Il fantasma e l'arcaica legge della «bessa» di Lia Wainstein

Il fantasma e l'arcaica legge della «bessa» UN'ALBANIA PATRIARCALE NEI RACCONTI DI RAPARE' E NEI RICORDI DI UN GIURISTA Il fantasma e l'arcaica legge della «bessa» Nei libri di Ismail Kadarè vengono spesso rievocate le antiche usanze albanesi: le drammatiche vicende, in Avril brisé (Aprile spezzato, Ed. Fayard, Paris), si fondano sul .kanun», il codice che regola i costumi, in particolar modo la vendetta, mentre Qui a ramené Doruntine?, il romanzo uscito recentemente a Parigi (Chi ha ricondotto Doruntine? Ed. Fayard), s'ispira alla «bessa», l'impegno inviolabile che induce a superare qualunque ostacolo. In questo libro, Constaritin, fedele alla sua promessa, riconduce nella casa materna la sorella dalla Boemia, dove la giovane è andata sposa. Ma, come tutti sanno, Constant in insieme 'con otto fratelli è morto tre anni prima, in battaglia con gli Invasori normanni, malati di peste. Incredulo di fronte all'evento soprannaturale, l'arcivescovo esige che venga fatta piena luce. Un mercante, arrestato, si confessa colpevole, poi ritratta ogni cosa. Al razionalismo della Chiesa si contrappone l'atteggiamento di Stres, l'Ispettore incaricato delle indagini, che davanti all'assemblea conferma la validità del fatto impiegabile. Sull'Albania, dice, incombono tempi oscuri, la breve risur rezlone di Constantln equi, vale ad un messaggio: la fedeltà alla bessa, .istituzione sublime, germogliata nel profondo del popolo», è capace di vincere le leggi della morte L'ambientazione in epoche più o meno remote, regno di Zog o Medio Evo. potrebbe far credere che si tratti di un costume arcaico, appartenente ormai al passato, ma da studi recenti si apprende che le cose non stanno proprio cosi. L'ottantenne giurista austriaco Walther Peinsipp, sottufficiale durante la guerra presso il Kommando tedesco in Albania, ebbe la possibilità di osservare gli abitanti dell'altopiano nel Nord del Paese, e di proseguire 1 suoi studi quando fu ambasciatore d'Austria a Belgrado. (Dos Volk des Shkypetaren, Verlag Bohlau, Wien). In quest'«opera di archeologia sociologica» vengono descritti esclusivamente leggi e costumi di una parte della popolazione albanese, quella ghega, discendente dagli miri, residente sugli altopiani (nella cosiddetta cittadella) in una regione a Est di una linea immaginarla che congiunge Scutari a Kruje. Solo a quest'etnia — un'enclave giuridica fino al 1947 — spetta, secondo Peinsipp, che respinge l'estensione attuale del nome all'intero Paese, l'appellazione di skipetari, eia •shkipe» aquila. Oggi sono circa duecentoelnquantarulla, suddivisi, fino al 1947, in settanta .bandiere» (leghe di alcuni villaggi) di cui la più piccola comprendeva 1652 anime e 411 fucili (uomini atti alle armi) c la più grande 23.643 anime e 5400 fucili. Lo stato di completo isolamento e di frantumazione tra valli separate da montagne impervie, che ha consentito la sopravvivenza di una società statica, conservatrice con 1 suoi archetipi, spiega l'interesse, dedicato da Peinsipp, a una popolazione cosi esigua. Vengono rievocati, in queste trecento pagine, un microcosmo arcaico e i villaggi composti di comunità familiari, i cui membri sono tutti parenti per parte di padre. Per lo sklpetaro «Vienna o Roma erano insediamenti i cui abitanti non discendevano più da un antenato comune, ma erano lo stesso suddivisi in stirpi, sole autorizzate a partecipare all'amministrazione della città». La cellula dell'ordinamento sociale sklpetaro è fondata tuttora su una comunità agnatizia, in essa viene esercitata la vendetta (l'autore preferisce chiamarla presa di espiazione) regolata da norme inderogabili. In questa società maschilista la donna, né schiava né creatura di harem, una volta comprata dalla famiglia del futuro sposo al prezzo di un robusto bue, non diventa una parente, e il marito non la presenta mai come sua moglie, bensì sempre come .la madre dei miei figli», anche se vi sono delle figlie. Assog¬ gettata al marito — non ha il diritto di chiamarlo per nome, né di parlargli in presenza di estranei, né di uscire con lui se non in determinate circostanze — gode però di grande rispetto, e chi la offende disonora la propria tribù. Quest'apparente contraddizione, secondo Peinsipp, è dovuta a tratti superstiti della società matriarcale dei pelasgl, residenti una volta sulle terre degli illiri. Nel romanzi di Kadarè, uno scrittore che lo studioso austriaco sembra non conoscere, queste usanze arcaiche compongono il tessuto narrativo. Quando Kadarè parla per esempio della cartuccia cucita nell'abito nuziale, che il marito adopererà in caso di abbandono, o del fatto che sia stato Constantin a ricondurre la sorella (poiché la moglie ha diritto di recarsi presso i genitori accompagnata, ma non dal marito) non fa che citare le tradizioni. Una delle più macabre pare sia connessa alla biografia della regina Elena. Secondo Peinsipp, Nicola I Petrovich (Nlkita in slavo), suo padre, «era di sangue sklpetaro». Renato Barneschi, d'altra parte, senza riferirsi alle origini paterne, scrive, accennando ad un'usanza diffusa tra skipetari e altri popoli, che nella casa natale di Cettigne «era custodita la testa imbalsamata di Kara Mahmud» (in Elena di Savoia, Ed. Rusconi). Oggi, dopo le successive svolte politiche, è ancora vivo qualche aspetto del costume arcaico? Durante la guerra, la Wehrmacht, afferma Peinsipp, entrò in Albania dichiarandosi .mik», amica, e (come d'altronde le due missioni militari alleate) godette fino al suo ritiro del sacro diritto dell'ospitalità, tanto più che i tedeschi, facendo di necessità virtù, rinunciarono ad occupare la cittadella skipetara, circostanza che consenti allo studioso di fare le sue osservazioni. Sconfitti i partigiani, nel 1947 Hoxha conchiuse con gli skipetari una solenne bessa, rinnovabile ogni dieci anni, tuttora in vigore (fino al 1987): .In Albania si è quindi stabilita una situazione giuridica eccezionale, in cui de facto e de jure tra potere statale e skipetari esiste un armistizio... Finché dura, gli skipetari rinunciano alla vendetta, che viene non abolita, ma sospesa. Se una volta la bessa non fosse rinnovata, tutte le sanguinose faide rimarrebbero valide». L'antico ordinamento sopravvive ancora nel Kosovo, la regione jugoslava dove i! 75 per cento delia popolazione e albanese, e dove sorgono numerose difficoltà. Alla fine del 1970, per esemplo, 1200 fatti di sangue non conciliati costrinsero duemila uomini a rimanere tappati In casa con i familiari, il governo jugoslavo, ben sapendo che lo sklpetaro, sempre ligio alle proprie leggi, si sottomette a quelle statali solo se non ha scelta, ha stabilito di applicare le norme del .Kanun» ogni qualvolta esse non sono in contrasto con il codice penale federale. Lia Wainstein Skipetari d-ell'800 in costume in un dipinto di Agim Zajmi