SEDICI SECOLI FA LA CONVERSIONE DI SANT'AGOSTINO

Una luce per il Dottore della Grazia SEDICI SECOLI FA LA CONVERSIONE DI SANT'AGOSTINO Una luce per il Dottore della Grazia Il XVI centenario della conversione dì Sant'Agostino, avvenuta nella tarda estate del 386, sarà ricordato con diverse celebrazioni e convegni. Un primo incontro si terrà a Varese all'inizio di ottobre e sarà dedicato alle opere scritte durante il ritiro di Cassiciaco. A primavera è in programma a Milano la commemorazione del battesimo di Agostino per mano di Sant'Ambrogio, con giornate di studio sull'ambiente politico e culturale milanese di quegli anni. Nell'autunno del 384 Agostino montò su una vettura di Stato con viaggio pagato dal prefetto di Roma, diretto a Milano dove c'era richiesta di un professore di retorica. A trent'anni il focoso algerino era un brillante oratore dal passato piuttosto turbolento, che faceva parlare di sé, scappato dall'Africa per cercare nel centro del cadente impero un luogo adatto al suo insegnamento. Risali l'Italia accidentata lungo la via Flaminia e di là per l'Emilia sino a Piacenza. A Milano trovò una citta seria e solida, intellettualmente avanzata e saldamente guidata dal suo vescovo Ambrogio. Agostino ignaro vi entrava portandosi appresso una crisi interiore destinata finalmente a risolversi due anni dopo. L'insegnamento prosegui stancamente, senza le soddisfazioni di un tempo. Un disagio anche fisico e un'ansia più profonda dell'ambizione e del denaro s'impadronirono del giovane maestro. A volte lo prendeva la sensazione di aver perso e di perdere gli anni fondamentali seguendo miraggi inutili e 11 vuoto delle parole. La filosofia, anche nella sublime forma neoplatonica, o forme religiose pur fascinanti come la cosmica costruzione dei Manichei, si rivelavano via via fredde o assurde. L'ondata dello scetticismo tipico delle età in estinzione lambiva anche la sua mente prodigiosa e la faceva vacillare. Agostino si sentiva .completamente nudo davanti a se stesso», con l'ansito muto di un'anima che recalcitrava e gemeva. Un giorno dell'agosto del 386, al colmo della «grande rissa» che si svolgeva dentro di lui fra un passato duro a morire e un avvenire che solo baluginava, si rotolò nel giardinetto annesso all'abitazione milanese, farneticando, scolorendo in viso. Il pensiero dei grandi asceti cristiani e delle loro eroiche risoluzioni lo schiacciava. Nello scoppio dirotto del pianto, ecco ad un tratto giungere dalla casa vicina una voce, •come di fanciullo o fanciulla, non so, che diceva cantando e ripetendo più volte: "Prendi e leggi, prendi e leggi"». Tornò immediatamente indietro dove aveva lasciato un libro con le lettere di San Paolo. Lo apri a caso e lesse: .Non nelle crapule e nelle ebbrezze, non negli amplessi e nelle impudicizie, non nelle contese e nelle invidie, ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo». Non volle andare oltre, basta'.'a: "Appena terminata la lettura di questa /rase, una luce, quasi, di certezza penetrò nel mio.cuore». Corse dalla madre Monica, che da una vita aspettava pregando quel giorno, e decise di ritirarsi con lei e altri familiari in una località appartata, dove prepararsi al battesimo. n racconto delle Confessioni raggiunge in queste pagi¬ ne la sua acme, l'introspezione nel ricordo penetra entro gli abissi psicologici per poi risalire con colpi d'ala alle lodi liriche di Dio. Si segue emozionati passo passo questa vicenda come in un racconto scritto ieri, come in alcuni grandi convertiti moderni. Agostino è di quelli che ci hanno detto tutto, come Newman e Claudel, non un Manzoni che ai curiosi ri spondeva soltanto: •£' sfata la grazia di Dio, mio caro, è stata la grazia di Dio» e nul l'altro, o come poi Rebora col suo dramma -troppo inlimo per parlarne anziché .scomparire». Quelle folgorazioni progressive erano per il retore antico un mistero da scandagliare e un prodigio troppo grande per nasconderlo sotto il moggio anziché provarlo alla penna e renderne pubbliche grazie a chi ne era stato l'Autore. Dopo questi tumulti le pagine si distendono. Inizia la ricostruzione di un mondo interiore e di una nuova vita anche esterna. L'autunno del 386 passò in una villa ad una quarantina di chilometri da Milano, messa a disposizione della comitiva africana da un amico facoltoso. Li Agostino scriverà le sue prime opere. lasciando su quelle giornate notazioni toccanti. Il casolare sorgeva in mezzo alla campagna di Cas*iciacum, oggi probabilmente Cassago in Brianza con le sue ville patrizie o, come sosteneva Manzoni stesso, Casciago nella cerchia dei laghi varesini. Il paesaggio era profondamente diverso dalle sabbie incolori e dalle rocce spoglie dell'Africa. Un torrente offriva acque limpidissime alle lavandaie; i filari degli olmi si perdevano contro lo scenario maestoso delle Alpi e le nevi biancheggianti del Rosa. Nel grande silenzio risuonava al mattino il canto dei galli che dava la sveglia alla brigata — Agostino, la madre, il fratello, il figlio, alcuni coetanei presi anch'essi in quell'avventura —, se già non li aveva riscossi lo scroscio di un temporale. Col bel tempo, se si presentiva una di quelle giornate luminose del cielo di Lombardia che paiono predisposte per rasserenare l'animo, davano una mano ai contadini nei loro lavori, poi scendevano in un grande prato e sotto un albero cominciavano le dispute sull'amore e i limiti della filosofia, o sulla sapienza e la felicità, o sull'ordine razionale delle cose, sul male e Dio, con una tensione che si riverberava sui volti commossi, sulle membra immote, nella sospensione dei lunghi silenzi. Solo se le nuvole intristivano il cielo e la pioggia e il vento facevano turbinare nei canali di legno le foglie che andavano ingiallendo, le riunioni si tenevano nel salone del bagno. Li riscuoteva Monica o un servo con l'annuncio che il pranzo era servito, oppure continuavano fino a sera, quando scendeva sulla campagna la tiepida bruma e le ombre li avvolgevano. Allora rientravano sotto il tetto e dopo cena leggevano Virgilio al chiarore della luna che entrava dalle finestre e sembrava che fosse già il sole a riportare una nuova giornata. Licenzio, il poeta della compagnia, usciva ancora fuori un momento e lo si sentiva cantare una canzone alla notte. Poi il silenzio scendeva sui dormienti o su chi, riscosso dal tramestio dei topi o da una voce che dentro gli lanciava il suo richiamo indefesso, vegliava alla lucerna tendendo gli orecchi ai rumori della casa e al fischio della bora. Certamente i tre dialoghi di Cassiciaco, trascritti stenograficamente e rielaborati nei tre libri Contro gli Academici, La felicità, L'ordine, sono pervasi da quest'aura vagamente platonica e la letteratura vi prevale sulla penitenza: un'aria di gente colta e intellettualmente sofisticata che sembra la meno disposta ad abbracciare un Vangelo. Si respira la fine filosofica del paganesimo più che la nascita rivoluzionaria del cristianesimo, un teismo vagamente sentimentale più che l'avvento dirompente di un Dio uomo: se non ci fossero ancora una volta le Confessioni col loro inconfondibile timbro di sincerità a lasciar entrare a folate l'accavallarsi delle crisi anche in quel .riposo a Cassiciaco dalla bufera del secolo»: l'abbandono della professione, l'annientamento della carne trafitta dalla spina del sensi, i rimpianti e i rimorsi, il logorio della lettura e dell'interpretazione delle Scritture, la faticata pienezza delle rivelazioni: «Li tu, o Dio, ci avevi bersagliato il cuore con le frecce del tuo amore e conficcato le tue parole nelle viscere come un fuoco che divorava il profondo torpore». Cosi riemergeva lentamente e in modo nuovo la religione assorbita da bambino dalle labbra di una madre triste e alacre, poi spazzata via dagli svaghi, dalla passione, dalla superbia, dai cavilli, da quelle stesse aspirazioni all'assoluto che si accompagnano ad ogni giovinezza, dall'ansia di una ricerca sempre incalzante e sempre insoddisfatta. Non altrimenti si sarebbe potuta verificare la potenza di quell'evento che non solo avrebbe segnato una vita ma. si sarebbe impresso sull'intera storia del cristianesimo, conservando un'eco viva a sedici secoli di distanza. La gratitudine ammirata della Chiesa ha consacrato la conversione del Dottore della Grazia dedicandole, unica con quella di San Paolo, un'apposita festività nel proprio calendario, riconoscendo in quelle due la nascita della propria fede e il simbolo e modello della sua conquista infinitamente ripetuta nei millenni della sua storia. Carlo Carena Giotto. S. Agostino (Assisi, Chiesa superiore di S. Francesco)

Persone citate: Carlo Carena Giotto, Claudel, Gesù, Manzoni, Newman, Rebora