L'ambasciata libica a Roma rischia di rimanere con i fondi dimezzati

L'ambasciata libica a Roma rischia di rimanere con i fondi dimezzati Quasi un giallo: oltre ai beni, congelati anche i conti correnti L'ambasciata libica a Roma rischia di rimanere con i fondi dimezzati ROMA — L'ambasciata libica a Roma rischia di restare con i fondi dimezzati. Tra i beni caduti nella rete approntata £.'la fine di giugno dal tribuna di Milano, vi sono infatti anche conti correnti nr 'essari a mandare avanti l'attività della sede diplomatica. Un nuovo ..giallo» nella guerra di carta bollata avviata dalla magistratura italiana su richiesta di alcune imprese che vantano crediti nei confronti della Libia? Dall'ambasciata libica nessun commento d'ambasciatore Abdulrahman Shalgan è mo- mentaneamente a Tripoli), solo l'ammissione generica del congelamento, senza l'indicazione dei nomi delle banche coinvolte. Il sequestro conservativo dei beni libici, disposto settimane fa dai magistrati milanesi, interessava cinque istituti: la Banca Nazionale del Lavoro, la Comit. il Credito Italiano, il Banco di Roma e l'Ubae Arab Italian Bank. Secondo fonti attendibili, senza conferme ufficiali, sarebbe stato congelato un conto presso la Banca Nazionale del Lavoro. Ma non si può escludere che venga fuo¬ ri qualche altro istituto. La notizia diffusasi ieri nella capitale ha destato molto stupore. Molto dura la dichiarazione del difensore degli interessi libici in Italia, avvocato Zappacosta: «Si tratta di una misura coercitiva in violazione di norme giuridiche interne e internazionali. Privare un'ambasciata delle risorse equivale ad impedirle di svolgere le funzioni diplomatiche». Secondo Zappacosta già la Corte Costituzionale ha confermato il principio della non pignorabilità dei beni detenuti dall'agente di- plomatico in nome e per conto dello Stato che rappresenta. Insomma una situazione «molto grave», sostiene, che richiede urgenti provvedimenti amministrativi. All'Ubae di Roma, un istituto sempre più utilizzato dalla Libia per le operazioni commerciali, si afferma che nessuna nuova ordinanza è arrivata alla banca dopo quella nota da tempo e che nessuna iniziativa è stata presa nei confronti dell'ambasciata libica, anche se non si conferma, ovviamente, se esiste un conto corrente intestalo alla Jamahiriah. Negli uffici legali di alcune banche, semideserti per le ferie, non si nasconde la sorpresa: non si tratterebbe, infatti, di una novità ma di un provvedimento contenuto implicitamente nel sequestro conservativo. Gli stessi avvocati delle imprese che hanno avviato l'azione giudiziaria contro il governo libico per conto di un'azienda di Milano e di una di Piacenza commentano: «Noi non abbiamo chiesto il sequestro dei conti dell'ambasciata libica; ci siamo limitati ad agire sui fondi che sei banche di Tripoli avel'ano depositato presso cinque istituti di credito». Allora che cosa è accaduto esattamente? Per il momento nessuno lo può dire, si fanno solo ipotesi: un eccesso di zelo da parte di alcune banche che hanno incluso il conto corrente tra i beni da sequestrare, al di là della volontà del magistrato: l'impossibilità per una banca di arrivare alla cifra di 7 miliardi, decisa dal tribunale, senza l'inclusione tra i beni da sequestrare del conto corrente intestalo all'ambasciata della Libia. Delle cinque banche che maggiormente operano sulla piazza romana, la Bnl e il Banco di Roma: quest'ultimo istituto non ha rapporto di conto corrente con l'ambasciata di Gheddafi. ci hanno detto fonti autorevoli. Ambasciata a secco, dunque? Negli ambienti bancari è un'ipotesi che trova scarso consenso: probabilmente l'ambasciata libica gode di vari canali di approvvigionamento finanziario e comunque nulla vieta di aprire nuovi conti presso altri istituti. Le ambasciate straniere possono avviare conti correnti presso gli uffici esteri di qualsiasi banca e possono accendere anche conti in valuta (dollari, marchi, fiorini, ecc.) vietati ai cittadini italiani. C'è chi si pone altri interro gativi: perché la notizia è fil trata solo adesso e presenta ta come una novità? Qualcuno ritiene, ma è pura dietrologia, che la Libia abbia interesse a tenere vivo l'argomento e soprattutto ad accelerare i tempi di soluzione della querelle di carta bollata: la questione arriverà davanti al pretore di Roma soltanto 11 6 maggio del 1987 L'episodio non ha avuto contraccolpi politici: alla Farnesina si minimizza. e. pa

Persone citate: Abdulrahman Shalgan, Arab, Gheddafi, Zappacosta