. se il «caso», che non fa dormire gli sfortunati coniugi di Acqui Terme, poteva rientrare nel problema della doppia imposizione: del Paese che rilascia e di quello dove si gode — si fa per dire — la pensione. Risposta: il problema non esiste, perché il Belgio non opera trattenute fiscali sulle pensioni che corrisponde a chi risiede all'estero. La moglie deil'ex minatore, però, considera ingiusto che il fisco colpisca un reddito, in questo caso una pensione, pagata da un altro Stato. Comprendo la sua amarezza, ma trovo abbastanza singolare questa interpretazione dei rapporti tra cittadini e fisco. Da essa ne discenderebbe, infatti, che in Italia dovrebbero pagare le imposte sui redditi solo 4 milioni di dipendenti pubblici (da ministeri, aziende autonome, Enel, enti locali. Usi. eccetera), su un totale di 20 milioni e mezzo di occupati, e solo 2 milioni e mezzo di pensionati su un totale di IX milioni. Ma. cara signora Giovanna, tutti devono concorrere alle spese della pubblica amministrazione (per la sanità, la giustizia, l'ordine pubblico, l'istruzione, e via dicendo), in proporzione ai rispettivi redditi. pubblici o privati, di lavoro, di capitale o di pensione, italiani o esteri, superiori a un certo livello e purché non siano già stati tassati (come la pensione belga di suo marito). Fissato il principio, però, si deve valutare attentamente ogni possibilità offerta dalla legge, affinché la "proporzione" sia rispettata, giovandosi, se necessario, dei consigli di chi se ne intende veramente, e che abbia la nostra fiducia (cosa che non mi sembra, dalla lettera, che avvenga per i coniugi di Acqui Terme). Analogo suggerimento, anche se il caso è diverso, darci ad altri coniugi, i signori Rocco c Maria Gualtieri, di Torino, che scrivono: "Titolari di una ditta grossista, senza alcun deposito, tutti e due oltre la settantina, già pensionati Vo Coni I vecchiaia commercianti), vorremmo sapere se è giusto che si continui a pagare circa ■f milioni annui per l'Inps». Se i pensionali continuano ad essere «a bottega», come mi sembra siano questi lettori, essi devono continuare a versare i contributi sociali, né più né meno degli altri commercianti «in attività di servizio». Potrebbero, però, rivolgersi alla loro associazione, al patronato, per esaminare l'eventuale opportunità di modificare la situazione, per esempio lasciando un solo titolare della ditta. Quali azioni? •■ Desidererei conoscere la differenza tra azioni ordinane e privilegiale. A parte il fatto che i loro possessori non hanno diruto al voto nelle assemblee, perché le azioni privilegiale valgono di meno, perché, cioè, hanno una quotazione più bussa?». Lo domanda una lettrice di Mosso Santa Maria (Vercelli), che firma per disteso, acclude i francobolli per una e risposta privata>. ma se non fosse possibile, prega pubblicare con lo pseudonimo «Jole 88». L'accontento per quanto riguarda lo pseudonimo, non nella risposta privata (e le rispedisco il francobollo, pregando ancora una volta i lettori di non mandarmene mai) perché non é la sola a farmi questa domanda. La risposta, cara «Jole 88». e già contenuta nella sua lettera. E' proprio perché le azioni privilegiate non hanno diritto al voto (nelle assemblee ordinarie), che la loro quotazione è più bassa. Infatti, esse non interessano chi vuol mantenere, oppure conquistare, in ogni caso avere voce in capitolo nella gestione delle società quotate in Borsa. Invece, i piccoli investitori, i risparmiatori possono preferire le azioni privilegiate, e cosi quelle di risparmio, che sono «privilegiate» nella distribuzione e. in certi casi, nell'entità dei dividendi.

Persone citate: Giovanna Parodi, Ivaldi, Maria Gualtieri