Caso Kappler, la giustizia si arrende di Roberto Martinelli

Caso Kappler, la giustizia si arrende Sarà archiviata, insoluta, l'inchiesta aperta dopo le rivelazioni del generale Viviani Caso Kappler, la giustizia si arrende Il pm non ha potuto accertare se l'ex «SS» fu liberato dalla moglie o se si trattò di una «fuga di Stato» ROMA — Resterà l'ombra del dubbio sulla liberazione di Kappler dall'ospedale militare del Celio la notte di Ferragosto di nove anni fa. L'inchiesta aperta nel maggio scorso dalla Procura di Roma, dopo le rivelazioni del generale Ambrogio Viviani. sulla ipotesi di una possibile -fuga di Stato*, è destinata ad essere archiviata. Dopo aver interrogato ex ministri ed alti ufficiali, il pubblico ministero Giorgio Santacroce ha ordinato alcuni controlli marginali ed ora si accinge a chiudere il -caso*. Dalle testimonianze raccolte e dagli accertamenti svolti non sono emersi elementi utili per ipotizzare la responsabilità di alcuno. Nessuna conferma, naturalmente, che i servizi segreti italiani e quelli tedeschi avevano organizzato un piano per restituire la libertà al più scomodo dei due prigionieri di guerra in custodia allo Stato italiano trent'anni dopo la fine del conflitto. E' una nuova resa della giustizia; ma la conclusione dell'indagine era scontata. Sin dal primo momento il magistrato era apparso scettico. I tanti anni trascorsi e i troppi misteri che si erano intrecciati sulla rocambolesca ricostruzione della ■ fuga», non potevano consentir alcun accertamento reale, fondato su prove giuridiche valide e degne di essere indicate come indiziami in un processo penale. Con qualche cautela, il ge¬ nerale Viviani. l'ufficiale che ha lasciato l'esercito per protesta contro una sanzione inflittagli dal ministero della Difesa, aveva lasciato intendere che Kappler era stato liberato e accompagnato alla frontiera tedesca su ordine di qualcuno che aveva voluto in questo modo chiudere un -caso difficile-. Viviani era, a quell'epoca, addetto militare in Germania e disse che ebbe modo di constatare, da un osservatorio privilegiato, quello che fu nel 1976 il progressivo alleggerimento della posizione di Kappler: da imputato detenuto, a prigioniero di guerra ricoverato in ospedale per ragioni di salute. Il primo a reagire alle affermazioni del generale Viviani fu l'ex ministro della Difesa Lattanzio, ora vicepresidente della Camera. Lattanzio si dimise per la fuga di Kappler assumendosi la responsabilità oggettiva dell'accaduto. Respinse tuttavia insinuazioni ed accuse sui vertici delle Forze armate. A Viviani aveva chiesto di dichiarare nel -suo onore di soldato^ da chi furono impartiti quegli ordini e di dire -perché avesse taciuto per tanto tempo*. Entrambi, ex ministro ed ex addetto militare a Bonn, hanno testimoniato davanti al magistrato, ma è stato inutile. Il mistero resta. E cosi pure i tanti dubbi che l'inchiesta di nove anni fa evidenziò. A cominciare dal famoso .discìplinare* emanato dal comando generale dell'Arma nel 1977 sulla posizione del prigioniero. Nel documento era scritto che l'ufficiale tedesco non poteva allontanarsi dal Celio, ma poteva muoversi in un'area opportunamente -delimitata e vigilata*; che nessun limite esisteva per i pacchi in arrivo o in partenza, per le sue telefonate, per 1 colloqui con la moglie, e con 1 rappresentanti diplomatici e consolari della Germania Federale. Una posizione che rispecchiava non solo i contenuti della convenzione di Ginevra ma la precisa volontà del governo italiano. Quando si scopri che Kappler era malato di tumore, e venne disposta la sospensione dell'esecu zione della pena dell'ergastolo, fu deciso di assicurare al prigioniero tutte le cure pos sibili. Kappler non era un malato facile, rifiutava le te rapie tradizionali e voleva essere assistito e curato solo da sua moglie Annelise Wenger, Fu cosi che il ministro della Difesa autorizzò la signora Kappler a vivere praticamen te accanto al marito. .L'in tento generale di tale concessione — spiegò il ministro Foiiani durante l'inchiesta della giustizia militare — era quello di consentire la sua presema presso il marito in qualsiasi momento si fosse resa necessaria*. Annelise entrava ed usciva dal Celio quando e come voleva. Fu cosi che la notte tra il 14 e il 15 agosto, alle 1 e 20, nessuno sospettò che, rannicchiato in un sedile posteriore, o nascosto nel cofano dell'automobile, Herbert Kappler stava per riprendersi la libertà. L'ultima ispezione, che dai verbali dell'ospedale risulta essere stata effettuata alle 24 e 17, non aveva evidenziato nulla di irregolare. Cinquantatré minuti furono più che sufficienti a Kappler e a sua moglie per raggiungere, come non si sa, la loro vettura. Cinque ore più tardi, quella stessa vettura, di colore rosso, noleggiata tre giorni prima, venne trovata col motore fuso ad una stazione di servizìo a 8 chilometri da Trento. Non c'è certezza su ciò che accadde dopo: si sa solo che Annelise Wenger attraversò il casello Vipiteno-Brennero alle ore 8,03 al volante di una auto diversa con targa tede sca: -FB - CT 66*. .Accanto a lei, disteso — dice un testimone — un uomo molto magro, con un vestito nero e con una benda che gli copriva l'occhio sinistro ed una parte del viso*. A rileggere oggi gli atti del l'antica inchiesta della giusti zia militare, viene spontaneo osservare come qualsiasi ipotesi è valida, qualsiasi soluzione, anche la più rocambolesca, la più avventurosa. Tra uno spezzone e l'altro della verità storica, c'è posto per tutti: servizi di sicurezza, polizia segreta, controsplonag gio. Ma non per un giudice che voglia sapere la verità: se davvero quella di Kappler fu una -fuga di Stato*, non potrà essere un magistrato a scoprirlo. Roberto Martinelli

Luoghi citati: Bonn, Germania, Germania Federale, Ginevra, Roma, Trento, Vipiteno