Strategia, anti-fuoco
Strategia, anti-fuoco Strategia, anti-fuoco Mentre scrivo un Canadair plana sul mare per attingere acqua che scaricherà su un bosco in fiamme. Lo spettacolo è ormai abituale, come la lettura dei bollettini quotidiani della guerra contro gl'incendi. Si ha l'impressione di una minaccia continua e oscura, portata da un nemico strapotente cui si oppongono pochi eroi, privi di sostegno adeguato. La gente accetta passivamente il dilagare del fuoco che distrugge i boschi come sopporta l'inquinamento del mare, come chiude gli occhi sugli effetti delle piogge acide. Un atteggiamento che contagia gli amministratori locali e i politici con responsabilità di governo, propensi a moltiplicare le misure di emergenza più che a individuare, e possibilmente rimuovere, le cause di un fenomeno che ha assunto rilevanza storica. Stiamo perdendo, estate dopo estate, lembi sempre più grandi di paesaggi che l'uomo aveva modellato con fatiche secolari. In Liguria, in Toscana, nelle isole minori, intere colline annerite passano allo stato di macchia degradata che precede l'erosione. Nella sola MARIO FAZIO Sardegna si contano 4500 incendi di grandi proporzioni ogni anno. Pensare di combatterli con qualche aereo o elicottero in più sarebbe da ingenui. Ben vengano i corpi speciali antincendio promessi dal ministro Zamberletti; saranno certamente utili una maggiore sorveglianza sui- piromani e una più intensa opera educativa rivolta ai turisti incivili che accendono fuochi nei boschi o buttano il mozzicone di sigaretta nei cespugli secchi Ma il cumulo dei danni al paesaggio e all'ambiente è tale da richiedere una politica di difesa preventiva che va progettata con contributi scientifici. Da anni gli esperti propongono di correggere gli errori compiuti nell'opera di rimboschimento: alternare alle conifere le latifoglie, creare larghe fasce verdi a prato per interrompere la marcia del fuoco (fasce da disegnare accuratamente per arricchire e non violentare il paesaggio, come insegna la scuola inglese). Nelle regioni dove gl'incendi attaccano di preferenza zone degradate da olive- to e coltura promiscua a macchia e pineta, come la Liguria e parte della Toscana, si deve studiare una strategia che offra ai proprietari dei terreni la convenienza economica di proteggerli, di ripristinare le colture, d'introdurre forme di allevamento ecologicamente positive ormai fuori mercato, i -Prìncipi, benedettini, papi, grandi Signori,' lasciarono i loro segni sul paesaggio italiano con canali, opere d'irrigazione, bonifiche, pinete litoranee, nuove specie vegetali. I politici contemporanei dovrebbero scoprire l'ambizione di lasciare il loro segno con una politica di riuso delle terre collinari il cui valore economico è talmente basso da indurre i proprietari all'abbandono. Non è facile inventare interventi che riescano a prevenire gl'incendi riportando l'uomo a presidio di aree dove oggi la sua presenza è transitoria e spesso nociva. Ma non è più difficile della colonizzazione dello spazio extraterrestre. Anche questa è una sfida del nostro tempo, purché il mondo politico e quello della cultura ne afferrino le dimensioni.
Persone citate: Mario Fazio Sardegna, Zamberletti
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