«Con Federico ho reinventato iI teatro» di Osvaldo Guerrieri

«Confederico ho reinventato II teatro» Albertazzi parla dello spettacolo con i giovani che presenta stasera a Barletta «Confederico ho reinventato II teatro» Ha trascorso la notte a sistemare le luci, è felice - La rappresentazione in cinque punti del castello con i suoi 30 neo-attori BARLETTA — Giorgio Albertazzi è 'provato, ma felice'. Ha trascorso la notte e le prime ore dell'alba a sistemare le luci del Federico li che debutta questa sera al Castello svevo di Barletta, ha dormito poco, ma non riesce a frenare l'eccitazione: «Qui si va formando una mia idea di teatro', dice orgoglioso. Più che un'idea, forse è un'utopia, un sogno non del tutto afferrabile. Fare teatro senza pensare allo spettacolo, annullarsi nel lavoro creativo, utilizzare 30 ragazzi senza esperienza per farne attori anche approssimativi {*ma alcuni di loro sono davvero bravi»), coinvolgere otto scrittori, chiamarli a fornire altrettanti brandelli di copione. E infine, ma proprio alla fine, la rappresentazione, che questa sera si svolgerà in cinque-sei punti del castello, scandita in un prologo e in due tempi, per la durata complessiva di circa tre ore. 'Propongo un viaggio alla ricerca di Federico — spiega Albertazzi —. Per me il re svevo era una specie di santino, un personaggio simile a tanti altri che vogliono abbracciare il mondo e si perdono. La sua figura mi affascinava. Mi sono detto: perché non ne facciamo uno spettacolo di giovani? Dopo quei famosi provini abbiamo cominciato a lavorare in modo fervido, con pochi mezzi, rischiando più volte di abban¬ donare il progetto perché le crisi politiche rischiavano di compromettere i finanziamenti'. Albertazzi ama soprattutto un aspetto di questa esperienza; il fatto che li, al castello, non si sia fatta scuola di teatro. Certo, ha avuto al suo fianco il regista Gigi Vanzi, l'aiuto Andrea Di Bari, gli attori Sergio Busilli, Mauro Guidoni e Antonio Serrano, professionisti provati, ma non si è preoccupato di insegnare a recitare. 'Ho rispettato le o strette pugliesi — dice —. La dizione corretta m'interessava poco; al contrario, volevo far capire che cosa fosse un verso, una rima, un ritmo poetico. La scuola per me non è un luogo dove s'insegna, anzi io sono il primo allievo. La scuola e il luogo dove ci si dedica in molti allo stesso argomento, compresi gli scrittori. L'idea che si possa lavorare con un concorso cosi attivo di cervelli, mi sembra un progetto possibile per il teatro futuro». Lui, per esempio, non ha limitato la sua funzione a sollecitatore di enigmi teatrali ('lo ponevo problemi, che i ragazzi discutevano'). Ha scritto uno degli otto brani del copione. Il guardiaspaltì, la cui interpretazione lo farà stare in scena per una mezz'ora. Spiega: -Sugli spalti del castello c'è un vecchio che è stato con Federico per trentanni, ma non l'ha mai visto. Tuttavia discetta di lui, è come Schweyk, sa tutto e non sa niente. Quando lo spettacolo finisce, scende dalla sua postazione, trova un pezzo di carta, chiama qualcuno che lo chiama maestà, e cosi altri, anche Pier delle Vigne, lo chiamano maestà. Allora Federico sono io, dice il vecchio Sale sul trono e, secondo una mia idea di Federico, di un re simile a Ulisse che si perde oltre le colonne d'Ercole, ordina ai soldati di armarsi e di immergersi nel mare, alla ricerca delle sirene'. Albertazzi definisce la sua esperienza di Barletta fondamentale. Vorrebbe riproporla in futuro, magari a livelli su perfori. Intanto, questo au tunno, riprenderà con Ornella Vanoni Romantic Comedy di Bernard Slade, «un luogo appartato per sentirmi attore». Ma non trova che c'è contraddizione tra questa tensione a sperimentare e 11 ritorno alla scena tradizionale? «£' una contraddizione clamorosa — dice — una vera schizofrenia. Ma credo che farò una scelta definitiva, opterò per questo genere'. Non teme di porsi fuori del mercato? «£' già successo negli Anni 70, quando scrivevo e recitavo i miei testi, per esempio Pilato sempre. Furono anni non perduti, ma difficoltosi. Ma il rischio fa parte della mia natura, la sperimentazione mi appartiene. Far l'attore non mi basta, lo mi sento scrittore'. Per questo applica il metodo dello scrittore ai personaggi. 'La mia rivoluzione è cominciata con re Nicolò, con Enrico IV. Tendo ad esprimermi in modo artistico'. Come vorrebbe venisse accolto lo spettacolo, stasera? «Con rispetto e con comprensione dell'irrequietezza che c'è dietro. Non cerco reazioni positive, vorrei essere considerato per quello che sono, vorrei si capisse che, se faccio questo esperimento, non è né per denaro né per spocchia, ma per desiderio di viaggiare dentro al teatro. E poi, fornisco un esempio, faccio vedere che qualcosa si muove. Chissà che questa iniziativa non serva da esempio'. Osvaldo Guerrieri

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