Manovre a Levante per Chirac di Barbara Spinelli
Manovre a Levante per Chirac Le dichiarazioni e le mezze smentite del premier francese sull'Olp Manovre a Levante per Chirac Alla ricerca di nuove strategie dopo il vertice di Ifrane, Helsinki e le vittorie iraniane nel Golfo - Al ministero degli Esteri disinnescano la «bomba» della frase su Arafat DAL NOSTRO INVIATO PARIGI — Per la diplomazia francese, che da un bel po' di tempo dormiva sonni non solo tranquilli ma addirittura sgombri di sogni. Ferragosto è stato uri giorno agitato, pieno di sorprese. Lo ha turbato Jacques Chirac, con alcune dichiarazioni inattese attorno al Medio Oriente e a Israele, al destino dei palestinesi e ai rapporti franco-iracheni. Le dichiarazioni sono apparse venerdì in un'intervista pubblicata dal giornale israeliano Yediot Aliarono!, e tanto spudorate sono apparse ai tradizionalisti francesi, e non francesi, che il primo ministro ha pensato bene di minimizzare quello che aveva detto. Ma non è giunto fino a ritrattare: ha negato di aver concesso l'intervista, senza tuttavia smentire le posizioni che in essa sono espresse. Ragion per cui il piccolo scandalo estivo permane: Chirac resta «sfavorevole alla creazione di uno Slato palestinese indipendente». Resta convinto che «solo una soluzione negoziala tra Israele e Giordania possa "assicurare una ter- ra" ai palestinesi». E resta profondamente scettico quanto alla rappresentatività dell'Olp: «Se finora mi sono rifiutato di incontrare Arafat non è forse fortuito», così dichiara, per aggiungere subito dopo che a suo parere «l'Organizzazione per la liberazione della Palestina non è l'unico rappresentante legittimo del popolo palestine¬ se», e che fu «un errore permettere l'apertura a Parigi di un ufficio dell'Olp». Checché ne dica il primo ministro, simili frasi non erano mai state pronunciate dai governanti francesi, e costituiscono un'assoluta novità. Non echeggiano né le idee del generale De Gaiille. che prese clamorosamente le distanze da Israele nel 1967, durante la Guerra dei sei giorni, né quelle di Pompidou, che accentuò l'orientamento filo-arabo della diplomazia francese. Né quelle di Mitterrand, l'attuale presidente, che ne'.l'82 tentò una riconciliazione con Gerusalemme ma non smise di auspicare la creazione di uno Staio palestinese indipendente. Chirac stesso d'altronde era considerato fino a ieri un filo-arabo di ferro. Anzi era soprannominato «l'iracheno», perché fu lui — quando era premier di Giscard nel '75 — a stabilire con Baghdad un rapporto privilegiato c a rifornire l'Iraq di una centrale nucleare francese. Il reattore, battezzato Osirak. mise in allarme Gerusalemme per le sue potenzialità militari. e fu distrutto dall'aviazione israeliana nell'81. Anche su questo vecchio contenzioso Chirac si pronuncia, e pur non mettendo in causa le scelte fatte nella seconda metà degli Anni Settanta lascia intendere che la responsabilità dell'accordo concluso con Baghdad non fu sua, ma del presidente Giscard e del premier che gli succedette nel '76, Raymond Barre. In altre parole: tra Chirac e Baghdad non esistono rapporti di complicità particolari, indissolubili. Come interpretare a questo punto l'uscita del leader neogollista? Al ministero degli Esteri si tende a disinnescare la bomba, a trasformarla in un ennesimo capitolo del dramma di coabitazione, dei duelli incrociati tra Chirac e Mitterrand, Chirac e Giscard. Chirac e Barre. E' per sedurre l'elettorato ebreo — aggiunge la stampa francese — che il primo ministro avrebbe così frettolosamente aderito alle tesi Barbara Spinelli (Continua a pagina 2 in quinta colonna) Jacques Chirac
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