Scoperta dell 'America di Arrigo Levi

Scoperta delPAmerica Reagan, il fisco e la sinistra italiana Scoperta delPAmerica D'improvviso, a mezzo agosto, la sinistra italiana ha scoperto l'America: anzi, ha scoperto l'America di Reagan. Uno degli uomini più preparati del pei, Alfredo Reichlin, non privo di un certo gusto per il paradosso, è arrivato a rivendicare al suo partito la paternità di un progetto di riforma fiscale «alla Reagan», impostato cioè sul principio: «Pagare tutti, pagare su tutto, e quindi pagare meno chi paga troppo». Sarà il pei — ha avvertito Reichlin — e non Reagan, che presenterà presto, al Parlamento italiano e non al Congresso, un progetto di riforma fiscale che risponda a principii di giustizia: come quelli a cui s'ispira la riforma reaganiana, di cui tutta l'Italia parla come di un possibile modello per il nostro fiscalmente disastrato Paese. Non è la prima volta che la sinistra scopre l'America: ossia si accorge che i nostri abituali schemi di giudizio non servono a capire quel Paese, dove persino «destra» e «sinistra» hanno significati diversi che da noi; anzi, sono termini quasi in disuso. Pensiamo che non sarà nemmeno l'ultima volta che un progetto reaganiano, inizialmente sdegnato, finisce per essere giudicato interessante e innovatore (chissà che l'Unità non arrivi un giorno a scoprire anche l'Sdi e a riconoscere i valori dell'ipotesi difensivista! Dopotutto, è al difen sivismo che s'ispirava la strategia sovietica fino alla fine de gli Anni Sessanta; e non è detto che anche Gorbaciov non si riconverta). La vivacissima reazione italiana ella riforma americana, che alleggerirà drasticamente il peso delle tasse sui redditi personali, è comunque significativa. Non si è trattato infatti soltanto di una tipica vampata agostana, quando i giornali tendono a gonfiare oltremisura le poche notizie che ci sono. Il fatto è che la società italiana, e i mass media italiani, con buona pace dei loro tanti denigratori (italiani), continuano a dar prova di forte sensibilità e reattività a quanto accade nel mondo; i nostri orizzonti politici sono larghi, e bisogna ral legrarsene. In questo caso, è stato capi to che una riforma fiscale come quella che Reagan ha saputo tenacemente imporre al Congresso smentisce l'immagi ne del presidente ultrareazionario, e rivela quella, più vera, di un tipico leader populista americano, poco ideologizzato, di lontane ma non dimenticate origini rooseveltiane, il quale esprime d'istinto le domande emergenti da una società in forte evoluzione, che ha anticipato trasformazioni che sono peraltro in corso in tutto l'Occidente; anche da noi. Reagan, conservatore populista, ha cosi potuto farsi promotore di una riforma fiscale fatta su misura per una società delle classi medie: che crede però ancora nell'individuo, ossia nell'iniziativa e nel diritto di arricchirsi dell'individuo, come motori del progresso. Beninteso, la drastica riduzione del prelievo fiscale sul red dito delle persone, la più generosa detassazione a vantaggio dei redditi più bassi come di quelli più alti, e il corrispondente aumento della fiscalità sui redditi d'impresa, rappresentano una soluzione equa nel quadro americano dove, come dice Reichlin, «tutti» (o quasi tutti: non esageriamo nel mi lizzare l'America!), pagano le tasse, anche perché sono obbligati a farlo da un fisco efficiente. Ma questa riforma, cosi fatta, è possibile anche perché l'ulteriore arricchimento dei ricchi, che è una delle sue conseguenze, non scandalizza una società convinta che la ricchezza, giustamente, «premi i migliori». Questi valori, molto americani, sono, come sappiamo, in ascesa anche in Europa, anche tra le varie componenti delle sinistra europea, da quella «liberal» a quella posi-marxistaleninista, tutte alla ricerca di nuovi valori, modelli e messaggi attraenti per le classi produttive emergenti, non ancora sazie di benessere. Ma attenzione a non strumentalizzare, dimezzandola, la riforma reaganiana. Essa suggerisce, sicuramente, la necessita di snellire e semplificare un sistema fiscale come il no- stro, incomprensibile per gli stessi esperti, e di ridurre con più coraggio il prelievo fiscale sulla gran massa dei redditi da lavoro, esasperato da anni d'inflazione. Ma alle nuove, bassissime aliquote fiscali americane, che fanno sognare milioni di tartassati contribuenti italiani, c'è una controparte. La strategia reaganiana, nel suo insieme, suggerirebbe infatti anche di diminuire il volume, e di riformare il meccanismo della spesa sociale, riducendo la porzione eccessiva e mal gestita che il nostro ambizioso Stato sociale si è assunta del mercato dei consumi collettivi: pensioni, salute, scuola, trasporti. Questa parte del messaggio di Reagan, però, piace assai meno. Eppure, riducendo le dimensioni di questo Stato invadente e pasticcione si ridurrebbero anche, nel modo più semplice ed efficace, gli abusi, tanto deprecati, del potere dei partiti, che da noi ne sono i veri gestori. Ben venga questa recentissima scoperta dell'America: ma l'America è grande, e le cose da scoprire (non tutte da imitare) sono tante. Arrigo Levi

Persone citate: Alfredo Reichlin, Gorbaciov, Reagan, Reichlin

Luoghi citati: America, Europa, Italia