La violenza non è del «vir»

La violenza non è del «vir» LA LINGUA CHE PARLIAMO - ETIMOLOGIE DI COMODO La violenza non è del «vir» Apprendo dallo spiritoso articolo di Gianni Vattimo, non senza motivo intitolato Regali dell'estate, sulla «Stampa» del 10 agosto, che Ida Magli ha pubblicato in prima pagina sulla «Repubblica» del 6 agosto un Discorso del fallo. L'impostazione del titolo è solenne e fa venire in mente il De bello gallico, Del principe e delle lettere e Dei delitti e delle pene: intendendo diversamente quel del, si correrebbe il rischio di far credere che il fallo possa parlare, cosa che, a quanto so, non è ancora venuta in mente a nessuno; ma quello che più interessa è che, sul fondamento che i maschi hanno sempre aggredito la donna, si dà un'etimologia secondo la quale la parola violenza verrebbe dal latino vir «uomo». Oh, come sarebbe bello rispettare un po' di più la linguistica e la storia delle parole non tirandole, povere innocenti, nelle nostre personali ideologie! Violenza è il latino violentia che viene da violentus «violento», a sua volta da vis «forza» e non da t>tr «uomo». Da vir viene, bensì, virtus «virtù», alla quale, a quanto sì sa, non si possono imputare stupri o violenze sessuali in genere. Semmai, in certi periodi della nostra storia, virtù designò la capacità di fare in modo esemplare certe imprese e di qui venne, come è noto, virtuoso, rimasto nel linguaggio della musica. Già Cicerone sapeva che virtus viene da vir e dice che propria della virtus è la fortezza, i cui uffici massimi sono due: il disprezzo della morte e del dolore. Altro che violenza contro le donne! Vir vuol dire «uomo» in contrapposizione alla donna ma si tratta di un fatto puramente di lessico, visto che per dire «creatura ragionevole», in opposizione a bestia, i latini avevano homo, propriamente «nato dalla terra», •terrestre» e perciò in contrapposizione alla divinità «celeste». La parola da cui viene t'tolenza (per tramite di violentus), vis, voleva dire «forza». Mettere insieme vis e virtus è semplicemente cosa prescientifica. Un po' più pesante è il gioco sui nomi di alcuni protagonisti della cronaca rievocati da Vattimo. Se un insegnante accusato di tentato stupro di un'allieva si chiama Conficconi fe un pubblico amministratore, difensore del diritto di omosessuali a radunarsi, si chiama Orecchioni, si può parlare di curiosi accidenti ed è davvero probabile che la cronaca li abbia ricordati perché siamo in tempo di vacanze agostane. Ma qui ci verrebbe un lungo discorso sui nomi (e sui cognomi che dai nomi derivano), sul loro valore augurale o no, sulla realtà che essi — si diceva — adombrano, sulle infinite loro relazioni negli sfaccettati rapporti da essi intrecciati. CI sono Interi capitoli di retorica medioevale sui nomi. 'Come si può chiamare Manente un uomo che è sempre in giro e Legista un uomo senza legge?', dice un autore delle origini. L'etimologia, cioè la pseudo-etimologia e la figura etimologica erano tenute in grande con- siderazione nel Medioevo. Ricordiamo Dante: Oh padre suo veramente Felice! / oh madre sua veramente Gtovanna, i se, interpretato, vai come si dice! Si parla di San Domenico e se per Felice il valore è trasparente, per Giovanna bisogna sapere che il nome, ebraico, nei lessici medioevali figurava col significato di «grazia di Dio». Come si vede, da nomi, per dir cosi, poco riguardosi, siamo arrivati al Paradiso, parola, che, attraverso il latino e il greco (in cui assunse il valore di «giardino»), risale ad una voce iranica che vuol dire «luogo recintato» e cioè ha un significato molto più umile e terrestre di quello che si potrebbe immaginare a prima vista. Le parole, in verità, hanno anch'esse, come gli uomini, le famiglie, i popoli, i loro alti e bassi e la loro storia, a patto di conoscerla e di usarla con qualche competenza, è un capitolo affascinante delle vicende umane. Ma, per tomare al punto dal quale siamo partiti, ricordo che una signora, preside di una facoltà universitaria americana, voleva abolire, essendo femminista, la parola chairman «presidente. In quanto contiene la parola man «uomo* e voleva sostituirla con chairperson, composto con persoli «persona»; ebbene, alcuni burloni, in un giornale studentesco, dissero che person, finendo in son, che vuol dire «figlio», andava in senso contrario ai propositi dell'illustre Innovatrice. Tristano Bolelli

Persone citate: Conficconi, Gianni Vattimo, Ida Magli, Manente, Orecchioni, Tristano Bolelli, Vattimo