Il mistero del «C-47»

Il mistero del «C-47» Il mistero del «C-47» Il jet militare cadde davanti allo stabilimento Montefìbre - Improvvisa perdita di quota - 51 programma dì volo non era stato rispettato VENEZIA — -Tutto bene» fu l'ultimo messaggio. Subito dòpo il jet militare «C47 Dakota», con a bordo due ufficiali e due sottufficiali, perse quota e andò a schiantarsi davanti allo stabilimento «Montefìbre» di Marghera, dove esplose. La tragedia, che avWbbe potuto assumere proporzioni molto più gravi se il velivolo fosse caduto nella zona degli impianti chimici, si consumò nell'arco di cinque-sei minuti. Tanto il tempo decorso dal decollo. Secondo il generale Ambrogio Viviani fu il servizio segreto israeliano a causare l'incidente, per ritorsione. Con lo stesso «C-47 Dakota» esploso a Marghera, aveva sostenuto Viviani. erano infatti stati trasportati in Libia, tre giorni prima del disastro, i terroristi arabi arrestati il 5 settembre 1973 con l'accusa di aver progettato un attentato a un aereo di linea israeliano. I membri dell'equipaggio sarebbero stati gli stessi, con una sola eccezione, il colonnello Minerva, che a Roma aveva preferito rientrare a bordo di un velivolo «Alitalia». Il 20 novembre del '73 la missione in Libia, il 23 la tragedia nel cielo veneto. Il «C47 Dakota» aveva lasciato alle 8,30 l'aeroporto «Marco Polo» di Tessera (Venezia) diretto alla base militare di Aviano (Pordenone). I membri dell'equipaggio destinati, di li a poco, a una tremenda fine, erano il colonnello Enano Borreo. il tenente colonnello Mario Grande, i marescialli Aldo Schiavone e Francesco Bernardini, rispettivamente di 58. 54. 38 e 52 anni, tutti residenti a Roma. Il viaggio non cominciò sotto i migliori auspici. Le imperfette condizioni meteorologiche (vento e nebbia) costrinsero l'equipaggio a non seguire la tradizionale rotta di decollo. Anziché verso Trieste, il bimotore di trasporto, appartenente allo Stato Maggiore dell'Aeronautica militare di stanza a Roma-Ciampino. si mosse verso Venezia-Chioggia. in direzione opposta. Una volta salito in quota, il jet avrebbe quindi dovuto compiere un'inversione di marcia e puntare verso Est. seguendo il canale Fusina ed evitando la zona industriale di Marghera. Ma il programma di volo nóró-venne rispettato, per ragioni che a distanza di circa tredici anni ancora non sono state chiarite. Di certo, finora, vi è solo che l'aereo, conclusa la virata, precipitò improvvisamente sul complesso «petrolchimico». -L'ho visto sbucare dalla nebbia e dirigersi verso il centro meccanografico» raccontò allora un testimone. Il bimotore, nell'urto contro la palazzina, perse l'ala destra, i cui frantumi, veri e propri proiettili, non raggiunsero miracolosamente gli impiegati del centro. Il «C-47 Dakota», lambita una cabina elettrica, piombò poi nel piazzale che si allarga davanti alla direzione «Montefìbre... esplodendo. Una pioggia di relitti incandescenti si sparse in un vasto raggio, distruggendo una ventina di automobili. Nessuna vittima fra i lavoratori della Montefìbre. Le squadre antincendio dello stabilimento non esitarono a intervenire, in breve rinforzate dai vigili del fuoco di Marghera e di Mestre. Si aprirono due inchieste per accertare le cause della tragedia. Una del comando dell'Aeronautica, l'altra della procura della Repubblica. I magistrati disposero il sequestro dei nastri con le registrazioni delle comunicazioni fra il colonnello Borreo e la torre di controllo. Uno scambio di informazioni suggellato dal confortante messaggio -Tutto bene» che sarebbe poi stato in breve smentito. Che cosa provocò la tragedia? Le inchieste non riuscirono a corredare l'interrogativo di una risposta -in positivo». Si limitarono a escludere il sabotaggio, una «verità» rimessa in discussione dalle dichiaraI zioni del generale Viviani.

Persone citate: Aldo Schiavone, Ambrogio Viviani, Enano Borreo, Francesco Bernardini, Fusina, Mario Grande, Minerva, Tessera, Viviani