Liscia o gassata è d'oro

Liscia o gassata è d'oro Acque minerali, crescente fortuna di una bevanda che vale 1500 miliardi l'anno Liscia o gassata è d'oro Il dissesto degli acquedotti ha fatto la fortuna della «minerale» - Ogni italiano ne consuma 60 litri l'anno, una bottiglia ~osta da 300 a mille lire - La legge stabilisce che deve avere «virtù salutari», in realtà solo il 6 per cento le possiede - Pro e contro l'anidride carbonica DAL NOSTRO INVIATO MILANO — La gran paura scatenatasi per l'acqua 'avvelenata» di Casale Monferrato, il cromo trovato in un acquedotto del Bresciano, la trielina che usciva dai rubinetti di La Spezia, l'atrazina rivelata dalle analisi a Treviglio. le colture batteriche reperite nell'acquedotto di Oristano e tutti gli altri guai dei nostri acquedotti, hanno dato una grossa spinta al consumo delle acque minerali. Si è poi aggiunta l'estate, che da sempre favorisce un incremento delle vendite delle acque — gassate e no — in bottiglia. Probabilmente, anche lo scandalo del vino al metanolo ha fatto la sua parte. Statistiche ufficiali e consolidate ancora non ce ne sono, ma indagini presso i rivenditori, soprattutto nelle grandi aree di distribuzione, segnalano un secco incremento dì consumi. E' tutta manna per un settore che sembra essere da anni ormai in crescita continua: prima di questi scandali (che si traducono in un ulteriore incentivo) già si prevedeva un aumento del 5 per cento dei consumi ogni anno. Uno dei decreti più disattesi nel nostro paese è quello firmato da re Vittorio Emanuele III nel 1934, che impone: «Ogni comune deve essere fornito di acqua pura, di buona qualità, per uso potabile». L'assurdo è che 99 volte su 100 — esclusi i casi, tutto sommato e per fortuna pochi, in cui la fonte è inquinata — l'acqua arriva davvero pura, senza odori, senza sostanze aggiunte artificialmente, all'imbocco dell'acquedotto. Il trattamento per preservarla tale finisce invece per renderla sgradita al consumatore: le condizioni dei condotti e dei tubi spesso aggravano ulteriormente la situazione. Paradossalmente, si è stabilito che se fosse prelevata prima di essere immessa nella rete dell'acquedotto cittadino, l'acqua che poi esce dai rubinetti delle case di Milano potrebbe essere definita 'Oligominerale», e come tale messa in bottiglia e venduta. Quello delle acque minerali è, in Italia, un mercato che vale 1500 miliardi di lire, forse più. Un'indagine Nielsen afferma che l'anno scorso gli italiani hanno speso in media quattro miliardi e mezzo di lire al giorno per acquistare acqua minerale; al dettaglio una bottiglia costa dalle 300 alle 500 lire, e raggiunge anche punte di 1000 lire. Il consumo globale ha superato i tre miliardi di litri; e benché soltanto una famiglia su due nel Paese consumi abitualmente acqua minerale, la media prò capite è stata di 60 litri a testa all'anno. La legge italiana — un po' assurda come spesso sono le norme in questo nostro Pae¬ se — stabilisce che si possono mettere in bottiglia e vendere soltanto acque delle quali sia dimostrato che hanno •virtù salutari*; non prevede, insomma, un'acqua che sia semplicemente «da tavola*. Questo vincolo impone ricerche, costose e spesso anche acrobatiche, per attribuire virtù mediche alle fonti. Ci sono cosi acque che 'Contribuiscono* a curare insufficienze epatiche, anemie, stitichezze croniche, coliti, obesità, gastriti, calcolosi renali, esaurimenti nervosi, irritazioni della pelle, turbe digestive, ecc. Sul mercato c'è persino un'acqua salso-bromo-jodica che, secondo l'etichetta firmata da un illustre docente universitario, mesercita un'azione decongestionante sull'apparato genitale femminile*, in altre parole favorisce la procrea¬ zione. Ma gli italiani — è il parere unanime degli esperti e degli operatori del settore — in realtà non bevono l'acqua perché è una medicina ma 'perché non gli va l'acqua che esce dal rubinetto di casa loro*. Soltanto il sei per cento delle acque vendute in bottiglia in Italia appartiene alla categoria dei prodotti esplicitamente 'Salutari*; il 94 per cento dei consumi è accaparrato da acque che si, per legge, dichiarano di avere qualità curative, ma in realtà sono semplicemente acque da bere. Tra acqua liscia e acqua gassata il consumatore italiano preferisce — ma non di molto — quella gassata, che si è accaparrata il 56-57 per cento del mercato totale. L'acqua sgorga dalle fonti, in genere, con una percen¬ tuale di gas, ma quasi sempre nelle operazioni di prelievo e imbottigliamento il gas si perde. La legge vieterebbe qualsiasi aggiunta; l'acqua dovrebbe essere imbottigliata «intatta e pura* come sgorga, tutt'al più può essere 'deferrizzata* mediante decantazione, cioè se ne possono togliere le tracce di ferro eventualmente contenute (ferro che lascerebbe tracce nere, tra l'altro, sulle pareti delle bottiglie). Per vendere ugualmente acque gassate l'ostacolo viene aggirato «restituendo» all'acqua in bottiglia 'l'anidride carbonica che aveva alla fonte*. Che cosa dicono i medici? 'L'anidride carbonica in piccola quantità non altera l'acqua, ansi agisce come conservante, preservandola da contaminazioni microbiche*. Tutto bene, quindi — a parte il domandarsi se non fa danni all'organismo inghiottire questo gas — tanto più che anche senza gas l'acqua chiusa in bottiglia non invecchia, o meglio non si hanno notizie di danni provocati da acqua vecchia, liscia o gassata che sia. Al contrario, si afferma che con il tempo, mentre il contenuto di sali rimane invariato, 'la purezza batteriologica addirittura migliora, perché la flora batterica, innocua e presente in ogni acqua, si riduce, mancando le sostanze organiche atte ad assicurarne la riproduzione*. E' da quasi duecento anni, del resto, che si mette il gas nell'acqua: il processo industriale è stato avviato da un tedesco, Struve, ai primi dell'800, quando si è scoperto che il tartaro — un deposito del vino sulle pareti dei tini e delle botti — serve a rendere effervescente l'acqua. Si potrebbe sostenere, capovolgendo il luogo comune del «Dino fatto con l'acqua*, che una buona metà degli italiani, astemi compresi, bevono «acqua fatta con il vino*. Sandro Doglio (1. Continua) UN MILIONE DI TELEFONI Tokyo. Una ragazza mostra un «compact disc» che ha la capacità di memorizzare e chiamare sino a un milione di numeri telefonici. E' frutto della collaborazione tra una grande ditta giapponese e il ministero delle Poste. Sarà immesso sul mercato nei prossimi mesi

Persone citate: Sandro Doglio, Vittorio Emanuele Iii

Luoghi citati: Casale Monferrato, Italia, La Spezia, Milano, Oristano, Tokyo, Treviglio