Sos, agguato- Natura

Sos, agguato» Natura Sos, agguato» Natura Dieci anni fa, in Cina, il terremoto più sconvolgente: 750 mila vittime - Secondo la National Geographic Society Usa ci minacciano seicento vulcani - I discussi «segnali premonitori» La storia dell'umanità è punteggiata di «date nere., quelle tragiche ricorrenze di morte e distruzione provocate dai cataclismi naturali che si scatenano nei due emisferi. Terremoti, eruzioni, uragani, onde assassine non hanno risparmiato praticamente nessun angolo della Terra, colpiscono quasi sempre all'improvviso e solo di recente la scienza moderna delle previsioni ha cominciato a «leggere» nelle profondità del globo, a frugare fra gli abissi degli oceani, a capire il corso bizzarro dei venti per anticipare, almeno in parte, la furia devastatrice degli elementi. La sciagura più spaventosa, di certo una delle peggiori di cui si abbia notizia, è il sismo che devastò la regione cinese di Tangshan il 28 luglio 1976. Un terremoto misurato in oltre otto gradi della scala Richter, che fece non meno di 750 mila vittime. Solo nel 1979 si apprese che le scosse avevano «spostato», fino all'altezza di tre metri, una faglia lunga 150 chilometri cancellando città, villaggi, strade, linee ferroviarie e acquedotti. Altra circostanza impressionante, i geyser di sabbia scaturiti nelle zone vicine all'epicentro e rimasti attivi per giorni. Nel dopoguerra un posto a sè occupa il terremoto che rase al suolo il 28 febbraio 1960 la città marocchina di Agadir: 12 mila morti accertati, quasi tutti sepolti sotto un'immensa coltre di calce viva per il timore di epidemie, non potendo inumarli altrimenti. Sempre in quell'anno, la terra tremò nel Cile meridionale (5.700 morti) ed a Lar, nell'Iran (450 vittime). Oggi i tecnici sono riusciti ad individuare le regioni dove la situazione tettonica può preludere allo scorrimento o alla collisione delle fasce in cui è suddivisa la litosfera, la parte più esterna e rìgida | della Terra. Fra le più attive risulta la cosidetta zolla dì Cocos, nel Messico, una specie di «triangolo maledetto» che si appoggia ad Est sul «piede» dei Caraibi, ad Ovest sulle rive del Pacifico ed a Sud sulla placca di Nazca. Ciò spiega la frequenza dei fenomeni tellurici a Città del Messico, culminati nello spaventoso terremoto del 20 settembre 1985 Diverse migliaia i morti, interi quartieri della capitale distrutti, un colpo quasi mortale all'economia tanto disastrata del Paese. Quello messicano fu uno dei più violenti sismi del secolo, sia per durata che per intensità, dopo la tragedia di San Francisco del 1906. Ugualmente devastanti furono i terremoti registrati, quasi sempre in regioni molto popolate, nell'Iran settentrionale (1° settembre 1962, 12.300 morti): nel luglio dell'anno successivo a Skopje, in Jugoslavia (1.100 morti); il 31 mag gio 1970 nel Perù (quasi 67 mila morti); l'antivigilia del Natale 1972 a Managua, in Nicaragua (12 mila morti). Il 4 febbraio 1976 fu la volta del Guatemala (23 mila morti), il 17 agosto toccò alle Filippine contare ottomila vittime sull'isola di Mindanao, il 24 novembre è l'Anatolia turca a piangere 3.800 vittime. Per l'Italia non si può non ricordare il Belice, in Sicilia (15 gennaio 1968, 666 morti); il migliaio di vittime nel Friuli (6 maggio 1976), i 4.800 morti nell'Irpinia, il 23 novembre 1980. Sono ferite che continuano a bruciare, che alimentano polemiche sull'efficacia e sulla prontezza di intervento dei servizi di protezione civile, che ripropongono l'avvilente fenomeno dei baraccati a vita. Diverso, ma non meno preoccupante, il discorso sui vulcani che uccidono. Secondo una mappa aggiornata della National Geographic Society americana, sono circa 600 quelli considerati attivi, spesso dormono per secoli e si svegliano improvvisamente con pochissimi segni premonitori. Come il Nevado del Ruiz «scoppiato» la notte del 14 novembre dello scorso anno sopra la cittadina di Armerò, nella Colombia occidentale, 170 chilometri a Nord-Ovest di Bogotà. I vulcanologi lo tenevano sotto osservazione da tre mesi e non sembravano dare eccessivo peso al fatto che avesse cominciato ad eruttare dopo un sonno durato quasi mezzo millenio. Dalla cima innevata del vulcano, alto oltre cinquemila metri, un'immensa colata di fango travolse Armerò e i tre villaggi circostanti di Santuario, Carmelo e Pindalito, alcuni detriti incandescenti vennero scagliati fino a 15 chilometri dal cratere. I morti furono oltre 25 mila, il più alto numero di vittime dopo l'eruzione della Montagne Pelée, in Martinica, che all'inizio del secolo uccise 30 mila abitanti dell'isola. In precedenza, nel 1951, si era risvegliato il vulcano Lamington, nella Nuova Guinea (quattromila morti); nel 1980 tornò in attività il Mount St. Helen, nello Stato di Washington: bilancio 60 vittime e 40 mila ettari di vegetazione in fiamme. Infine, restano gli insulti naturali giunti dal cielo e dal mare. Ed ecco gli uragani caraibici dai leggiadri nomi di donna che flagellano le coste americane, i tifoni ed i cicloni tropicali che soltanto nel Bangladesh hanno causato quasi 400 mila morti in un ventennio, il tsunami, la terribile onda frontale del maremoto che travolge a morte ogni anno centinaia di persone lungo le coste del Giappone e della Corea. In sostanza, l'uomo esplora il cosmo ma non conosce ancora bene la terra su cui vive. Piero de Garzarolli

Persone citate: Nevado, Piero De Garzarolli, Richter, Ruiz