Erice, la grande utopia del segreto violato

Enee, la grande utopia del segreto violato La proposta di una «scienza senza frontiere» per salvare la pace non trova tutti d'accordo Enee, la grande utopia del segreto violato DAL NOSTRO INVIATO ERICE — Nella grande sala del convento San Domenico, dove per la prima volta scienziati americani, sovietici e cinesi accettano di scambiarsi le loro esperienze. l'Utopia dei Grandi Segreti violati sorge e tramonta nello spazio di un mattino. Il progetto è cosi semplice da apparire, a prima vista, irreale: sul piano politico il dialogo Est-Ovest si muove a piccoli passi, con frequenti interruzioni e ripensamenti. Perché allora non provare, sul piano scientifico, a rompere la barriera del silenzio, unire le forze, sommare le singole esperienze per volgerle tutte insieme nel segno della pace? «Ogoi — spiega il prof. Antonino Zichichi, presidente del Centro "Ettore Majorana" e organizzatore del seminario "Cooperazlone internazionale: le alternative" —nei laboratori delle superpotenze i singoli scienziati lavorano all'insegna del segreto. La divulgazione dei risultati, proprio perché esclusivi, è considerata un pericolo. Ciò vale per qualsiasi tipo di studio, specie per quelli sull'energia: così, paradossalmente, cento anni fa anche l'applicazione della corrente elettrica avrebbe potuto rappresentare un rischio. Noi vogliamo invertire la tendenza, convincere gli scienziati che è possibile lavorare in modo "aperto"». L'idea del «World Lab», il laboratorio mondiale per studiosi »di qualunque Paese, senza discriminazione e senza segreti», è nata cosi. La prova generale si è avuta ieri mattina, con buoni propositi e grande ufficialità (messaggi del Papa, del presidente della Repubblica Francesco Cossiga, del leader cinese Deng Xiaoping). Parla per primo Tsung D. Lee, cinese naturalizzato Usa, premio Nobel e docente alla Columbia University di New York. L'argomento è quello dei «supercomputers», macchine fondamentali nella moderna ricerca finalizzata, all'interno della quale avere più velocità di calcolo equivale ad avere più forza. Anche nell'adi, il progetto di scudo spaziale a cui gli Usa affidano il futuro dei loro piani strategici di difesa, i «supercomputers» hanno un ruolo fondamentale. E Lee. «aprendo» per primo la sua cartella, illustra un progetto che altrimenti avrebbe dovuto restare riservato, un sistema «due volte più potente del Crayone (macchina-record, in funzione a Reading in Inghilterra, per le previsioni meteorologiche) e cento volte meno costosa». Poi ne propone la realizzazione a Pechino, in un laboratorio internazionale, con l'impegno «anche di scienziati del Terzo Mondo»: è il primo passo concreto verso la realizzazione della Grande Utopia. Ma quando arriva il secondo oratore l'orizzonte si rannuvola un po'. Robert Borchers. che viene dal «Lawren- ce Livermore Lab», il centro americano inserito nei programmi preparatori dello Sdi. parla volentieri di «supercomputers», confermandone l'importanza ai fini strategici Usa. Di entrare nel merito delle ricerche del «Livermore», però, non ne vuole sapere e ai suoi interlocutori (i sovietici sono fra i primi ad alzare la mano per porre delle domande) risponde in pratica che non è autorizzato a violare segreti militari. C'è delusione. Per l'accademico delle scienze Vladislav Rosanov quel che accade è la prova «che la democrazia nella scienza è poco legata ai supercomputers». Ad ogni buon conto anche l'Urss sta mettendo a punto un progetto plurinazionale, ma, s'intende. «unificato fra i Paesi dell'Est». Riservatezza per riservatezza, poi, i russi non vogliono parlare di Cernobil, come invece era previsto. Lo hanno detto ai giornalisti apMarcello Sorgi (Continua a pagina 2 in ottava colonna)

Persone citate: Antonino Zichichi, Deng Xiaoping, Ettore Majorana, Francesco Cossiga, Livermore, Robert Borchers, Vladislav Rosanov

Luoghi citati: Inghilterra, New York, Pechino, Urss, Usa