Il flagello del fiscal drag di Eugenio Palmieri

Il flagello del fiscal drag A colloquio con l'economista Antonio Martino Il flagello del fiscal drag «Va eliminato perché è incostituzionale» • Il modello Reagan? «In Italia è inapplicabile, ma questo non significa che si debba ignorare» - «Da noi prevalgono inefficienza e confusione» KOMA — Un sistema fiscale lontano dai cittadini. Incomprensibile, oscuro, farraginoso, spesso iniquo. In un momento in cui si fa un gran parlare del distacco crescente tra partiti e società civile, si possono cogliere esempi concreti, di tutti i giorni, delle disfunzioni che lo accentuano, delle riforme mancate in tutti questi anni. Il pianeta Imposte è certamente tra questi. Ne parliamo con il prof. Antonio Martino. 43 anni, economista, ordinario di scienze politiche all'università di Roma, allievo di Milton Friedman. Il colloquio parte dalla riforma americana che sta raccogliendo il consenso di conservatori e liberal, ma si incentra inevitabilmente sulle disfunzioni italiane. E' possibile trasferire l'esperimento nel nostro Paese? •Riprodurre la riforma in Italia sarebbe velleitario ma questo non significa che possiamo ignorare una cosi importante esperienza in materia fiscale. Mi riferisco soprattutto ad alcune particolarità'. Quali? «La riduzione delle aliquote. Una aliquota molto alta scoraggia gli investimenti e incoraggia i consumi voluttuari. Nell'Inghilterra della crisi degli Anni Settanta ci fu il boom delle vendite di Rolls Royce; premia l'ozio, invece del lavoro. Penso poi alla riduzione della progressività del fiscal drag, in Italia un flagello. La semplicità con due sole aliquote (in Italia sono nove): l'abolizione delle scappatoie, delle detrazioni, dei modi di eludere legalmente il fisco semplifica ulteriormente il sistema. Ma soprattutto penso alla trasparenza'. Che cosa vuol dire esattamente? • Che da noi paghiamo tantissime imposte sema rendercene conto: rite¬ nute alla fonte, contributi sociali, imposte dirette eccetera. In America le imposte sono percepibili immediatamente. Ciò spiega l'apparente paradosso del perché negli Stati Uniti c'è stata la rivolta fiscale con una pressione tributaria al 35-40 per cento, mentre in Italia, con una pressione molto più elevata, non è successo nulla, anche se siamo ormai ai limiti. La gente paga senza rendersene conto-. Quali sono gli altri mali dell'amministrazione fiscale? • Non c'è dubbio: al primo posto l'inefficienza. E' inaccettabile. Troviamo 40.000 miliardi per il servizio sanitario, che poi tutti criticano, e non troviamo risorse per il personale del fisco, non troviamo il modo di meccanizzare, informatizzare l'amministrazione finanziaria». Alle Finanze si sono alternati ministri di vari partiti: democristiani, socialdemocratici, repubblicani, socialisti. Perché l'efficienza è stata tralasciata? •Il clima non era favorevole. Oggi molte categorie si difendono, si corre davvero il rischio di una pericolossima protesta. L'elemento più interessante di quanto sta accadendo in America è che il Parlamento è riuscito in un disegno che un paio di anni fa sembrava utopia. Un esempio per i nostri politici: se un provvedimento viene ritenuto indispensabile ci si lavori con l'impegno di tutti'. Il ministro Visentini sostiene che ai lavoratori dipendenti il fisco ha già dato per quest'anno con la revisione delle aliquote Irpef. E' d'accordo? •No. La soluzione al problema del fiscal drag (il reddito reale resta invariato mentre i contribuenti sopportano una pressione tributaria crescente per l'effetto combinato della inflazio¬ ne e della progressività delle imposte) che colpisce duramente i lavoratori dipendenti parte dalla ovvia considerazione che è incostituzionale. Va eliminato con un meccanismo di indicizzazione, non con la concessione di tanto in tanto di sconti'. I motivi dell'incostituzionalità? • Perché viola il dettato dell'articolo 23 della Costituzione secondo cui nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge. Il fiscal drag è una prestazione patrimoniale enorme. Secondo un autorevole studio, il 45 per cento del gettito Irpef nell'84 era dovuto al fiscal drag e nessuna legge l'ha autorizzato. La soluzione è l'indicizzazione degli scaglioni di reddito'. Un esempio? «Se un'aliquota prevista per un reddito di dieci milioni di oggi è del 10 per cento e c'è un'inflazione per cui, fra cinque anni, lo stesso reddito iquivale a 50 milioni, non si deve pagare il 40 per cento ma sempre il 10. E' un .. ìccanismo profondamente inin io perché le aliquote, quando sono state introdotte, erano pensate per i molto ricchi. Oggi gravano sul ceto medio e addirittura sui redditi bossi-. Le cose più argenti da fare In Italia? •Insisto sulla semplicità. Un fisco confusionario, inefficiente, complesso, finisce per avere i contribuenti che si merita. Le circolari ministeriali sono incomprensbili, la laurea non basta più per compilare una dichiarazione dei redditi. L'evasione non si combatte inasprendo le pene: bisogna aumentare le probabilità di cogliere i disonesti sul fatto. E si ritorna inevitabilmente all'inefficienza'. Eugenio Palmieri

Persone citate: Antonio Martino, Milton Friedman, Visentini